C’è stato un tempo in cui facevo cose.
Dopo anni di sonnambulismo, un giorno mi sono svegliata e ho cominciato a scrivere (con risultati mediocri all’inizio), leggere (cose diverse da quelle che leggevo prima), frequentare corsi (di scrittura) e andare in giro ad ascoltare scrittori (ricordo Erri De Luca, Ascanio Celestini, Martina Testa su David Foster Wallace, Marco Malvaldi, solo per citarne alcuni). Quel tempo brulicava di cose.
Poi la separazione, una nuova vita da ricostruire, ho smesso piano piano. Avevo troppe incombenze per prendermi cura della mia anima.
Ma le cose, lo sapete, stanno cambiando. Così quando un mesetto fa ho visto il programma dei Dialoghi sull’uomo di Pistoia mi sono detta: why not? Ho preso la chiusura dell’evento, la domenica sera con Paolo Giordano. Tema di questo anno l’emergenza climatica (cosa altro poteva essere?).
Non sono una fan di Giordano. Ho letto solo La solitudine dei numeri primi che mi ha lasciata, devo dire, tiepida. Poi sì, qualche articolo sul Corriere. Nulla di che. Ma comunque è sempre uno scrittore, l’argomento è attuale, voglio sentire cosa ha da dire, ho bisogno di stimoli eccetera eccetera.
Prendo due biglietti e per un intero mese chiedo prima a Little poi all’Amico Speciale. Entrambi sono entusiasti come prima di una purga. Nessuno mi dice di no, per non farmici rimanere male, ma rispondono: bho, vediamo. Alla fine (e se dico alla fine significa proprio la domenica mattina) l’Amico Speciale si offre di accompagnarmi, con un sorriso tirato a tal punto che ho paura che si strappi.
Arriviamo a Pistoia per tempo, ci facciamo una bella passeggiata, c’è il sole, è caldo e Pistoia è carina, diciamocelo. Quando inizia la conferenza sotto al tendone l’A.S. calcola che ci siano almeno 800 persone (fa il conto delle sedute così, per passare il tempo). Giordano arriva puntuale, sale sul palco e dice: quanti siete! Di solito non amo fare queste cose, non mi piace la solitudine del palco. E in effetti non gli piace, il palco, lo ripete più volte durante l’ora in cui parla, tra un bicchiere d’acqua e un Non me lo ricordo, l’ho scritto qua ma non lo trovo.
Giordano è uno scrittore, non un relatore. E il suo impappinarsi, bevendo ettolitri di acqua, ne è il manifesto. Non promuove direttamente il suo ultimo libro (anche se lo cita, ovvio), ma parla dell’ambientalismo, per fortuna, per lo meno sta sul pezzo quasi sempre. Parte dal lavoro di Rachel Carson, biologa americana che si batté per far eliminare il famoso DDT, lavoro racchiuso in un libro intitolato Primavera silenziosa e fatto ristampare di recente con la prefazione di indovinate chi? Yess! Io il libro non l’ho letto e neanche la prefazione, non sono certa che mi interessi davvero la storia del DDT, seppur interessante. Ho altre cose da fare. Poi il nostro Paolo si sposta sul nucleare, citando Moravia con L’inverno nucleare e la Morante con Pro o contro la bomba atomica.
Insomma sì, non posso dire che è stato noioso (l’A.S. può dirlo invece, a una certa si alza e esce), ma il tema dell’ambientalismo lo prende talmente alla larga e parte da talmente lontano che fatico a seguirlo. Certo, si sente che è un sapiente, ma non coinvolge, se non quando, verso la fine, legge un racconto, Il tunnel (Durrenmatt, scusate non ricordo come fare la U con dieresi), claustrofobico e catastrofista abbastanza da lasciare il segno. Se riuscite leggetevelo e capirete il punto di vista di Giordano sull’emergenza climatica.
Dopo la conferenza avrei voluto dilungarmi al banchetto/libreria lì fuori, ma ho dovuto premiare l’A.S. con un panino con il lampredotto.
Sono stata sfortunata, lo so, ma comunque ne è uscita una bella serata. Sempre meglio che stare a casa a guardare la tv. Chissà se la prossima volta l’A.S. mi dirà di nuovo sì…