Lo spirito giusto del Natale

Ho lo spirito giusto e la musica giusta per scrivere un post di Natale, che ci siamo quasi e quando uscirà questo mio breve e sconclusionato scritto lo sarà per davvero. Beata pianificazione…

Natale. Dunque. Come sarà quest’anno a casa Moon? Ricco di sorprese, a quanto pare. Vediamo… Ho passato giorni a pianificare tutto: cena con mio padre il 24 sera, cena con mia madre e mia sorella il 25, pranzo di Natale per me a casa di mia suocera, che Little è da suo padre e io dovrei finire di lavorare alle 13, tardino, ma sempre nella fascia pranzo, così evito di passare il Natale da sola come una scema (una volta l’ho fatto, il pranzo di Natale da sola: ho mangiato una piadina e pianto in vestaglia. Tristissimo). Mio padre invece lo avevo piazzato da mia sorella per il pranzo, soluzione perfetta, vero che mi è toccato chiederglielo, mica si offriva, la stronza, ma fa lo stesso perché mio padre era talmente felice di vedere sua figlia e le nipoti che è una settimana che mi scassa le balle: 

Mi aiuti a preparare la tavola per Natale?

Certo, babbo

Allora vai

Ma è lunedì, Natale è domenica! 

Poi mi manda messaggi e mi chiede: 

Ma il vino l’hai preso? Il dolce c’è? 

C’è tutto! 

Non lo trovo

(Sì, perché li ho nascosti, ah ah, sennò apri la bottiglia e ti mangi il dolce prima del 25) Tranquillo, babbo, avrai tutto…

Organizzazione quasi perfetta, no?

E poi arriva la mazzata. Il mio Capo mi fa: ma per Natale se abbiamo bisogno per il pranzo resti?

Cioè. Fammi capire. Ci sono tre cameriere in sala, tre persone in cucina, una al banco per fare i conti e hai bisogno che io ti faccia 12 ore per Natale?

No, se non puoi… non importa, mi fa. Quindi, no, non lavoro a pranzo, ma forse sì. Della serie, riuscirò ad andare via? Perché le 13 o le 14 fanno differenza per un pranzo. Della serie arrivi e tavola e mangi gli avanzi e tutti ti guardano con gli occhioni e con un po’ di fastidio perché hai turbato la cronologia degli eventi. 

E poi mia sorella manda un messaggio a mia madre e le dice che sono tutti malati. Tutti con l’africana, l’asiatica o come cavolo si chiama. Quindi salta il pranzo da mio padre e la cena da mia madre? Non si sa. Vediamo come stiamo, dice lei. Che per tutte le persone normali va bene, ma non per me, non per Moon. Moon deve organizzarsi, cazzo. Perché se non va mia sorella da mio padre, devo saperlo, sennò resta senza cibo. E io sono a lavoro. 

Quindi. Natale. Una festa zero stressante. Perché farci tanto chiasso? 

Ma è ovvio che ci sono le eccezioni. Per esempio, arriva Little a casa, come ora, sente che ho messo su musica di Natale e si mette a ballare e cantare. E poi mi fa: allora cena e PLL? (Pretty Little Liars, una serie che guardiamo da due eoni e stiamo, finalmente, per concludere. Ho attaccato anche a lei il gusto per gli acronimi).  

Qualcuno qui ha detto che il Natale è solo per i bambini, che è bello solo per loro. Io invece credo che diventi speciale solo per chi ama. Se hai qualcuno da amare e che ti ama, allora tutto diventa più nataloso (so che i vostri occhi non l’ardiscon di guardare, ma se la Crusca ha passato petaloso, io mi passo questo). 

Quindi: un Natale di amore per tutti.

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Xmas is not over (yet)

post 177

 

 

 

Stavo pensando a tutti i natali della mia vita, stamani. Sarà perché ho dormito tantissimo (non riesco a scrivere quante ore senza vergognarmi), sarà che, effettivamente, si avvicina il Natale e quindi due più due… sarà che forse volevo stilare una classifica, così da rendermi conto dell’andamento della mia vita e di me stessa, pure, perché alla fine dopo i vent’anni tutti i giorni iniziano ad assomigliarsi e lo scorrere del tempo si misura in modo diverso, la conta passa dalla nostra età (avrò avuto dodici anni) all’età  dei nostri figli (Little Boss avrà avuto due anni)e poi, chissà, a quella dei nostri nipoti. Ciò che si ricorda meglio sono le feste, compleanni, Natale, Capodanno, Pasqua un po’ meno, è una festa di secondo grado. Fatto sta che, sebbene abbia l’attenuante della mattina, e io la mattina fatico a carburare velocemente, sono un diesel, il fantasma del Natale passato mi restituisce solo pochi dei 41 natali trascorsi. Ne ricordo un paio da piccola: la prima volta che ho visto Babbo Natale a casa mia (che, indovinate? Era mio padre e io lo riconobbi subito), la seconda volta che ho visto Babbo Natale a casa mia (un vicino che arrivò con i regali utilizzando l’ascensore, una caduta di stile che, manco a dirlo, non mi ingannò) e poi il buio fino a pochi anni fa. Ricordo bene il Natale in cui decisi di non fare l’albero e Ale me ne portò in dono uno vero già addobbato. Ricordo il primo Natale di Little Boss, ma più che altro ricordo ciò che successe dopo il pranzo, quella sensazione di voler scappare via (ci sarei riuscita solo nove anni dopo).

Se penso al Capodanno va anche peggio.

Eppure, eppure… eppure io sono pure una a cui piace questa festa, sono una che si gode le stupide canzoni di Mariah Carey, che riascolta fino alla nausea Happy Xmas (war is over), che ama pensare ai regali da fare (se non fosse per i pochi spiccioli che ho in tasca e il tempo che mi rema contro ne farei molti di più), insomma non sono una che scaratta questo giorno (per il termine scarattare vedere il dialetto toscano).

Il fantasma del Natale presente, poi, mi suggerisce che mai come questo anno l’albero sia scarico di regali: il minimo indispensabile. Nemmeno l’anno in cui (priva di soldi) ho regalato a tutti quadretti fatti a punto croce è stata così magra. E sì, ho fatto l’albero, ho addobbato casa, il Ristorante, ma non lo sento affatto il Natale. Ecco, una frase che abbiamo ascoltato spesso: non sento il Natale. Siamo in pratica alla Viglia e se guardo fuori vedo solo Dicembre.

Ma non mi do per persa. Perfino Scroodge ha trasformato il suo Natale in extremis, Dickens docet, eh.

E sebbene io non sia certo una fatina dalle ali dorate, non sono nemmeno uno Scroodge.

Quindi stay tuned: Xmas is not over yet

Scrivere di…

 

post 80

 

Come ho appena detto a un amico, spero di scantucciare il Tempo per poter scrivere di. Scrivere di cosa, ancora non lo so di preciso, diciamo che so da dove voglio partire, più o meno.

La situazione in questa piccola casa di 40 metri è abbastanza disastrosa: Little Boss sta guardando una terribile serie tv alle mie spalle con il volume da cinema e ride di gusto alle battute, la lavatrice sta centrifugando e si muove tanto che se le do un euro scende pure al bar a prendere il caffè, i vicini stanno dando un festino con l’aspirapolvere. Ma il casino non mi impedisce di essere qui. Ho imparato a estraniarmi anni fa, quando Little Boss era piccola e mi costringevadavanti alla tv per i suoi cartoni animati. Io prendevo un libro e leggevo (Peppa Pig dopo due episodi mi faceva venire voglia di spaccare lo schermo) e sebbene all’inizio sia stato difficile, con il tempo ci ho preso la mano e ho iniziato a leggere ovunque. E quando dico ovunque…

Insomma, mi sto già perdendo, cavolo.

Oggi è la viglia di Natale: tante cose da fare per preparare il pranzo del Ristorante (conta i bicchieri, tira fuori le tovaglie da festa, spolvera i centrotavola). Domani la sala sarà mia e dovrò fare una cosa che di solito non faccio: gestire tutto il personale. Quindi, presa dalla smania organizzativa, oggi devo dire che non ero molto concentrata quando è arrivato TDL. Aveva una faccia da funerale, ma la ha spesso in questi giorni. Ho dato la colpa alle sue beghe sul lavoro, di cui mi ha parlato. Sì, ok, continuo a sentirlo, non spesso, ma a volte me lo chiedo, come sta. E glielo chiedo, di conseguenza. Solo che oggi se ne è andato senza nemmeno salutare. I miei auguri glieli ho lanciati dietro con la fionda mentre infilava la porta. Non mi ha ferito, come avrebbe fatto tempo fa. Ma mi ha stupito, un po’. Così scava scava mi ha detto che è arrabbiato con me. Lui. Perché… semplice: perché sente che l’interruttore l’ho spento (rubo queste parole che mi disse il Mentore tempo fa). Ho spento quel flusso inarrestabile di follia che era il mio amore per lui, ho spento le attenzioni, i gesti (anche quelli da persona ferita), gli sguardi, le parole. Eppure ci parlo, eccome, al Ristorante molto più di prima. Ma va da sé che è un modo diverso di parlare, di guardarsi. E allora subito mi è venuta in mente l’immagine di un bambino che ha un gioco che non guarda mai, e si arrabbia tantissimo se qualcuno glielo prende per giocarci a sua volta. Ma poi no, non è esattamente questo. Io non sono più sua, e lui lo sente. Io ho altre cose per la testa, ho altre persone con cui parlare, altre cose da scoprire, potrei dire che mi sono rifatta una vitase la cosa non suonasse un pochino eccessiva per la situazione. Non suona però eccessiva per il mio cuore. Me lo sto ricostruendo, piano piano.

E quindi nulla, dopo il suo sfogo Sono arrabbiato con te, io gli ho semplicemente mandato i miei auguri. Auguri sinceri. Di cuore. Per uscire dal mio cerchio o la fai immensa o te ne vuoi andare, lo dico sempre. E lui è stato troppo vicino a me per non essere entrato nel cerchio. E nonostante mi abbia ferita tante volte e in tanti modi, penso sempre che alla fine non lo volesse. No che non lo voleva. Ma non ci usciamo da questa impasse… e allora mi scappa da ridere, giuro, se ci penso.

Forse rido perché sono felice. E davvero così mi sento, oggi, alla vigilia del Natale 2018. Mi sento felice e piena. Ho davanti uno tsunami di casini che si avvicina, ma sono felice perché so che in un modo o nell’altro, con qualche momento di scoraggiamento, certo, ce la farò. Perché ho tutto quello di cui ho bisogno. Ed è così banale che fatico a capire perché ci ho messo tanto tempo.

Sono iniziando semplicemente, finalmente, ad essere soddisfatta di me.

Non mi resta che augurare a tutti uno splendido Natale. Vittorio l’ho visto scomparire, quindi non c’è pericolo che si offenda. Per tutti gli altri: vi prego: non fate i cinici. C’è speranza sempre. C’è speranza per tutto. Anche TDL, che finora non aveva risposto ai miei auguri scrive: auguri bel sogno. Proprio di cuore

Da Moon a Grinch

post 76

Per tornare umana ho dovuto farmi una doccia bollente, talmente bollente che ho la pelle del colore dell’aragosta, ma almeno la temperatura interna è tornata sui 36 gradi…

Come un giorno può trasformarti in un Grinch e farti odiare il Natale.

Ricordate questo post? Quello in cui volteggio per casa pensando agli addobbi e Come è bello il Natale e Come tornare bambini e giocare eccetera? 

Oggi tutto si è capovolto. 

Primo: Natale:Inverno=Inverno:Freddo. È una  vera proporzione. E io il freddo lo detesto. Questo poi è pure un freddo salutista perché esci fuori per fumarti la tua agognata sigaretta della pausa e dopo solo metà la getti via e rientri basita al calduccio: ci vogliono poi minuti interi per scongelarti e capire chi sei e dove sei: pausa finita. Inutile ribadire che detesto anche i salutisti. 

Inoltre il freddo mi fa venire il raffreddore, il raffreddore mi fa consumare chili di fazzoletti e quintali di burro di cacao che ora penso dovrei mettermi anche sul naso. 

Secondo: con il Natale arrivano i biscotti natalizi della Pasticceria che vanno decorati a mano. Ora, qualcuno ha messo la parola Scrittrice dentro lo Scatolone Fabbricone di Dodò e ci ha tirato fuori anche la parola Artista e Pazienza. La frase che ne esce recita più o meno così: Tu che sei una Scrittrice sei un’Artista e quindi dotata anche di molta Pazienza:  fai e decora tu i biscotti! 

E quindi la mia mattina l’ho passata prima a cercare gli stampi dei biscotti a forma di alberello e stelle comete e pupazzi di neve e cercare qualcosa dentro al Ristorante è stato come per Indiana Jones cercare il Graal. Poi ecco lì che li ho dovuti decorare uno a uno (5 teglie) mettendo minuscoli smarties al posto delle palline sull’abete, china sul banco per due ore. Certo, una bella soddisfazione visto il risultato, il mio lato artistico ne era soddisfatto, ma il mio lato B, quello della schiena, molto meno. 

Terzo: mi sono fatta convincere a vestirmi da Mamma Natale sotto le feste. E fin qui tutto ok, fare la cretina alla fine mi diverte sempre, specie sul lavoro, sdrammatizza, no? Solo che la collega che si doveva occupare dei vestiti non se ne è occupata per tempo, quindi una volta finito il mio turno mi sono messa a cercare su Amazon quattro vestiti vagamente decenti (no, non me le metto le minigonne con le piume d’oca o i corsetti con i laccetti: divertirsi sì, soffrire no): nulla: tutti i vestiti natalizi hanno la consegna i primi di Gennaio, che mi dico, porca paletta, ma a che mi serve un vestito di Natale dopo Natale? Lo so, lo so, scusa Amazon: dovevo pensarci prima. Solo che non ero io quella che doveva pensarci! 

Vabbè, mi rassegno, e una volta montata in macchina, dopo nove ore di lavoro ininterrotto, con le labbra talmente ruvide che potrei limarmici le unghie e le occhiaie del raffreddore che mi scendono fino al mento, mi pare proprio un’idea geniale andare a farmi il giro dei negozi trash della zona, in cerca del suddetto vestito. Che trovo, certo. Quando mi metto in testa una cosa… solo che se è vero che a me sta a pennello, per le mie colleghe tettone  ci sarà da farci qualche modifica. 

Ma ok. Prendo tutto, rimonto in macchina e torno al Ristorante per farlo provare alle colleghe. Ormai manco da casa da più di 12 ore e inizio a sentirne la mancanza. Ma tengo duro: Natale è Natale, no? Appena arrivo lì ecco però che sono costretta a gestire ben tre telefonate di prenotazione per il pranzo di… sì, esatto: Natale! 

Io sarei vegetariana, dice una. 

Signora, il nostro è menù terra mare, lo ha letto? 

Sì, ma io mi accontento anche di un piatto di fagioli in bianco.

Un altro mi fa: Ma possiamo prendere quattro menù in sei? Non siamo persone che mangiano molto…

L’ultima è la migliore: Ho letto il menù: ma dentro ai tortelloni di baccalà cosa c’è? 

Cala il sole. E si fa più freddo. E io sono  ancora al Ristorante con in una mano un vestito 100% poliestere rosso, nell’altra carta e penna, il telefono incastrato nella spalla che discuto con un tizio di ottant’anni sull’orario in cui inizierà il pranzo: vorrebbe mangiare alle 11.30!

Rientrata a casa sono costretta ad accendere anche il forno dal gelo che c’è. E allora in questa momentanea trasformazione da Moon a Grinch mi sembra che questa sia la colonna sonora migliore:

Che poi, vi dirò… io adoro i My Chemical Romance…

Christmas is coming up

 

 

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E mentre mio padre continua a mandarmi messaggi con tutta una serie di imperativi (Riposati! Non fare nulla! Scaldati!), che ancora mi sa che non ha capito che non ho la dannata influenza, io in realtà pensavo al Natale.

E così mi sono messa su una compilation che vi farei vedere i titoli (ma sopratutto ce ne è una che compare sempre sempre nelle compilation di Natale e mi ricorda una scena divertentissima avvenuta poco dopo essermi trasferita qui: uscivo con un tale, io lo chiamavo il Mago del Computer perché in realtà quello faceva -fa- di lavoro. Insomma, lo invito a cena da me, ho già fatto l’albero, siamo sotto le feste; metto su una compilation di Natale da YouTube e la faccio andare tutta la sera. Siamo appena entrati nel mio letto quando parte Feliz Navidad, Josè Feliciano: dopo è stato impossibile finire ciò che avevamo iniziato da tanto che ridevamo. Josè per me vince il gagliardetto della canzone di Natale più ridicola), ho fatto un inventario superficiale degli addobbi, ho cercato di ricordare in che angolo della casa ho montato l’albero l’anno passato, che qui, in questi 40 metri, è tutta una questione di incastri ben studiati, sennò va a finire che mi trovo il mio abetino 100% sintetico nel bagno, e ho sorvolato sul fatto che dovrò spostare mezza casa per farlo.

Qualcuno ieri mi ha detto che Dicembre è il mese più falso dell’anno. Una frase di un cinismo che manco io ci arrivo.

In realtà a questo pensavo stamani, al fatto che non è detto che sia falso, il sentimento dico, non è detto che se c’è un’occasione per dimostrare che pensi a un’altra persona questa debba essere per forza falsa, non è detto che ci pensi una sola volta all’anno, magari sfrutti quel giorno per dirlo di nuovo, che le vuoi bene, che pensi a lei. Come per molte cose siamo noi a sfruttare male i mezzi che ci mettiamo a disposizione. Il Natale sarà falso se noi lo vivremo da persone false.

E quindi termino sempre ogni mio ragionamento nello stesso modo: siamo sempre noi a fare la differenza. Siamo noi la cellula che può impazzire (o rinsavire). Possiamo scegliere. E pare che nessuno se ne curi.

A me il Natale piace. E non sempre è stato così. Ci sono stati anni in cui il solo pensiero mi metteva ansia: l’ansia dei regali, l’ansia del pranzo. Ma non era colpa del povero Natale. Era colpa mia, vedevo le cose dal punto di vista sbagliato (con gli occhiali sbagliati, avrebbe detto qualcuno), non era un’occasione, ma un fardello.

E siccome non c’è una legge che ti costringe ad amare e festeggiare il Natale, chiunque può fare come vuole e sentirsi come vuole. Se non ti piace basta ignorarlo. Oppure sei il Grinch e allora ti tocca da copione odiarlo.

Io intanto ballo Frosty the Snowman con Bublè e mi sento bene, sorrido e boh, la prendo così, come un’occasione per tornare bambina, per urlare alle perone che amo che le amo, per giocare, per ballare, per essere felice.

Sempre che qualcuno mi aiuti a tirare giù l’albero …

(Che ‘sta foto è mia si nota… io sono un cane con le foto)