
Nelle ultime settimane sono diventata una incredibile paurosa, soprattutto la mattina.
Esco di casa e devo controllare più volte se ho preso tutto, quando arrivo alla macchina temo sempre che non parta o che fori una gomma o che resti senza benzina. Una volta sul treno ho paura di aver sbagliato treno, di aver dimenticato qualcosa in macchina, di non aver chiuso la macchina, di aver dimenticato lo zaino sulla banchina.
Analizzo razionalmente questi pensieri.
Basta controllare una volta se ho preso tutto, non serve certo che io tocchi il cellulare ogni minuto per sapere se l’ho preso. Eppure. La macchina parte perché, come mi faceva notare giustamente Ale, io sono scrupolosa e la controllo sempre. Eppure. Che resti senza benzina, beh, è un’ovvia assurdità se la lancetta va verso il pieno. Eppure. Sbagliare treno è impossibile, ci sono solo due binari alla stazione, uno va su e uno giù. Eppure. Lo stesso aver dimenticato lo zaino sulla banchina se ce l’ho in mezzo ai piedi. Eppure.
Parlo di queste cose alla mia Psi. Le dico: mi sto rincretinendo? Ho una demenza senile precoce come mio padre?
No, sei ansiosa, mi risponde.
E io che credevo di essere solo una maniaca del controllo!
Eh, mi fa lei, appunto, le cose vanno di pari passo.
Sì, ma perché adesso? Adesso che i pezzi del puzzle si stanno incastrando bene tutti?
Prima di tutto lei mi dice che lo stress accumulato non è che puoi farlo sparire con uno schiocco di dita. Secondo… sei talmente abituata a pensare a cose gravi da risolvere che adesso, dice, che non ne hai te le crei. Il tuo cervello non sopporta di girare a vuoto. Sei sempre in modalità ALLERTA.
La guardo un po’ sullo schermo e poi le chiedo: che si fa?
Meditazione e defusione.
Defusione è un termine che non esiste, lo ha inventato Hayes nel suo libro, quello di cui ho già scritto in un altro post. Il succo è questo: siamo abituati a prendere alla lettera i nostri pensieri. Applichiamo costantemente relazioni verbali e valutative su oggetti esterni. Un esempio? Se supponiamo che un martello può piantare chiodi, possiamo mettere alla prova questo pensiero piantando un chiodo con un martello. Facile facile. Ma se il pensiero è di natura interiore, come ad esempio Sono ansiosa, sarà impossibile testare questo pensiero nella realtà. Cercare di confermare o disconfermare un pensiero del genere rende solo la mente più occupata e valutante. Iniziare quindi a guardare dai pensieri invece che i pensieri potrebbe essere una buona idea. Si tratta di modificare le relazioni verbali. Motorino, per esempio, non significa cadere e farsi male, anche se per me, quando lo prende Little, è praticamente quello il significato. Defondere quindi significa staccarsi dai propri pensieri e valutarli per quello che sono: pensieri. Non realtà. E un pensiero non morde, non ferisce, non schiaccia come potrebbe fare un martello.
Sembra più facile a dirsi che a farsi. E in effetti è così, defondersi è un impegno costante e poco istintivo. Significa ragionare su ogni pensiero: una gran fatica.
Ma sono sul pezzo, ci provo almeno. Che avere questa sensazione di rincretinimento non mi piace per nulla…