E così ieri ho ritirato la radiografia, la costola è effettivamente incrinata, ma il dottore ha detto che non è nulla di grave, si dovrebbe risolvere in un tempo non meglio specificato.
In che senso?, gli faccio.
Nel senso che possono volerci cinque giorni. O un mese. Non si sa.
Vorrei dirgli che io non lo so, ma lui un’idea dovrebbe avercela, ma vabbè.
Quindi come mi regolo?, chiedo.
Ti fa male?
Sì, ovvio, sennò mica andavo a farmi la lastra.
Bene!
?
Nel senso che il dolore serve a questo, a fermarti. Quando non ce l’hai più puoi ripartire.
Esco dal suo studio con un punto interrogativo sulla testa, mi è sembrata più la seduta di una cartomante che una visita medica. Visita che in effetti non ha fatto, dischetto che in effetti non ha visto, ma vabbè, di nuovo. Torno a casa, chiamo il mio capo e gli dico che appena sto meglio glielo faccio sapere. Poi chiamo mia madre e la faccio felice chiedendogli aiuto per la spesa (in frigo ci sono solo balle di fieno che rotolano, mi aspetto di vedere anche una sparatoria alla Clint Eastwood).
Per almeno quattro o cinque giorni ho deciso che starò ferma ferma, senza fare alcun tipo di sforzo e vedere se miglioro, così da rientrare la prossima settimana.
Avrò così il tempo di leggere, grazie al cielo.
Intanto ieri mi sono finita il malloppone del Principe Harry, un libro che aspettavo e avevo addirittura preordinato. Ora, non è che mi interessi la vita di un reale, meno che mai la sua. Era mia nonna fissata con i reali. Siccome sua madre aveva il cognome Grimaldi, lei sognava di esserne discendente (non è vero, N.d.r.). E si fissava a leggere i gossip sulle varie famiglie reali, compresa quella inglese. A me però le notizie che mi raccontava non mi sono rimaste affatto, tanto che ho letto la sua biografia non sapendo assolutamente nulla.
La scelta che ho fatto comprando questo libro era di leggere un’eccellente narrativa, non la sua storia. Il suo biografo è uno dei miei scrittori preferiti, Moehringer, già scrittore di Open (Agassi) e del Bar delle grandi speranze (il suo capolavoro, a mio dire). Quindi le aspettative erano alle stelle.
Ma.
Ma anche i grandi a volte fanno scelte sbagliate.
O meglio, la scelta è stata giusta (ci ha fatto un sacco di soldi e il libro è effettivamente ben scritto), ma la storia di Harry dal punto di vista di Harry è… come dire? Un termine che piace tanto a me: disonesta. Non si empatizza. Ci sono dei pezzi, dove lui è in guerra, che sono chiaramente troppo patriottici (potrebbe essere diverso?) e risultano eccessivi (insomma, i talebani che vanno eliminati perché non sono uomini, ma pedine…ti viene da pensare dove stia l’umanità di questo uomo, come possa provare amore uno convinto che uccidere in guerra sia un bene). Tutto il libro (ma tutto tutto) è impermeato di odio viscerale nei confronti dei paparazzi. Li offende, denigra, sono la causa esclusiva della sua rovina, sono la causa della morte della madre e quindi della fine della sua vita, delle sue relazioni, della sua libertà. Il che è vero, per carità, ma se me lo dici a ogni pagina dovevi intitolare il libro: io e i paparazzi: una storia di odio. Le frecciatine alla sua famiglia sembrano più uno sfogo che altro. Tutto il libro appare solo come una grande (sono più di 500 pagine) e pubblica smentita delle storie raccontate sui giornali. Non sembra la sua storia, ma la versione di Harry della sua storia (non so come meglio dire). Che è esattamente quello che voleva fare (oltre ai soldi, visto che papà ha poi tagliato i fondi), ma ciò non lo rende un buon libro.
Mi dispiace soprattutto per Moehringer, perché se è vero che guadagna soldi, è altrettanto vero che perde punti. Non mi lancerò al preordine al suo prossimo libro.
Dopo Harry, credo che mi lancerò su un Vitaliano Trevisan, che tanto mi è piaciuto questa estate con Works, quindi vediamo se almeno lui non mi delude.
Torno a sdraiarmi nel mio lettino…