Alla fine ci sono riuscita e mi sono presa, dopo settimane, un giorno e mezzo di ferie vere. Ferie che significano non dover fare nulla, ma scegliere cosa fare. Un lusso. Quindi ieri pomeriggio, dopo un pranzo tardivo con un panino, decido di accendere Netflix per addormentarmi sulla prima cosa che capita. E così faccio: scelgo la prima cosa che mi visualizza, senza neanche guardare cosa è. È una miniserie, vedo in alto. Inizia e noto che non è una serie americana. C’è questo ragazzetto bruttoccio (mi perdoni, ma il taglio di capelli non si può vedere)che fa l’informatico ed è super bravo, a detta pure dei suoi capi che gli fanno il culo perché vuole hackerare Google. E insomma il ragazzetto lascia il lavoro e si mette in proprio, sviluppa un programma di advertising rivoluzionario, lo vende per dieci milioni a una compagnia di giovani soci e si gode i suoi bei soldi comprando Ferrari e Rolex. Inizio carino, recitato in modo degno e magistralmente diretto, fermo e leggo: Svezia. Interessante. Io che, fino a qualche anno fa non mi discostavo dagli Usa per le serie tv e i film in questi anno sto scoprendo nuove realtà: Dark (Germania) e ora 1899 (stesso autore), The rain (Danimarca), Osmosis (Francia), Unorthodox (Germania) eccetera. Questa in particolare la apprezzo molto perché parla di un mio vecchio amore: Spoty. Ed è proprio sulla nascita di Spotify che si basa questa serie, dalla sua ideazione a carico di Daniel Ek (il giovane programmatore con i capelli brutti), alla sua realizzazione passando per le inevitabili difficoltà causate dall’industria musicale. Ma cos’è Spotify? Beh, qualcuno ricorderà The pirate bay. Io sì perché lo usavo moltissimo. Quando l’ho scoperto, nei primi anni 2000, scaricavo tantissimo e un po’ di tutto, compresi quegli album che avevo già fisicamente, ma che non potevo mettere sul mio lettore Mp3 (li ricordate? Esisteranno ancora?). e io, con il lettore Mp3, ci stavo tutto il giorno in pratica: una cuffietta sì e una no in ogni occasione: mentre lavavo i piatti, mentre facevo la spesa, mentre lavoravo, la musica in quel periodo era parte integrante della mia vita. Ma in effetti Il pirata aveva delle magagne: per scaricare ci voleva un po’, alcuni file erano corrotti… comunque in mancanza di meglio marito vecchio, giusto? Ma il nostro amico bruttoccio invece ha l’idea del secolo: un infinito jukebox on line, con tutte le canzoni del mondo, in streaming, senza doverle scaricare, quindi, legale e gratuito. Certo, un azzardo, ma dovete pensare al tempo: allora in Svezia andava avanti il processo contro Il pirata e beh, la Sony svezia stava perdendo milioni di corone ogni anno a causa loro. E il processo, invece di fermarlo, rendeva Il pirata ancora più forte e capillare. Daniel propone la soluzione per salvare capra e cavoli, anche se gli occorrerà un po’ meno idealismo e un po’ più concretezza da parte del suo legale, Petra, per arrivare al successo planetario. E proposito di Petra: cavolo se la adoro! Insomma, come va a finire The playlist lo sappiamo tutti e lo ascoltiamo ogni giorno. Perfino io, dopo anni di Spoty gratis, mi sono lasciata convincere a passare al Premium, trovandolo davvero eccezionale, devo dire.
Ve la consiglio, sono solo 6 episodi.
E alzi la mano chi sapeva che Spoty è un’invenzione svedese! Accidenti a me, cresciuta negli anni ’80 e sovrastata dal fascino dell’America.
Ma c’è sempre tempo per cambiare…