Bilanci

Con l’anno che si chiude viene spontaneo fare un bilancio del 2022. Come è andato quest’anno Moon?

A inizio anno ci siamo letti, più o meno, sono partita abbastanza garosa, io e l’Amico Speciale abbiamo iniziato a convivere, Little boss l’ha presa bene, il lavoro sembrava decollare, insomma un inizio abbastanza quieto dopo una fine 2021 abbastanza turbolenta. A Aprile ho fatto il corso della Holden con un tizio che inizialmente ho chiamato il Soporifero: le sue lezioni, oltre a non dirmi nulla di nuovo, avevano quell’andamento tedioso dei vespri. Per due, tre settimane ero arrabbiatissima. Ho creduto di aver buttato via i miei soldi, erano anni che aspettavo di avere i soldi per fare questo corso e poi… e poi invece alla fine il corso si è sbloccato. Le revisioni del Soporifero erano sì crudeli, ma anche molto utili. Mi ci sono buttata a capofitto e per l’ultimo testo sottoposto (il finale del mio romanzo) ho messo tutto l’impegno che potevo. Il risultato è stato davvero eccellente. Il Soporifero ha cantato le mie lodi, il mio Ego è cresciuto fino a raggiungere il livello dell’Empire State Building e, finito il corso, ho scritto il mio manoscritto. Ogni giorno sveglia alle 5, un capitolo al giorno. Il risultato non è stato perfetto, ma l’ho terminato. A maggio avevo 7 quaderni carichi di parole. 

E poi non lo so, mi sono persa per via del lavoro. La mia collega, la Figlia del Capo, ha cercato di coinvolgermi in un grandissimo progetto di marketing, io mi ci sono buttata così a capofitto, di nuovo, che ho fatto pure il corso di Google, quello gratuito. E poi altri corsi di Food photography, di copywriter, libri di Ristoratore Top e altre cose che mi hanno sì distratto tanto, ma hanno portato a qualche risultato. Ho imparato a fare i reel, a capire come funziona Instagram, ho avuto l’ambizione di costruire un sito da sola e legarci un blog per l’attività. Idee splendide, che mi hanno caricato tantissimo, un progetto che prevedeva di unire la scrittura (la mia passione) con il mio lavoro effettivo. avevo l’idea di fare da sola questa cosa, farle prendere piede e poi mollare tutto per propormi come copy in un’altra azienda. 

Sì, lo so. Forse è stato quell’ego così grande causato dal corso… 

Comunque nulla, grazie al mio impegno a inizio estate è arrivata la promozione. La prima persona ad essere promossa in senso reale al Ristorante. Ed ecco che il mio Ego è tornato a crescere. 

Ma poi è arrivata l’estate piena. E ho preso il Covid. Due settimane a casa e un mese di strascichi che, uniti al caldo bestiale, mi hanno atterrato. Rimando tutto a settembre, dopo le ferie (ferie bellissime, a proposito, io e Little prima a Roma e poi in montagna). E poi a settembre invece le cose sono precipitate. Nuova organizzazione fallimentare del lavoro, mio padre che peggiora, visite una o due volte a settimana, Little che cambia giro di amicizie e inizia la scuola cadendo spesso nell’insufficienza, un peggioramento ai miei dolori (che non ho il tempo di investigare seriamente), stress stress stress. 

E l’anno finisce così. 

Sono felice di averlo messo per scritto. Mi sono resa conto che alla fine ho avuto tante vittorie. Anche se non ho davvero concluso nulla. Anzi, ne ho messo su anche un altro, di progetto (quello del concorso in comune) e sono ferma su tutti i fronti. 

Ale mi dice che dovrei finire il romanzo. Io mi dico solo che dovrei concludere uno di questi progetti. 

Beh, cosa accadrà nel 2023 stiamo per scoprirlo, mi sa.

Quindi buon anno a tutti !

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Sonno e muffa

Ebbene sì: sono sopravvissuta al Natale, sono stata brava (nessuna discussione con mia sorella nonostante gli attriti), mi sono vestita con maglioncino natalizio e cappello per il 25, ho sorriso e, soprattutto, fatto ridere (con il cappellino di Babbo Natale con le paillettes non poteva che essere così)e sono stata ricompensata come meritavo: un piccolo stop lavorativo fino ad anno nuovo. A leggermi di recente non faccio altro che parlar di ferie. La ragione è semplice: scrivo quando ho tempo, che di solito è quando sono in ferie. 

Ma siccome qui a casa Moon non c’è mai un attimo di gioia, ieri sera ho scoperto una cosa terribile dietro al canterale: muffa. E dietro l’armadio: muffa. La mia camera da letto è invasa da quelle piccole spore tossiche che secondo me sono loro a friggermi il cervello mentre dormo. Sarà per questo che sogno sempre cose assurde? Perché di solito sogno di lavorare, a tal punto da confondermi parecchio quando sono effettivamente a lavoro. Tipo: Moon, hai fatto la scorta di biscotti? 

Certo, Capo. 

E allora dov’è?

L’ho messa in magazzino, secondo ripiano.

No, non c’è. 

Ma come… ?

E poi mi ricordo che mentre mettevo a posto la scatola è arrivata mia nonna (morta da anni) e capisco che l’ho sognato. 

A volte può essere difficile distinguere realtà e sogno. 

Una settimanetta fa ho sognato TDL. Ricordate il Tizio della Luna? Lui. Lo vedo ogni giorno, ancora, come cliente è il più assiduo (ci ha fatto pure un regalo per Natale, a tutto lo staff). Beh, ho sognato che era un giorno di pioggia terribile, quella pioggia che fa tipo muro, sapete? E lui entrava dentro, faceva colazione con la sua sfoglia al cioccolato e il cappuccino con il cacao (la logica vorrebbe che fosse 200 chili e avesse il diabete, ma no, TDL va fuori logica) e poi usciva e qualcuno lo investiva. Quando glielo ho raccontato mi ha detto Tiè! E si è toccato le parti intime. Poi mi ha suggerito di mangiare meno, la sera e di prendere il Brioschi. 

Ma i sogni non sono sempre lavorativi. A volte sogno animali (fantastici o no). L’altra sera ho sognato che qualcuno maltrattava un cucciolo di cane e mi sono svegliata piangendo. Altre volte sogno di litigare con Little (una Little più grande, nello specifico) e mi sveglio triste. Una volta mi è successo di sognare che mio padre era dimagrito tantissimo (io e la badante siamo dietro a una super dieta molto restrittiva e faticosa che in effetti lo sta facendo dimagrire, ma il sogno è antecedente) e stava bene, era lucido e agile. Il risveglio con relativo ricordo della realtà è stato uno shock. 

Insomma, è regolare a volte sognare di più. O meglio: ricordarsi di più i sogni. Mentre altri periodi della vita ce ne ricordiamo meno o per nulla. 

Ovviamente non sarà la muffa a farmi fare questi sogni. Ma forse è lei che mi fa svegliare almeno tre volte a notte. Che poi mi sveglio sempre alle tre di notte, regolarmente. Google mi dice che ho accumulato troppa rabbia se mi sveglio a quest’ora, perché è la fascia oraria legata al fegato… ah! Ecco allora! Incazzati di meno e dormirai meglio! Sono ancora molto legata a queste cavolate, non posso farci nulla (qualche anno fa le abbracciavo completamente, oggi ne sono sempre molto attratta, ma il mio cervello mi spinge verso la razionalità. A essere sinceri mi preferivo prima).

Comunque intanto tra poco esco e vado al ferramenta per comprare il debellatore di muffa. 

Poi Dio vede e provvede, eh… 

Il regalo di Natale

Il Natale porta regali. Si sa. Io, siccome scrivo in differita, ancora non so cosa mi porterà il Ciuchino (come si diceva qui anta anni fa). Credo anche nulla. In realtà non mi importa  dei regali ricevuti. Io adoro farli. Sì, me ne lamento, ma in realtà ci godo a pensare, scegliere, selezionare per le persone a cui voglio bene. Poi qualche volta canno, ok, qualche volta non mi impegno, ma di solito sì, Preferisco i regali di Natale a quelli dei compleanni, non so perché. È la magia del Natale? Ci credo davvero? Ma boh, alla fine chi se ne frega. 

Quello che è certo è che il Natale è un’occasione per riunirsi. E sebbene io quest’anno abbia il dente avvelenato con mia sorella (una storia che ho parzialmente detto, ma c’è molto di più, forse un giorno ne scriverò, forse no, probabilmente no perché io mi incazzo come una iena sul momento, ma non sono capace di portare rancore in eterno e, per costituzione, rifuggo i litigi: troppo stress odiare qualcuno), Natale non è solo parentame vario. Ci sono gli amici. Ci sono gli amici che vivono e lavorano all’estero per tutti l’anno e tornano… indovinate? Per Natale.

Ed eco che quindi io sono qui che aspetto il mio regalo di Natale. E sono tanto emozionata che devo fare qualcosa mentre aspetto, e quindi scrivo qui. 

Ale è l’unica sorella vera che ho. E non è davvero mia sorella. Quella vera se ne sbatte alla grande e vive a una manciata di chilometri da me. Quella acquisita è sempre con me, mi capisce al volo, ha la strana capacità di intercettare con un radar speciale e molto potente il mio stato d’animo, anche quando è oltremanica, e mandarmi un messaggio. Così. Telepatia. Lei ce l’ha. E quando è qui con me è davvero qui con me, se mi fa una domanda è perché le interessa, se mi aiuta è perché vuole farlo, se mi dà un consiglio è quello giusto. Spesso sento che io non farò mai altrettanto per lei. Ma lei dice lo stesso. E io elaboro i dati e viene fuori un amore che riempie il cuore. 

Sono fortunata. E lo so. Non capita spesso di avere un’amicizia così, che si batte con gli anni, con i cambiamenti, con 2000 e passa chilometri, 26 ore di macchina, 15 giorni a piedi. E non crolla. 

Ho già dedicato altri articoli alla mia Ale, che alla fine è entrata anche nel mio romanzo, come se stessa, ovvio. 

Ma non bastano mai. 

Mi salvi la vita ogni volta che mi abbracci, Ale. Non ti linkerò questo articolo. Non stavolta. Resti in questa pagina come un piccolo simulacro di carta.

P.S.: poi ho finito di scrivere del Natale. Forse …

Lo spirito giusto del Natale

Ho lo spirito giusto e la musica giusta per scrivere un post di Natale, che ci siamo quasi e quando uscirà questo mio breve e sconclusionato scritto lo sarà per davvero. Beata pianificazione…

Natale. Dunque. Come sarà quest’anno a casa Moon? Ricco di sorprese, a quanto pare. Vediamo… Ho passato giorni a pianificare tutto: cena con mio padre il 24 sera, cena con mia madre e mia sorella il 25, pranzo di Natale per me a casa di mia suocera, che Little è da suo padre e io dovrei finire di lavorare alle 13, tardino, ma sempre nella fascia pranzo, così evito di passare il Natale da sola come una scema (una volta l’ho fatto, il pranzo di Natale da sola: ho mangiato una piadina e pianto in vestaglia. Tristissimo). Mio padre invece lo avevo piazzato da mia sorella per il pranzo, soluzione perfetta, vero che mi è toccato chiederglielo, mica si offriva, la stronza, ma fa lo stesso perché mio padre era talmente felice di vedere sua figlia e le nipoti che è una settimana che mi scassa le balle: 

Mi aiuti a preparare la tavola per Natale?

Certo, babbo

Allora vai

Ma è lunedì, Natale è domenica! 

Poi mi manda messaggi e mi chiede: 

Ma il vino l’hai preso? Il dolce c’è? 

C’è tutto! 

Non lo trovo

(Sì, perché li ho nascosti, ah ah, sennò apri la bottiglia e ti mangi il dolce prima del 25) Tranquillo, babbo, avrai tutto…

Organizzazione quasi perfetta, no?

E poi arriva la mazzata. Il mio Capo mi fa: ma per Natale se abbiamo bisogno per il pranzo resti?

Cioè. Fammi capire. Ci sono tre cameriere in sala, tre persone in cucina, una al banco per fare i conti e hai bisogno che io ti faccia 12 ore per Natale?

No, se non puoi… non importa, mi fa. Quindi, no, non lavoro a pranzo, ma forse sì. Della serie, riuscirò ad andare via? Perché le 13 o le 14 fanno differenza per un pranzo. Della serie arrivi e tavola e mangi gli avanzi e tutti ti guardano con gli occhioni e con un po’ di fastidio perché hai turbato la cronologia degli eventi. 

E poi mia sorella manda un messaggio a mia madre e le dice che sono tutti malati. Tutti con l’africana, l’asiatica o come cavolo si chiama. Quindi salta il pranzo da mio padre e la cena da mia madre? Non si sa. Vediamo come stiamo, dice lei. Che per tutte le persone normali va bene, ma non per me, non per Moon. Moon deve organizzarsi, cazzo. Perché se non va mia sorella da mio padre, devo saperlo, sennò resta senza cibo. E io sono a lavoro. 

Quindi. Natale. Una festa zero stressante. Perché farci tanto chiasso? 

Ma è ovvio che ci sono le eccezioni. Per esempio, arriva Little a casa, come ora, sente che ho messo su musica di Natale e si mette a ballare e cantare. E poi mi fa: allora cena e PLL? (Pretty Little Liars, una serie che guardiamo da due eoni e stiamo, finalmente, per concludere. Ho attaccato anche a lei il gusto per gli acronimi).  

Qualcuno qui ha detto che il Natale è solo per i bambini, che è bello solo per loro. Io invece credo che diventi speciale solo per chi ama. Se hai qualcuno da amare e che ti ama, allora tutto diventa più nataloso (so che i vostri occhi non l’ardiscon di guardare, ma se la Crusca ha passato petaloso, io mi passo questo). 

Quindi: un Natale di amore per tutti.

Sul mondo del lavoro

La badante di mio padre ha tre figli e non ha un marito. Il padre ha fatto la fuga (o lo ha cacciato lei, ancora, dopo un anno, non mi è del tutto chiaro) e ora le dà una miseria per i figli. Una situazione che io comprendo. I soldi che le do non le bastano e quindi ha trovato un lavoro integrativo. Che però la fa arrivare tardi da mio padre, quasi all’ora di pranzo.

Siccome sono un po’ paranoica ultimamente (vabbè, ne ho ben donde), ho voluto cercare un’altra persona che potesse andarci due ore la mattina. Giusto per vedere cosa combina, dargli una mano a vestirsi se c’è bisogno, accompagnarlo fuori a fare colazione. Cose così. 

Ho messo quindi un annuncio su tre siti diversi. Due sono propriamente per la ricerca di badanti o baby-sitter, hanno nomi tremendi, ma una banca dati abbastanza aggiornata, perlomeno uno (ed è lì che ho trovato la prima badante). Uno è Subito. 

Sui siti dedicati mi hanno risposto alcune persone, di cui ora ho i contatti e che sentirò nei prossimi giorni. Ma essendo un lavoro di poche ore ovvio che ci vuole una persona che abita qui vicino e che abbia la macchina, un’abbinata non facile ho scoperto. 

Su Subito mi hanno risposto in molti. Il primissimo era un certo Tom, indiano, che mi ha lasciato il suo numero. Chiamo e mi risponde subito. 

Salve, io sono Tom (classico nome indiano, penso) e sono disposto per lavoro.

Ok, Tom, ma ha letto l’annuncio? Sono poche ore, lei dove abita?

A XXXX (città a 50 chilometri di distanza).

Cerco di spiegargli che il lavoro è troppo lontano, ci rimetterebbe di benzina, lui mi dice che non ha la macchina, che vive vicino alla stazione dei treni. 

Ma lei sa dove si trova il paese dove abito?, chiedo.

Sì, si, fa lui. Insiste che con i mezzi pubblici può arrivare. Per arrivare qui o andarsene ci sono sì e no 5 autobus al giorno. Inoltre il tempo da XXXX a qui, con i mezzi, raddoppia, se non peggio. Bello vivere in campagna, no?

Lui insiste, c’è anche un suo cugino che per duecento euro al mese può vivere con mio padre e fargli da badante. Terrorizzata, attacco. 

Ma non è l’unico disperato che mi contatta, solo che ora ho imparato e non chiamo più. 

Mi chiedo quindi queste persone come diavolo vivano, ma non è che ne abbia proprio il tempo, di pensarci, perché arrivano altre risposte, una dietro l’altra, qualcuno manda il C.V., una ragazza ha addirittura 19 anni…

Poco tempo fa un autista di pullman si è trovato al Ristorante dove lavoro a parlare con un autista di camion. Entrambi si lamentavano perché la loro azienda non trovava nessuno da assumere. Erano tanto disperate, le aziende, che offrivano anche il pagamento per prendere le patenti relative (e che costano abbastanza, in effetti), la CQC e l’ADR. A quel punto si è unito anche il mio capo, che pure noi abbiamo cercato personale per mesi senza trovarlo. E non solo noi, anche altri ristoratori si lamentano che non si trova personale (un mio amico ha dovuto addirittura rimandare l’apertura stagionale del suo ristorante sul mare perché non trovava camerieri e alla fine ha dovuto assumere suo figlio che era tutto tranne che felice di lavorare con lui). 

Insomma, dicevano, ma la gente che lavoro fa, allora, se in tutti i settori manca personale da assumere?

Bella domanda. Forse al tempo di questa discussione non c’era ancora Giorgia che ha falciato il Reddito di cittadinanza (e ora invece sì). O forse tutti vogliono fare il badante. O forse tutte queste persone che mi hanno contattato sono irregolari in Italia e non possono essere assunti. O forse, visto che la ragazzina di 19 anni è italiana, c’è qualcosa che non torna… 

Comunque ora vado, che ho il primo colloquio. Vediamo come va.

Un argomento un po’ tabù

Vi ho detto che vivo un periodo stressante, che ho pensato allo psicologo (no, il bonus a me non è toccato), che mi sono fatta prescrivere un ansiolitico che non ho usato, che ho deciso di vomitare qui la mia ansia riprendendo a scrivere. 

Ma.

Ma già da un po’ Ale (la mia migliore amica, mia sorella, la regina dei folletti), mi parla di questo benedetto CBD, olio di canapa. È un olio tratto dalle infiorescenze della cannabis e dal quale viene tolto il THC per conservarne solo, appunto, il CBD. 

Alla fine faccio ricerche, googlo come se non ci fosse un domani. La prima ricerca che faccio è se è legale. Controllo. È un ni. La cosa non mi stupisce, affatto. Mi rendo conto che c’è un mondo, dietro. Sono onesta, la prima cosa che ho fatto per capire il livello di legalità è stato cercare su Amazon. E lì mi si è aperto un mondo. Non solo l’olio c’è, ma ce ne sono infiniti tipi. Vado a leggere le istruzioni: solo per uso topico. Quindi esterno. Poi vado a leggere le recensioni e le domande. Sì, devono dire per uso topico, ma in realtà si usa anche (e soprattutto) ingerendolo. 

Ora sono confusa. Quindi cerco e cerco ancora sul web. La mia seconda domanda è: può avere effetti collaterali? 

Google mi risponde che sì, può averne: sonnolenza, secchezza delle fauci (questo termine mi fa sempre un po’ ribrezzo, come se fossimo dei leoni o roba simile), diarrea. Un po’ pochino. Inoltre, specificano molti siti, questi effetti collaterali si verificano per lo più se si ingerisce grandi quantità. Non gocce, come sarebbe invece consigliato. Continuo la ricerca facendomi la domanda principale: crea dipendenza? Non più del Moment quando hai mal di testa, leggo. Non demordo: voglio trovare un articolo che ci sputa sopra, che dice che è pericoloso, che non andrebbe assunto. Non trovo nulla. anzi, leggo che l’OMS ne riconosce i benefici terapeutici. Non leggo di nessuna testimonianza che dice di aver avuto problemi fisici con il CBD. Sì, qualcuno ha smesso perché gli faceva venire il mal di testa, qualcun altro perché non gli faceva nulla. leggo invece di persone con l’artrite o l’artrosi che ne ha giovato. Leggo di persone che con tre gocce prima di dormire ha eliminato il problema dei risvegli notturni. 

Torno su Amazon. La scelta è troppo vasta, non posso farcela da sola. Mi affido ad altri siti per una classifica di qualità. Trovo una ditta che produce l’olio in Italia. Questo nome ricorre spesso, il loro sito è ben fatto, quasi infinito, mi perdo negli articoli che parlano del CBD, come usarlo, la posologia, gli effetti collaterali irrisori, come e dove coltivano la cannabis eccetera. Il prezzo per una percentuale media (10%) e abbordabilissimo, contando che con un massimo di dieci gocce il giorno lo finirai in più di un mese. Fra poco spendo di più per la pillola anticoncezionale. Non decido ancora di compararlo, però. Aspetto. 

L’Universo due giorni dopo mi manda una coppia di coniugi al Ristorante. Mentre parliamo viene fuori che entrambi abbiamo genitori vecchi e malati da accudire. La loro è una madre affetta da Alzheimer. Il loro medico ha consigliato la terapia con la cannabis. E la signora la sta facendo, con notevoli miglioramenti nella qualità della vita. Gli effetti collaterali sono ovviamente a perdere in una donna di 90 anni con l’Alzheimer. 

Il giorno successivo ancora si parla di questa terapia su Radio 24. Stessa solfa. E io mi dico: l’Universo mi sta dicendo qualcosa. 

Così compro. La boccetta arriva. Decido di provarla in un pomeriggio qualsiasi privo di impegni, giusto per non correre rischi. Il risultato è di mio gradimento. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento… normale. Una persona normale. Senza ansia, soprattutto, ma c’è qualcosa di più. Sento di aver rimesso in ordine le priorità. Chiamo subito l’Amico Speciale per dirglielo. Lui mi dice: see, è un effetto placebo. Rispondo che mi importa nulla se è vero o placebo, l’importante è il risultato. 

Continuo a sperimentare per tutta la settimana. Poche gocce al giorno, sempre sotto la soglia massima. Sonnolenza praticamente mai, rilassatezza sì, dolore al collo quasi impercettibile, persiste il senso di normalità e la rivoluzione delle priorità, utile a sprazzi per i risvegli notturni, effetto collaterale prevalente la sete, il che è un bene visto che bevo di solito come un uccellino. E bevo anche meno caffè. 

Continuerò a provarla, senza aumentare le dosi, giusto il tempo di superare questo periodo un po’ malmesso. Mi entusiasma più delle benzodiazepine. 

Finisco questo lungo post dicendo che sì, forse devono ancora studiarla bene, questa sostanza, forse sono agli inizi e sicuramente nel tempo verranno fuori delle magagne. Ma alla fine io fumo più di un pacchetto di sigarette il giorno… non credo sarà il CBD a rovinarmi la salute. 

Cose da non fare a un concerto di Natale

È un lunedì mattina come tanti (ho ricominciato a scrivere in differita), ho dormito uno sbotto di ore e mi sono ripresa dalla giornata maratonica di ieri. Lavoro, occhiatina a babbo, doccia e concerto di Natale della scuola di musica di Little Boss. 

Dopo un paio di anni incerti, finalmente il concerto torna in presenza e al chiuso, una quasi normalità disturbata solo dall’influenza che ha decimato gran parte dei partecipanti. Ogni anno, dalla separazione con il mio ex, vado lì da sola, mi metto su una seggiolina nell’angolo e cerco di evitare i suoi parenti e amici. Il posto dove si svolge il concerto è il suo territorio, come mi ha spesso ribadito. Non che sia più del tutto vero, intendiamoci, ma l’Amico Speciale non ce lo porto, vogliamo evitare imbarazzi per Little (il mio ex sarebbe capacissimo di fare una scenata davanti a tutti, nonostante tra poco siano dieci anni che siamo separati). 

Quindi nulla, ieri faccio come sempre: mi metto in fondo, da sola seduta nell’angolino. Dietro di me si siede una famiglia di cui riconosco solo la mamma (è stato il mio avvocato, anni fa, in una causa di lavoro, ma non mi saluta perché sul suo territorio a volte funziona così). 

Il concerto ritarda e la Tizia Maleducata dietro di me inizia a parlare. Lo farà per tutto il tempo. Si mette una gomma in bocca e biascicando parte: ma insomma, questo concerto quando inizia? Che poi dobbiamo andare a fare l’aperitivo con X, sennò facciamo tardi. Scopro poco dopo che è la sorella della mamma/avvocato. Così come scopro il suo numero di scarpe, a quanto tiene la temperatura del termosifone a casa, dove lavora e molto altro. Tutto in quindici minuti. 

Le luci si spengono e inizia la classe di pianoforte. Un bambino delizioso sui 10 anni suona e canta Jingle Bells. La Tizia Maleducata continua a parlare ad alta voce dei fatti suoi durante tutto il tempo. scroscio di applausi e lei dice: ha sbagliato qualche nota, però

È il turno delle percussioni. Sono quattro ragazzi che fanno un’esibizione straordinaria, credo sia la prima volta che la scuola organizza per loro un’esibizione in solitaria, di solito mettono i percussionisti ad accompagnare altri strumenti. Sono bravissimi, ma va da sé che non è una canzone. Lei non perde tempo e fa: eh, però questa che noia che è…

Scuola di canto. Una signora sulla cinquantina canta una canzone. Te esotoy buscando…te quiero…eccetera.

Che lingua è, questa? Chiede la Tizia Maleducata. La tristezza è l’uomo accanto a lei che risponde: portoghese. 

Comunque non era per nulla brava, aggiunge alla fine. 

Finalmente arriva una coppia di cantanti che incontrano il suo favore, cantando una canzone di Baglioni. 

Questi sì che sono bravi, era l’ora. Di una delicatezza assoluta.

È il turno di Little che canta con altre tre ragazze. Sono molto presa ad ascoltare quindi non è che faccia caso alla Tizia Maleducata, ma siccome parla a voce alta non mi riesce del tutto, così scopro altri dettagli della sua vita mentre parla con l’uomo accanto a lei. non commenta l’esibizione ( o se lo fa non la sento) ed è la sua fortuna. 

Il concerto sta per finire, c’è l’esibizione del coro che canta canzoni popolari. Lei non si lascia sfuggire l’ultima occasione per lamentarsi.

Uff, anche il coro, adesso, ma sono quasi le sei!

E io lo so che lì avrei dovuto girarmi, guardarla in faccia per la prima volta e dirle: ma che cazzo ci sei venuta a fare? Tua nipote l’hai vista? Presenza l’hai fatta? Ora vattene affanculo fuori di qui

Ma prima di tutto l’ho detto che è stata fortunata a non commentare Little (che comunque è stata bravissima, n.d.r), e poi che faccio? Una scenata davanti a tutti? tanto valeva allora che portassi al concerto anche l’Amico Speciale. Ho atteso la fine del concerto, sono uscita dalla mia postazione senza voltarmi. Non volevo vederla in faccia, non volevo riconoscerla fuori da lì. Che poi lavora in ospedale e sia mai, visto che ci giro di continuo tra ospedali, che una volta mi tocchi proprio lei. 

Mi sono allontanata dal teatro, faceva un freddo cane, sono arrivata alla macchina e ho caricato su Spoty la canzone che ha cantato Little. E la Tizia Maleducata è scomparsa. 

Metaverse e Early Adopter

A lavoro, in laboratorio, mettiamo sempre Radio 24. Non chiedetemi perché invece non c’è Bach o anche un semplice pop rock: quello lo riserviamo ai clienti. Comunque, su Radio 24 ogni tanto passa una pubblicità. Io, che le pubblicità non le guardo mai, non guardando la tv, spesso ne resto affascinata. Se ci pensate le pubblicità ti fanno capire meglio dove si colloca la società. Vi ricordate la pubblicità della Barilla con la bambina con l’impermeabile giallo che porta a casa un gattino sotto la pioggia? Era il 1986 e sembrava proprio che il nostro mondo volesse andare in quella direzione: benessere, famiglia. C’era un diffuso clima di speranza. O almeno così mi sembra oggi (al tempo ero una mocciosa e devo dire che quegli anni non sono stati il massimo per me). E insomma vabbè, dicevo che su Radio 24 passa la pubblicità del Metaverso. Ma il suo impatto sarà reale, conclude. Dopo una decina di volte alla fine sono riuscita a sentire l’intero spot, cercando di capire di chi sia. Nulla. Mi è toccato cercarlo sul web. Meta. Quindi Facebook, quindi Mark. È una strana pubblicità. Nel senso che non vende un prodotto già esistente, tutto il testo è scritto al futuro. Non esiste ancora il Metaverso, ma esisterà. E io dico, ok, ma perché dirmelo ora? Dimmelo quando c’è. E invece no… e invece forse l’idea di questo spot è quella di fartici avvicinare, a questa rivoluzione, lentamente. Farti abituare all’idea che ci sarà, così che un domani tu non possa dire: ma che è ‘sta roba? Noooo. 

Perché è esattamente quello che penserei ora se mi dicessero di andare a passeggiare su una strada virtuale e fare shopping virtuale con criptovalute per comprare, che ne so, un cappotto virtuale per il mio avatar. Sarà impiegato per grandi scopi, come quelli medici? Ok. ma sarà sfruttato anche per socializzare? Cioè, non usciremo più di casa per un caffè con un amico se non per prenderlo nel Metaverso?  Perché magari nel Metaverso potremo essere persone migliori(dai, che lo avete visto Ready player one!)

Sono un po’ ostile all’idea, specie dopo due anni di pandemia che ci ha costretti a socializzare solo così, virtualmente. 

Cher poi una sorta di Metaverso già esiste, penso a Fortnite. In tempi non sospetti una mia amica mi disse: mio figlio mi dice che va a giocare con un amichetto e poi lo trovo da solo sul divano di casa. Gli chiedo dove sta il suo amichetto. Lui dice che sta a casa sua, che giocano a Fortnite insieme in rete. E io mi chiedo dove sia finita la palla da calcio…

Me lo chiedo anche io. E questo rifiuto che sento mi fa scaturire la classica domanda: stai diventando come tua madre che rifiuta il concetto di Spid? Il Metaverso sarà il mio Spid? 

Beh, ok, non è detto, magari mi farò impiantare un chip sottopelle per pagare con il pos, come il tizio olandese che ne ha ben 32 e ci apre pure le porte. Che poi mi dico: ma fra tutte le cose faticose che facciamo ogni giorno, spesa, pulizie, proprio aprire la porta ti crea disagio? Senti fatica prendere una carta dal portafogli per strusciarla sopra un pos? 

Forse è così che si comincia a capire che si invecchia: revisioni costanti (estetista, parrucchiere etc, vedi post precedente)e rifiuto dell’innovazione tecnologica (che ha pure un nome, Early adopter). 

Eppure ero così felice di avere un assistente vocale in casa… 

Alexa, spegni questo post

P.s. Piccolo aggiornate to: ho letto ora ora una notizia di una class action in Canada da parte di genitori i cui figli giocano a Fortnite. Loro dicono che il videogioco è come l’eroina e crea dipendenza (Un ragazzino ci ha giocato più di 7000 ore in un anno e in un anno di sono poco più di 8000 ore, per dire). C’è da rifletterci, E.A. a parte…

Dell’Amico Speciale e altre delizie (?)

Sta tornando a casa l’Amico Speciale. 

Entrerà dicendo: che giornata di merda (lo avevo detto che tornavo senza censura, no? Quindi ho tolto gli asterischi: faccio pregressi, vero?). Ma poi annuserà l’aria, dirà Che profumino, che si mangia?  E andrà diritto al forno dove stanno cuocendo le lasagne. E io avrò una notte di sesso. Quindi direi che le cose si prospettano bene. 

Mi chiederete come lo so, se leggo il futuro. E invece no, è la solita solfa della profezia che si autoavvera, Watzlawich, il mio amico di sempre. Ma stavolta mi sa che ci guadagno.

Sono talmente sicura che ci scappi una seratina che, dopo la doccia, mi sono messa a fare una maschera (che mi ha dato la mia estetista per i miei capillarini, così dice lei, che sul viso si notano un po’ troppo). Poi mi sono data il tonico e la crema Super blu (quando me la do, sembra Puffetta, ma meno carina). Sempre per i miei capillarini, sempre crema super cara dell’estetista. Poi mi sono data la crema corpo elasticizzante (quella della Coop, stavolta). Mi sono lisciata i capelli con la piastra, che sennò sembro Merida (Ribelle, presente?) e mi sono lavata i denti. Poi siccome il mio dentista ci tiene (io ‘nsomma), mi sono passata il filo. 

Tutto per dire che prima, forse un prima di tanto tempo fa, non avevo bisogno di tutte queste manutenzioni. Facevo la doccia, al limite il deodorante, niente ceretta, solo rasoio, il parrucchiere una volta ogni sei mesi… ora è un turbine di appuntamenti: estetista una volta al mese, parrucchiera ogni mese e mezzo, ginnastica posturale una volta a settimana. Sembro proprio la mia vecchia Winny, che mi fa vedere il meccanico più di quanto veda mia madre, e per quanto la compagnia del mio meccanico sia più piacevole di quella di mia madre, fa battute splendide e mi fa ridere un sacco, il mio portafoglio non è così felice quando vado via dalla sua officina. Mi sa quindi che ho raggiunto i 150.000 chilometri. 

Ma l’Amico Speciale, per fortuna, è un amante del vintage, quindi tutto ok. Inoltre, come sopra, conosco il suo punto debole: il cibo. Nutrilo e ti ringrazierà come meriti. 

Va detto che non è neanche così difficile accontentarlo in cucina. non è come Little che non mangia i gamberetti perché gli dispiace o i fagiolini perché Sono piena, grazie. E poi si abbuffa di riso. Lui mangia tutto. Ma tutto tutto.  

L’altro giorno, tornando a casa, l’ho trovato con un bastoncino Findus in bocca. Guardo il forno: spento. Tocco il forno: freddo. Guardo l’A.S. Lui fa finta di nulla.

Quello da dove lo hai tirato fuori? 

Dal congelatore.

E quando l’hai cotto?

Tocco il bastoncino: congelato. 

Stai mangiando un bastoncino ancora congelato? (mi trattengo dai conati)

No, sto mangiando gelato di pesce!

Ho iniziato a imprecare e a dire che se poi sta male io all’ospedale non ce lo porto e tutto il repertorio. Ma poi non ho resistito e ho iniziato a ridere talmente tanto che la pancia mi faceva male. 

Quindi posso permettermi di essere pure una pessima cuoca: tanto tutto quello che faccio sarà buonissimo. 

p.s. Ho sbagliato di poco, la sua battuta, entrando, è stata: Sono stanco morto, che giornata di merda. Poi tutto come sopra, finora. Aspetto di aver finito le lasagne per sapere quanto sono brava.

p.p.s. ovvio che non comprerò più i bastoncini Findus

T.D.B. richieste specifiche

E dopo un argomento un po’ ansioso e deprimente, tornano i T.D.B. 

Che diciamocelo, sono la mia consolazione… 

RICHIESTE SPECIFICHE

Il Preciso

C.P.: Buongiorno, vorrei due etti di pasticceria mignon fresca

Io: va bene, cosa metto?

C.P. faccia lei… anzi no, due con il cioccolato, due con la crema, no, non quello, l’altro, no, di quello solo uno, sì, l’altro ce lo levi…

Io: va bene così? Sono due etti e mezzo

C.P: no, allora ne tolga qualcuno. Quello con la crema, non quello, l’altro, con la frutta, sì, quello.

Io: Ora sono un etto e novanta. Va bene?

C.P: no, metta un’altra panna cotta, ma non quella in fondo, quella in cima che mi piace di più. 

(Io vado alla cassa ripetendo: amo il mio lavoro, amo il mio lavoro…)

L’esteta 

C.E: Vorrei una torta

Io: certo, signora, quanti siete?

C.E: Mah, saremo… mi faccia pensare… cinque! Sì

Io: allora avrei questa, con la crema, poi il cheesecake, il tiramisù, la sacher…

C.E: non saprei… volevo una torta tonda

Io: … signora, sono tutte tonde…

C.E: sì, ma non tonda così… non glielo so spiegare…

Io: ne voleva una con la panna sopra? Un Pan di spagna, un millefoglie?

C.E: no… questa mi piace (indica il cheesecake), ma non c’è più tonda? 

Io: più alta? Più grande?

C.E: no, più tonda! 

Io: no, signora, più tonda di così mi sa che deve chiamare Giotto, eh!

 E per finire…Lo sboccato

C.S: Vorrei ordinare una torta di compleanno. Per un amico

Io: Benissimo, cosa aveva in mente?

C.S: un pene

Io: …come?

C.S: sì, un pene, un cazzo, insomma. Si può fare?

Io: …beh, sì… ok, posso fare un Pan di spagna ricoperto di panna…

C.S: bene. La torta è per sei persone. Sopra ci vorrei la scritta Mettitelo nel c*** (ma senza asterisco)

Io: ma è sicuro che sia un suo amico?

So che vorreste vedere la foto della torta dello sboccato… direi che è venuta anche bene, alla fine. Devo dire che per ora vince la classifica delle richieste più assurde nel laboratorio di pasticceria…