
Mentre il mio pane cerca di lievitare (le farine che devo usare non sono molto collaborative con il lievito…)ripensavo al mio lavoro.
Sono anni che lavoro al Ristorante e le mie mansioni lì sono cambiate nel corso del tempo. Assunta per fare cocktail e rinnovare l’Happy hour, mi sono presto ritrovata a scrivere comande e portare piatti. Dopo pochi mesi sono stata riciclata (il termine, fidatevi, è corretto) per fare caffè e cappuccini la mattina presto. Da lì sono passata al laboratorio di pasticceria per aiutare a farcire biscotti e riempire bignè. Poi ho fatto un salto in pizzeria, imparando a fare impasto, stendere pizze, condirle e infornarle nel forno a legna. Poi un altro passo: aiuto cuoca (insalate e primi per lo più), poi lavapiatti. Ed ecco che poco dopo mi ritrovo di nuovo a prendere ordinazioni e servire ai tavoli.
Se ve lo state chiedendo sì: tutto nello stesso locale. Ci sono stati dei giorni che passavo da un reparto all’altro tanto velocemente che mi sembrava di essere Clarke Kent che si cambia nella cabina telefonica: metti il grembiule bianco della pizzeria, toglilo e vai al banco a fare caffè, rimettilo e vai in cucina…
Non mi sono mai lamentata (con i miei capi, almeno), ma in modo subdolo cercavo di migliorare nel settore in cui volevo lavorare davvero: la pasticceria.
La pasticceria è un’arte, è alchimia, ha qualcosa di magico.
Così mi sono scavata una nicchia. Con il tempo, ovvio. E gli eventi mi hanno aiutato: il corso di gelateria non doveva essere per me, ma beh, io c’ero, al contrario della Figlia del Capo (F.D.C.).
Passo indietro: conosco la FDC da quando aveva 13 anni, ora ne ha 37. Non ci sono sempre andata d’accordo, ha un carattere particolare, se così vogliamo dire. Altri direbbero che è una stronza con il patentino, ma io di solito tendo a giustificare i comportamenti di tutti.
Comunque la FDC (un po’ parecchio viziata dal Capo e dal Boss, questo sì) a un certo punto ha sclerato e ha convinto i genitori a farle fare una scuola di pasticceria con i controcazzi. Una scuola moooooolto costosa. Una scuola dove a valutarla c’era Massari, per intenderci. E insomma, ve la faccio breve, dopo anni di irrisolti con il parentame alla fine la tregua l’ha decisa un cosetto piccolo e soffice: il primo nipote, sfornato dalla FDC (e dal nostro pizzaiolo: sia mai che le cose non abbiano lo spirito della telenovela argentina, in questa storia). Risultato? La nostra FDC è entrata da qualche mese a lavorare nel laboratorio di pasticceria.
Il mio primo pensiero è stato: vai, sei fregata. Questa ti soffia il posto ed ecco lì che di tutti i tuoi progetti Mi faccio dare un aumento, mi faccio cambiare mansione, ti resta in mano solo un pugno di mosche. Capitemi: mi sono fatta il mazzo per anni per arrivare a sapere quello che so, per fare proposte, per farmi la nicchia, insomma.
All’inizio le cose sembravano ormai decise: riposizionata. Eccomi che torno al banco a fare caffè. Ero sul punto di licenziarmi.
Ma poi il mio lavoro nel corso degli anni ha prevalso. Era la FDC a chiedere le cose a me, a chiedermi se era fattibile fare una cosa piuttosto che un’altra.
In pratica ora collaboriamo. E sebbene io sia ancora diffidente (stringere alleanze con la FDC può nuocermi in molti modi), il suo progetto coincide con il mio: farmi restare il più possibile in pasticceria.
Pare che la nostra strategia stia funzionando, almeno in parte.
Riusciranno i nostri eroi?
Beh, se non si licenzia qualcun altro, se non ci sono altre emergenze pandemiche, se… forse il mio ruolo di jolly andrà a sparire.
Intanto godetevi la foto del nostro cheesecake ai frutti di bosco.
Davvero buonissimo. Fidatevi.
(E con millemila euro di scuola di alta pasticceria se non era buonissimo il Capo e il Boss erano investitori del cavolo!)