L’unico modo che ho per pensare è scrivere

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Sono passati più o meno venti giorni da quando ho iniziato il count down del tempo che ho stimato mi ci sarebbe voluto per dimenticare TDL. Mi sono scontata la pena, diciamo, ma il traguardo è ancora lontano. Va detto che la prima a non semplificarsi la vita sono io: ascolto una playlist su Spotify così deprimente che devo tenere i Kleenex accanto al pc, quando mi fermo un attimo sul divano mi perdo a ricordare le sue parole, rileggo messaggi e mail. Ma sopratutto controllo. Controllo i suoi accessi su Facebook, Twitter, Google+, Instagram, LinkedIn. Guardo se qualcosa cambia nella sua vita, sono una spiona, aspetto che distrugga i miei sogni impossibili con qualcosa di possibilissimo e realistico, come la foto in bianco e nero (che fa più figo) del famoso anello di fidanzamento. Oppure un post con un centinaio di faccine felici che annuncia il matrimonio. Ma nulla. TDL è un riservato, nonostante tutti i suoi maledetti social. 

E poi c’è questo valore aggiunto, i messaggi che mi manda, dove non dice mai assolutamente nulla, è quasi una spam, ma quando leggo TDL sul telefono sento che, sì, il giorno zero è ancora lontano. 

Nel frattempo passo questo mio giorno di festa dal lavoro bighellonando, dormendo, leggendo, scrivendo, guardando serie tv con mia figlia, andando al discount a fare la spesa. E nulla mi appare più superfluo del far scorrere i giorni così, senza di lui. Sento che la vita la sto proprio sprecando, e l’unica cosa buona che ho è la scrittura, questa forma folle di vivere dentro le parole, quelle vere e quelle no, quelle oneste, sempre. Perché solo l’onestà vale qualcosa, ché la verità non esiste, è solo una forma di bugia che raccontiamo a noi stessi, ma l’onestà sta proprio qui, nel capirlo. E le parole riescono a farmi questo, riescono a farmi sentire più onesta (certo, se le scrivo con la pancia) e quindi in un certo senso migliore. E poi mi fanno pensare. Sono l’unico mezzo che ho per riflettere su qualcosa senza avvitarmici (ormai ho rubato a TDL questa parola e la uso non guardando al copywrite). Peccato che tutte le parole che butto in giro, qui o su carta, non servano a nessuno se non a me. 

Credo che il Censore abbia annusato questo la prima volta che ha bussato alla mia porta. Sapeva dove colpirmi per fare male e l’ha fatto. Ha visto che la mia debolezza è il giudizio degli altri e mi ha gambizzato. Io ho provato a scrivere racconti che potessero avere un valore sociale, all’inizio. Ma non c’era pancia, solo belle lettere una dietro l’altra. E, insomma, l’italiano mica lo so solo io ( e poi nemmeno quello, so davvero) e tutto quello che ho scritto era banale, e già scritto. Già detto. Un mio vecchio compagno d’armi, un giorno, mi disse qualcosa a proposito. Ci rigiravamo tra le mani una lattina di birra scadente parlando di racconti, scrittura e stili,  e lui si fermò, mi guardò e mi disse: insomma, Monica, se hai qualcosa da dire, dilla! Credo che conti solo questo. 

Non ha mai avuto torto. Ma io ho perseguito la strada del bello stile, della bella parola, della bella immagine per anni, facendomi sanguinare le mani anche cinque ore al giorno. I risultati che ho ottenuto, nonostante impegno e fatica, non sono poi granché. 

Questo blog, invece, libera le parole scritte con la pancia, che non sono ugualmente nulla, ma almeno mi fanno stare bene. E dico quello che voglio dire, anche se non so quanto gliene freghi alla gente. Che poi, cosa importa davvero alla gente? Ma chi lo sa.

E allora dico quello che ho da dire, come disse il compagno d’armi, urlo (ma a bassa voce, sia mai che i vicini mi sentano) che questa vita mi sta stretta e che sono troppo codarda per fare qualcosa in proposito. Se non, appunto, scriverlo. 

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Moon e il suo Ego

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So di essere particolarmente autoreferenziale in questo blog. So anche che con molta probabilità resterò un granellino di sabbia sepolto sotto ad altri mille. Ma la mia è questione di Ego e di scrittura, tra le altre cose.

Qualche tempo fa pensavo a cosa mi manca davvero per fare la scrittrice. Insomma, conosco l’italiano meglio di altre persone, sono abbastanza precisa nella scelta delle parole, ho studiato a fondo interi manuali di scrittura creativa, conosco le storie degli scrittori che più ho amato, riconosco uno stile creativo da uno classico, so cosa occorre a una storia perché sia tale… eppure. Eppure mi sento bloccata. E non è il blocco dello scrittore, perché io non lo sono. È il maledetto Censore. Ora, questo essere infimo, brutto come il peccato, infingardo e traditore, riesce a far presa su di me perché non ho un’ Egosfera che staziona sopra la mia testa come l’astronave madre di Indipendence day. Il mio Ego è ridotto ai minimi termini per i motivi più vari e che non mi metterò certo qui a elencare. Ho il tatuaggio di Loser sulla fronte come la povera Drew Barrymore in Mai stata baciata. Me lo sono tatuata da sola, in tanti anni di perversa autodistruzione e qualcuno ha sempre contribuito a rendere visibile l’inchiostro. 

Quindi sto tentando di rimpolpare il mio Ego, vomitando a caso la mia vita, esternato quello che sono, mostrando al mondo che sì, Moon ce la può fare! È un po’ autoconvincersi e un po’ ingannarsi, che poi sono la stessa cosa.  

Certo è che il mio Ego (lo tratto con le maiuscole, che se lo merita, oppure io mi sto autoconvincendo che se lo merita) viene stroncato quando, come ieri, il mio TDL viene a mangiare al ristorante dove lavoro con la DSV (Donna della Sua Vita). Che gesto infimo. Che delicatezza ridotta allo zero assoluto. Che infamia. Che… non ho più Che da aggiungere. Mi chiedo come abbia potuto farmi questo. Insomma, oggi sei un TDL diverso, un Testa Di Legno. Ma non ci hai pensato? Immagino di no, e questo mi fa pensare di essermi innamorata proprio dell’uomo sbagliato. Ma siccome sono una giustificazionista, lo sono da sempre, ho sempre giustificato anche il mio ex, che dopo due anni continua a mandarmi messaggi di minacce, giustifico mia madre che se ne è andata di casa quando ero piccola, giustifico il mio primo datore di lavoro che mi faceva lavorare al nero e non mi pagava gli straordinari, come non posso trovare una giustificazione al TDL, di cui sono follemente innamorata? 

Ed ecco come ho ragionato (più o meno): ho conosciuto TDL perché è un cliente (più o meno) fisso del ristorante dove lavoro come cameriera; viene a mangiare lì quando è a lavoro, da solo o con alcuni colleghi; sicuramente avrà detto alla DSV che mangia spesso proprio in questo ristorante; e altrettanto sicuramente avrà giustificato questo fatto con cose tipo Si mangia benissimo, cibo ottimo, prezzo onesto, magari tralasciando il servizio eccellente tra le qualità, per non destare sospetti; magari DSV avrà pensato, Se è così eccellente perché non ci porta anche me? E avrà detto così anche a TDL, che, alle strette, non ha potuto dire di no a una cena intima con lei nel ristorante di cui dice meraviglie. Il ragionamento torna. È stato costretto dagli eventi. Non voleva ferirmi. Perché che mi feriva lo doveva sapere, dopo che io gli ho detto Quello Che Gli Ho Detto. Perché io a vederlo così, carino, con i capelli spettinati del tipo Mi sono appena svegliato anche se sono le otto di sera, proprio non riesco a tollerarlo senza che le gambe mi cedano, perché vedere lei, bellissima, elegante, al seguito, mi ha staccato quell’ala di farfalla che credevo di possedere e ora devo ricompormela da capo, come se sapessi come si fa, a farsi ricrescere un’ala! 

E l’estate sta finendo. E la leggera brezza sulla mia pelle in questa sera estiva mi fa rabbrividire. E il mio Ego sprofonda di nuovo nelle viscere della terra, spaventato, annichilito dagli eventi, turbato da una parola che stenta a capire davvero: amore. 

Chi è il Tizio Della Luna(TDL)

Post 3La seconda cosa che posso dire è che, a 40 anni, mi sono innamorata . Mica semplice, mica facile, mai, a nessuna età. Diciamo che non mi era capitato spesso. Diciamo che è la seconda volta in vita mia che mi capita. Diciamo anche che la prima volta l’ho presa meglio.
Ora, non è che posso ricondurre tutti i miei problemi da schizoide/bulimica di vita al fatto che mi sono innamorata. Però ha risvegliato certe cose, certe sensazioni, certi pensieri. E io, il pensiero, non lo tengo mai fermo, lo lascio libero di girare e devastare come un uragano tutto quello che ha di buono intorno.
Ho questa cosa, questo difetto, che riesco a mettere in fila i pensieri solo scrivendo. E quindi su questa cosa ci ho scritto un sacco. Ma, al contrario delle altre, non ne sono ancora venuta a capo. Ci riprovo anche qui, nella speranza di fare meglio stavolta.
Dunque, lui è il Tizio della Luna, o TDL, se preferite. TDL è arrivato nella mia vita in un bel giorno di primavera. E proprio alla frontiera, sono arrivata, come Piero, davanti al nemico. Non dico che l’amore sia una guerra, ma in certi casi sì, in certi casi la guerra la fai dentro di te, come ho fatto io, per resistere a un sentimento che sapevo benissimo avrebbe fatto danni enormi.
Mi ha cercato lui. Così. Per dire. Ma alla fine chi cerca chi non ha importanza. Ciò che importa è solo che è entrato nel mio mondo bussando alla porta giusta, quella dei libri e della scrittura.
In ogni caso il primo giorno avevamo davanti un prato bellissimo, una giornata di sole da far invidia a una cartolina, tutta una serie di parole che sono fluite dalle nostre bocche con una facilità che nemmeno pensavo possibile. Tre ore sono volate in un lampo. Nemmeno lo conoscevo e ho iniziato a raccontargli tutto. Ma tutto tutto, come Chunk nel film dei Goonies. E così anche lui mi ha raccontato qualcosa. E la sua voce è stata un balsamo (metafora ammuffita, lo so, ma realistica) per il mio cervello spettinato. In poche parole alla fine della giornata ero già lì che mi dicevo che no, non mi piaceva, mi stava simpatico, ma no, certo, solo amici, mi ha chiesto una mano con i suoi racconti (eh. Lo so. La scusa è classica, lo so) e io farò solo quello, gli darò una mano con editing e magari gli consiglio dei concorsi e magari. Sì. Magari.
E nei giorni seguenti, mentre io gli consigliavo libri da leggere e manuali da consultare, lui mi diceva che era stato bello parlare con me. E poi, non so come sia successo, ma ci siamo ritrovati a scriverci tutti i giorni del più e del meno, poi del più e del più, e nel tempo che Flash impiega a fare il giro di casa mia era un Buonanotte la sera e un Buongiorno la mattina. Ci siamo precipitati addosso, che non lo so come sia potuto succedere, fatto sta che è successo e la mattina avevo un solo pensiero aprendo gli occhi e la sera un solo ultimo chiudendoli. Ma quello che più importa è che condividevo con TDL praticamente tutta la mia giornata. E volendola condividere con lui, la notavo. E notarla mi ha portato ad amarla di più. E amare di più la mia vita mi rendeva felice.
Ma come è ovvio tutte le cose belle finiscono. Flash ha fatto un altro giro a casa mia e il mondo ha collassato, è imploso, oppure a esplodere sono stata io, ma non importa più. Fatto sta che TDL ha detto addio alla Moonlife e io ho detto addio a TDL. Facile. Veloce. Ma non certo indolore.
E quindi, TDL, questo blog è anche per te, che sei entrato nella mia vita come un fulmine, devastando ogni mio apparecchio elettronico e non. E ancora ho addosso l’elettricità che hai portato e se chiudo gli occhi non vedo le macerie. Ci vogliono 365 giorni per dimenticare una persona, dice mia figlia. E io le credo perché è una bambina intelligente. Facciamo che mi sconto la pena a 300. Ma in questo periodo mi do anche la possibilità di raccontare ancora la mia vita, vediamo se la noto di nuovo e se le cose prendono una piega migliore. Vediamo se dopo mille inciampi sono pronta a rialzarmi.

Moon e il Censore

Sono le nove di una mattina di Agosto, il caldo è vagamente tollerabile, mi sto rimpinzando con un cornetto alla crema e butto qui le mie prime parole per questo blog fantasma, che con moltissima probabilità non si filerà nessuno, ma il concetto a cui sono arrivata è: chissenefrega. 

Scrivo questo blog per eliminare il Censore. Lo voglio uccidere, fare a pezzi, ridirlo in briciole così piccole da poterlo soffiare via con il primo PUF del mattino, e poi dimenticarmi di lui per sempre, sorprendermi tra un po’ a pensare: Censore (grattandomi il mento)… eppure mi ricorda qualcosa, qualcuno, ma no, non lo conosco.

Perché odio tanto il Censore. E poi, chi cavolo è questo Censore. L’immagine che ho di lui è un tizio con delle enormi cesoie in mano, tipo quelle per tagliare le siepi, roba da potatura seria, non forbicine da unghie, che se va in giro nella mia testa a tagliare tutte le mie più belle speranze di scrivere qualcosa di decente. Ha un abito scuro, un volto di plastilina bianca, e non ha pietà: Zac! Taglia l’ispirazione, taglia le storie, taglia addirittura le parole instillandomi il dubbio ortografico ogni tre secondi. Insomma, scrivere con lui nella testa è una vera tortura, è come camminare su un filo a mille metri di altezza. E sotto hai un vulcano attivo, tipo Etna. 

Il perché lo odio ora mi pare abbastanza ovvio: mi blocca. Mi fa sentire Allen Ginsberg mentre scrive L’urlo (cala, cala!), riesco a sentirmi dentro la sua stanza, mentre a fatica scrive i primi versi (Ho visto le menti migliori della mia generazione…) e pensa a suo padre, a cosa potrà dire leggendolo. E si ferma, la goccia di sudore che cala sulla penna, arriva al foglio, allarga una S. E allora ho deciso di fare come lui, pensare: ma chi cavolo lo leggerà mai, un poema? Nessuno! 

E io oggi, una bella mattina di Agosto, ore nove e trenta, pancia piena di cornetto e cappuccino, dico lo stesso: chi mai lo leggerà, un blog, nel mare magnum di blog? 

Ma io, se lo scrivo, frego il Censore. 

Quindi, benvenuti nel mio mondo.