Forse un giorno imparerò

Torno a scrivere dopo una lunga settimana di lavoro che seguiva una lunghissima settimana di lavoro. 

Non so perché, ma ultimamente lavorare mi richiede degli sforzi notevoli. Non mi alzo volentieri, quando sono lì sono meno concentrata del solito, i rapporti con i colleghi li trovo difficoltosi, soprattutto con la Figlia del Capo, che a volte è insopportabile. Il Capo invece è stanco, confuso, sbaglia di continuo. Ho l’impressione che si senta un pesce fuor d’acqua e siccome mi sento così anche io ci deve essere qualcosa che non va. 

Tutti questi pensieri, che mi assillano giorno e notte (ed è il mio maledetto difetto, quando mi fisso su una cosa…) mi portano, la mattina, a guardare sempre e solo annunci di lavoro. Ho, è vero, il Progetto Comune, ma sto studiando poco e le prove sono rimandate a data da destinarsi e io spero sempre che un annuncio salvi la mia quotidianità. 

Eppure so che sono solo io a dover muovere qualcosa, senza dover aspettare che mi scenda giù dal cielo. 

Ed ecco perché, approfittando di un’altra settimana di ferie che avrò a fine mese (sì, lo so, a voi sembra che sia sempre in ferie, in realtà devo smaltire ancora 94 giorni delle suddette, sono più di tre mesi, e un giorno qui e una settimana là non assottigliano affatto la fetta) ho deciso di prendermi tre giorni per me. Me ne vado via, anche se sono ancora indecisa sulla destinazione. 

(E siccome sono solo le nove di mattina di un lunedì e mia madre mi ha chiamato tre volte e mio padre mi ha mandato quattro messaggi, direi che scappo in una terra dove non esistono ripetitori).

Quando l’ho detto a mia madre mi ha chiesto: e l’Amico Speciale cosa dice che vai via da sola?

E che deve dire? Mi deve forse autorizzare? L’ho chiesto a Little, se per lei andava bene, e tanto basta, no?

Quella sua semplice domanda, fatta senza pensare, mi ha però fatto capire delle cose. Che poi ho scritto parzialmente in un commento qui in giro. 

Essere nati e cresciuti dentro la mente del patriarcato a volte ti rene difficile capire che ci sei dentro. Cerco di spiegarmi. Mi sono sempre ribellata all’idea che dovesse comandare qualcuno in famiglia, salvo poi rendermi conto che avevo una famiglia esattamente così. Dove eri già fortunata se tuo marito ti permetteva di, che ne so, fare un corso di scrittura (pagato con i tuoi soldi) o riprendere a studiare (sempre con i tuoi soldi). Queste sono state le parole esatte del padre del mio ex quando l’ho lasciato. Ma dopotutto il suddetto padre ha i suoi anni, insomma è di un’altra generazione. Peccato che anche il mio ex al tempo se ne uscì con una frase simile. E lo stesso fece mia sorella. In quel periodo credevo di essere pazza, nessuno la pensava come me, tutti mi dicevano di restare con mio marito perché alla fine lui non mi aveva mai picchiato e mi aveva permesso di fare quello che volevo. Nessuno che mi chiedesse se l’amassi ancora o lo rispettassi o lui rispettasse me. Addirittura, un conoscente una mattina mi chiese perché avessi la faccia lunga. Dopotutto, disse, hai un bel lavoro, una bella casa, una bella famiglia. Non risposi. Ma mi riproposi di non fare mai quello che stava facendo lui, giudicare una vita senza conoscerla. 

Forse sono stata sfortunata, forse mi sono cercata quello che mia madre mi aveva sempre detto tra le righe di cercare, non saprei. Resta il fatto che ora, purtroppo, sono invece passata sull’altra sponda (o bianco o nero, Moon, giusto?) e non tollero più che mi si dica quello che devo fare. se ho imparato qualcosa dalla storia con il mio ex è stato essere autosufficiente. E lo sono. Non solo, ho cresciuto praticamente da sola Little, per anni l’ho tirata su solo con il mio stipendio e sono arrivata al punto di essere io la donna e l’uomo di casa. 

E quindi l’Amico Speciale perché dovrebbe autorizzarmi a prendermi una vacanza di tre giorni? 

Ora, lui, l’A.S., ovviamente mi dice che esagero. Di lasciar perdere mia madre. Ma io sono approdata all’altra sponda. E a lasciar perdere ho paura di tornare indietro. 

Forse arriverà anche il giorno in cui riuscirò a stare con i piedi in mezzo al fiume, né su una sponda, né sull’altra. Sì. Forse un giorno imparerò. 

Aspettando che smetta di piovere

Ieri sera ho un po’ sbroccato e mi sono ricordata perché il mio acronimo è Moon (QUI). 

Il 2022 è iniziato proseguendo allegramente il 2021, quindi trascinandosi dietro tutto il peso accumulato. 

C’è mia figlia che ha le crisi per un 7 a Fisica (voleva 9, così, dice le si abbassa la media… questo per dire che Gintoki aveva ragione, mi sa, nel suo post), tanto che mi è toccato dirle che se lo rifà la costringerò a non studiare per una settimana. Ma dico, che cazzo! Qualche altro genitore ha mai pronunciato queste parole? Mah.

C’è mio padre, che si lamenta se la badante lo sgrida. Lo fa per il tuo bene, gli dico. Speriamo, fa lui, ma io ci resto male. Mi si spezza un po’ il cuore e gli chiedo per cosa lo aveva rimproverato. Perché non voglio fare la doccia, dice lui, candido. Little sta crescendo, ma un altro figlio ce l’ho lo stesso, di età imprecisata, ma va dai 5 ai 7. Conoscevo una canzoncina, cantata da un gruppo locale di artisti per bambini; faceva: doccia, doccia, tu non sai quanto mi scoccia… dovrò rispolverarmela per proporla a lui, come facevo con Little. 

C’è mia madre, la no vax ora vaxcinata, che non vuole capire che la domenica per è un giorno di guerra, in stile ‘15-‘18, cioè proprio un corpo a corpo, e che poi la sera non è che mi va proprio di ricambiarmi e andare a cena da lei. Lei sfodera la sua frase preferita quando le cose non vanno come dice lei: per me non hai mai tempo, lo sapevo (sottointeso c’è: per tuo padre hai sempre tempo). Vorrei dirle che quando inizierà a farsela addosso andrò a cambiare pure lei, ma come ho già detto con mia madre ho imparato a mordermi la lingua sennò non se ne esce. 

 E poi c’è l’Amico Speciale. Non che lui sia un problema, lo è un po’ la convivenza. Ma nemmeno la convivenza in quanto tale. È il cambiamento. Insomma, dopo sei anni di completa indipendenza, all’inizio alquanto dura, non è facile ricominciare da capo. Soprattutto se, come me, durante la convivenza passata (con il padre di Little) si è sofferto come bestie. Mi ci vuole un bello sforzo ogni giorno per ripetermi che non sarà la stessa cosa. A volte però…capitolo. Soprattutto quando sono stanca. E così ieri sera ho offerto a l’A.S. tutto il repertorio della Nevrotica. Lo avevo quasi spinto a rifare i bagagli. Poi ok, è andata a finire tutto in tarallucci e vino, come diceva mia nonna. Ma mi sento come l’Arno dopo dieci giorni di pioggia ininterrotta. E l’A.S. è lì che mette i sacchi di sabbia sulle spallette, allontana la gente dai ponti, qualcuno fa un servizio in diretta su Canale 50, il livello è pericoloso, se continua a piovere così anche stanotte…, dice la giornalista. E io per abbassare il livello dell’acqua non posso che piangere e sperare che quelle gocce tirate fuoricontribuiscano a ripristinare il livello dentro. Certo va detto. L’A.S. con i lavori manuali è bravissimo e i sacchi di sabbia li sa mettere alla perfezione.

Ora non resta che aspettare che la pioggia cessi. 

A mi madre gustan i no vax

I miei genitori hanno sempre avuto visioni completamente diverse su tutto.

Mia madre adora stare in casa, cucinare, cucire, pulire; mio padre adorava viaggiaare (ormai il suo unico vero viaggio è dal soggiorno alla camera da letto).

Mia madre non voleva avere debiti; mio padre li ha fatti anche per lei.

A mi madre gustan las mujeres; lo mismo mio padre, ma non direi che questo li accumuna…

Mia madre sempre votato a destra; mio padre a sinistra.

Ovvio che anche sul vaccinarsi o meno le loro idee divergono: mia madre è una no vax, mio padre ha venduto l’anima al diavolo per farsi fare la prima dose prima del tempo.

Ora, i no vax sono di molti tipi e ne ho conosciuti assai in questi mesi. Si sa che al bar è un po’ come su Facebook, ognuno crede che la sua idea vada espressa perché rilevante; solo che su Fb di solito trovi più accoliti, al bar le probabilità sono scarse perché i presenti sono pochi e quelli che ascoltano sono uno: il/la barista. 

C’è il no vax terrapiattista, quello che il 5G, quello che il vaccino ci cambia il dna.

C’è il no vax che ha paura del vaccino, perché qualcuno c’è morto e io tanto sto sempre in casa e dove lo prenderò mai.

C’è il no vax che lo fa per scelta ideologica: non lo faccio perché non credo in questo vaccino e poi mi devono mettere l’obbligo. Un po’ come il nostro UAP. 

O ora, proprio come a UAP, è arrivato l’obbligo vaccinale per gli over 50.

La mattina dopo questa ultima novità mando un messaggio a mia madre:

Buongiorno, ora ti tocca, eh!

Nessuna risposta.

Verso le undici rincaro la dose: ma nessun commento?! (notate la punteggiatura da fumetto, che di solito non uso mai se non in casi eccezionali)

Mi dovranno prendere con la forza!, risponde lei. Ci leggo il suo tono dasciopero Piaggio degli anni ’60, in totale contraddizione con le sue idee politiche, ma tant’è.

Guarda che mica ti mandano l’esercito a casa. Ti fanno una multa. 100 euro.

E lì ho toccato il primo tasto dolente. La sua tirchiaggine innata ha avuto un brivido. 

E voglio vedere chi mi trova!

L’Agenzia delle entrate, mamma. Fanno presto a fare controlli, che credi?

Finito questo round cala il silenzio stampa. 

Il giorno dopo ci riprovo, la chiamo.

Ancora insisti?, le dico.

Certo! La multa non la pago! 

E ora lo so che ci ho calcato un po’ la mano, ma ho detto:

poi ti fanno il fermo amministrativo della macchina (see, magari tra 10 anni, ma questo l’ho taciuto). E poi che fai? Non vai più alla posta? In banca? a farti i capelli?  

Ne vale la pena?, ho concluso dopo il suo silenzio. 

Sì!, ha ribadito lei. E ha attaccato. 

Passa un altro giorno. 

Mi chiama e mi dice: fammi un favore, và. Prenotami ‘sto cazzo di vaccino…

Oh, hai cambiato idea? 

E qui scopro chi le ha dato il colpo di grazia: mia sorella che doveva andare a cena da lei con tutta la famiglia, ma poi le ha detto di no perché circondata da positivi. 

E quella stronza ha detto che lo fa per me!, ha detto imbelvita. 

Non replico quasi mai da ormai diversi anni quando mia madre le spara grosse così. E neanche mi sognerei di difendere mia sorella, visti inostri ultimi trascorsi, ma stavolta…

Comunque nulla, si è calata le brache davanti all’idea di non poter più vedere le nipotine (di mia sorella, che di Little non mi chiede quasi più…)

È finita anche la sua era no vax. Venerdì la porto con me all’hub della Cittadina e, mentre io mi farò la terza dose, lei usufruirà dell’Open day. Un viaggio, due servizi. 

E se è vero che dovrò sentirla bubbolare ancora per molto, è anche vero che ora, per non venire da me al Ristorante, non ha più questa scusa. 

E ora un piccolo omaggio. per completare la mia citazione…

Guida a un cervello sotto stress

Avevo bisogno di un’ora per me. Ecco perché sono qui.

Il mio momento zen, il mio bagno con bomba Lush, la mia Yankee Candle, la mia coperta di lana merinos, il mio prato fiorito, la mia cioccolata calda…

Avete capito, no?

le mie settimane si stanno ingolfando (tutto prevedibile e previsto) dal trasloco di mio padre dalla Città di mare al mio piccolo paese in mezzo ai lupi (attenzione: i lupi ci sono davvero, lo ha detto il comune limitrofo con un messaggio WhatsApp a tutti i cittadini. Perché qui, sì, si può fare di un intero comune un gruppo WhatsApp, tanto sono pochi i residenti).

Il trasloco è stato carino. Un inferno Dantesco nella versione Disney (non so se avete presente: Paperino/Dante e Paperoga/Virgilio). La ditta che avevo chiamato ha fatto un ottimo lavoro, i ragazzi erano solerti e simpatici, nonostante la tragicomicità della cosa (un anziano un po’ rinco che deve traslocare in fretta e furia e nemmeno riesce a decidere cosa portare e cosa lasciare), alla fine mi sono fatta anche qualche risata e due foto buffe con i traslocatori. 

La padrona di casa di mio padre è decisamente più rinco di mio padre stesso, nonostante abbia 20 anni meno. E quindi ha rischiato (da parte mia) il linciaggio per cose tipo questa:

GIORNO PRIMA DEL TRASLOCO- ORE 11.00. CONVERSAZIONE WHATSAPP.

IO: Scusa, E., ma la caldaia non funziona. Ma l’avevi provata?

LEI: Non funziona? Oh, ok. chiamo il tecnico.

IO: sì, ma domani c’è il trasloco, sono 2 settimane che lo sai. Potevi provarla… e poi dov’è il termostato?

LEI: oh, ok. quello non c’è.

IO: …

LEI: ma domani si fa tutto, tranquilla.

La gente affitta senza sapere cosa cazzo sta affittando. 

Alla fine della fiera (locuzione credo interamente locale) la mattina del trasloco c’era tecnico della caldaia che faceva la revisione e l’idraulico che installava il termostato. Mettici i due ragazzi del trasloco, io, la padrona di casa e mio padre…beh, quell’appartamento non vedrà mai più tutta quella gente in una botta sola. 

Comunque mia sorella è stata di grande aiuto, alla fine. Le ho chiesto di fare solo una cosa, ovvero staccare il televisore e porgerlo ai ragazzi. Lei lo ha fatto. Dimenticando di staccare anche il cavo dell’alimentazione e non prendendo il telecomando. 

Sono felice che sia passata già una settimana. Sennò avrei continuato questo articolo inveendo per tutto il resto dello spazio virtuale contro di lei. Ma io sono fatta così: mi incazzo, mi incazzo, ma alla fine mi passa sempre. Solo che faccio delle tacche. Non è che dimenticherò, niente affatto. 

Mio padre si sta ambientando alla riduzione delle sue possibilità. Tutto è più piccolo, intimo e silenzioso, qui. 

Da parte mia sto disperatamente cercando un sistema per non dovermene occupare day by day come se fosse un terzo figlio (prima figlia: Little, secondo: l’Amico Speciale). Quindi ci passo, almeno un’ora, tutti i giorni (suona contradditorio? La frase non torna? Marzullianate, gente, Marzullianate).

Quello che trovo devastante è la mia incapacità di difendermi dalla mia mente. Nonostante il triste tentativo Mindfullness non ho imparato un cavolo. E mi ritrovo sveglia alle una di notte a pensare a milioni di liste di cose da fare, possibili soluzioni da trovare. Per cosa? Per tutto: dalle cose pratiche che riguardano mio padre alle cose morali che riguardano me e la mia Little Family con Little Boss, dall’Amico Speciale al lavoro, dagli amici che non sto più chiamando a mia zia, che quando chiama ci vogliono 3 ore di tempo…

Staccare la spina mi risulta sempre più difficile, pena (secondo la mia mente contorta) l’inefficienza che tanto viene vantata di questi tempi quasi da tutti (questa ragazza è un treno!, Ma tu sai tutto! Ma sei bravissima!). Poi, ovvio, ci sono i detrattori, come mia sorella: ma che credi, che ti faranno santa se ti prendi cura di lui? (mio padre, ndr).

Quindi, nel cuore della notte, mi attanaglia anche questo quesito: 

per chi sto facendo tutto questo? Per me stessa? Per non avere rimpianti o rimorsi? O per lui, che sembra un bambino di 150 chili? Lo faccio per dimostrare agli altri qualcosa? O perché so che moralmente è giusto farlo?

Vi ricordo che mio padre non è mai stato uno dei migliori, di padri. Me ne ha combinate tante, mi ha incasinato la vita da quando avevo meno di 20 anni. 

Ma dopotutto, come dico sempre, è sempre mio padre…

Anche io ho sbagliato e sbaglierò come madre. E vorrei che Little Boss fosse un po’ come me, una di quelle che si arrabbia, si arrabbia, ma alla fine passa tutto. 

Allora lo faccio anche per questo? Per mandare un messaggio a Little? 

Sì.

Forse sono un po’ stressata…