La mattina di solito sono un bradipo.
La mattina sono lenta, ho sonno, la caffeina deve entrare in circolo per benino prima che il neurone si attivi.
La mattina non è il momento migliore per scrivere, per me.
Ma questa mattina è diverso.
Perché devo dire come ha funzionato ieri.
Dopo gli strani e contraddittori comportamenti dell’Amico Speciale del fine settimana, gli mando un messaggio e chiedo: come devo comportarmi, quindi? Ci salutiamo e basta? Posso mandarti messaggi? Posso invitarti a cena se mi va? O sono di nuovo la kriptonite eccetera?
Fai come vuoi, risponde.
E siccome come voglio è che nella mia vita, nel mio Cerchio, lui non ci esca, lo invito a cena se non ti crea disagio.
Va bene,risponde.
Sono di nuovo fuori piazza. Chiedo ancora: hai capito che ti sto invitando qui a cena e che la serata non prevede sesso o altro, vero?
Sì, ho capito, risponde.
Quindi vieni a cena?,insisto.
Avevo già detto di sì. Vuoi una conferma tramite Pec?
Ma no, mi basta la doppia affermazione.
Quando mi chiama per sapere se può salire ha una voce che riconosco bene. E quando sale le scale riconosco pure la camminata. È incazzato. Lo conosco da quasi vent’anni, mi preparo a un’altra dose di merda. Penso che se è venuto a cena solo per questo dopotutto lo posso accettare, ma non potrò farlo per sempre.
Il mio istinto non sbaglia e iniziamo a discutere. Non litigare come venerdì, niente toni alti, ma non sono nemmeno le sette che quasi quasi lui decide di andare via. Penso che posso accettare anche questo, e glielo dico: per me va bene se resti, ti ho invitato io, per me va bene se ci vediamo, ti voglio bene, devi decidere tu, però. Sai come stanno le cose. Sai che vedo un altro. Sai anche che se vedo un altro tra noi non può essere come prima.
E qui gli scatta il nervo:prima pensavo che tu fossi mia.
E su questo in effetti abbiamo sempre avuto visioni diverse. E il bello è che non ce lo siamo mai chiarito, questo punto. E il buffo è che siamo costretti a farlo ora, che le cose tra noi finiscono.
E per la millesima volta cerco di fargli capire il mio punto di vista e lui di farmi capire quanto male gli abbia fatto.
Parliamo ancora un’ora.
E poi.
E poi non lo so.
E poi non lo so come le cose siano cambiate.
Ma cambia tutto. In un attimo. Lui inizia a ridere. Mi prende in giro e mi dice: sai come ti ho messo in rubrica? Monica Merda. Mi faccio mandare lo screenshot, non ci credo, ridiamo ancora, alla fine abbiamo fame e mangiamo e dopo cena siamo sempre lì a scherzare, come abbiamo sempre fatto, gli racconto di Ale, del lavoro, lui mi racconta di suo fratello, del lavoro, e siamo di nuovo noi fino a che poi non dice: ho capito.
Cosa?
Tu non preoccuparti, ho capito. E poi: grazie.
Ma no, non mi basta, anche io voglio capire. Insisto.
Voglio far parte della tua vita, mi dice. Non riesco ad essere incazzato con te. Non mi fa bene.
Per una volta pare che concordiamo.
Ma poi aggiunge: digli al tizio con cui ti vedi che se però ti tratta da schifo vado lì e lo schiaccio con la macchina.
Ok.
E se ti vedo con un occhio nero lo stesso, vado lì e lo schiaccio con il pullman.
Beh, se mi vedi con un occhio nero sei autorizzato a farmi nero l’altro perché ho permesso che qualcuno mi facesse l’occhio nero, rispondo.
Ma è un controsenso, dice.
Lo so.
Io sono un controsenso.
E io non lo so cosa ha davvero capito. Non lo so se domani tornerà ad essere incazzato. Ma lo vedo che stasera è felice e me lo dice. Mi ringrazia altre mille volte, se ne va sorridendo.
Penso che vedrò come vanno le cose. Ma se vanno così sarà perfetto.
Alle 6 stamani mi manda un messaggio: giorno 1: nessuna tempesta in arrivo. Ci sentiamo più tardi.
Allora forse non è impossibile, mi dico.
Allora forse c’è ancora Speranza.
Allora forse non sarò costretta a perderlo.