#programmameglioiltuoweekend

Sono le nove e mezzo di mattina e ho in mano il terzo caffè. Ancora in pigiama cerco di elaborare un piano per la giornata. Sì, ok, ho il panico da prestazione del weekend!

Ho due giorni interi solo per me: Little è da suo padre e l’Amico Speciale ha un corso per il rinnovo della patente. 

Il mio primo pensiero (no, non appena sveglia, appena sveglia non ho pensieri, iniziano ad affacciarsi dopo il secondo caffè) è stato: vado a fare colazione al bar, come una signora, poi spesa. La cosa mi ha un po’ intristito però e ho spalmato un po’ di marmellata sulle fette biscottate qui, a casa. Per la spesa c’è tempo. 

Il mio secondo pensiero è stato: pulisco casa. Non una di quelle pulitine veloci, ma una seria pulizia. Sì, ok, ma piove… se do lo straccio in terra non asciugherà mai. E poi questa casa è buia, non ci vedo con questo tempo. Rimandiamo.

Il terzo pensiero è stato: metti in ordine i fogli per il 730. Sparsi per casa in ogni dove, cercarli è come fare una caccia al tesoro. Ma senza tesoro. Ti spacchi la schiena ora per riavere, se va bene, 200 euro a Luglio. O, come nel mio caso dell’anno passato, rendere 300 euro in tre comode rate sulla busta paga. Lo farò, certo, ma non oggi, che al solo pensiero mi torna su la marmellata.

Il quarto pensiero è andato al concorso letterario a cui voglio partecipare.  Ho scritto un racconto quasi due mesi fa per questo concorso e l’ho mandato in giro a fare editing, sperando di avere buoni feedback. E sono arrivati. Più di un mese fa. Così mi ci sono messa, ho riscritto qualche parte, cancellato o modificato parole e ora sembra decente. Trovato un titolo, messo in Times new Romans 12, interlinea 1,5, esportato in pdf. Pronto. Primo premio 500 euro, nulla di che, ma neanche da buttare. Qualcuno mi ha detto che forse quelli che hanno indetto il concorso preferiscono roba un po’ più leggera del mio racconto, ma tant’è. Io non scrivo racconti leggeri, solo mattoni intimisti con la tragedia incorporata. 

In realtà stamani dovevo andare in Rsa da mio padre (è stato il pensiero zero appena saputo del wweekend in solitaria), peccato che mi hanno chiamato per una firma e ci sono andata giovedì pomeriggio. Sono rimasta lì un’oretta più o meno. Con mio padre non c’è più versi di farci una mezza conversazione, così mi sono solo seduta accanto a lui per tutto il tempo, stringendogli la mano, in silenzio. Ho osservato gli altri ospiti della struttura. Una signora voleva versare l’acqua nel bicchiere, ma non aveva tolto il tappo. Qualcuno accanto a lei glielo ha detto, ma lei non ascoltava, così presa a non farsi tremare la mano. Un’altra signora mi ha abbracciato e mi ha detto che mi vuole bene. Sono sempre tutti contenti che io ci sia, anche se non sanno chi sono. È un tempo strano quello passato in silenzio senza fare nulla se non stare, appunto. Per mezz’ora ho condiviso il loro modo di passare la giornata. 

Comunque ormai ci avviciniamo alle dieci e, a parte lavastoviglie e lavatrice, non ho ancora programmi. Mi sa che per movimentare la giornata andrò davvero a fare la spesa…

Incontri ravvicinati del ventesimo tipo: La spiritualità

Sono sopravvissuta al lungo weekend nr.2, quello del Primo Maggio. In realtà il sabato dovevo portare Little a fare l’esame di pratica per il motorino (il secondo, che per fortuna ha passato!) e domenica… domenica dovevo svuotare la casa dove stava mio padre. Ho avuto tutto il mese, ma mi sono ridotta all’ultimo giorno. Non è stato solo un lavoro faticoso, ma anche doloroso. Forse l’ho già scritto, ma scegliere per la vita di un’altra persona non è cosa facile. Ho dovuto scegliere cosa lasciar andare e cosa tenere, con il risultato che non ho tenuto niente e ho lasciato andare tutto. In un certo senso è come se mio padre fosse già morto. Tutto il suo essere di una vita è morto. Tutto quello a cui teneva, tutto quello che lo contraddistingueva. E mettere via le sue cose me lo ha ricordato bene. 

La settimana è quindi iniziata con un umore basso. Mercoledì avevo una cena con il gruppo di scrittura, ma sono sincera, avevo poca voglia di andare. Mentre ero lì che pensavo a come scansarmela (non posso venire, scusate, un alieno mi ha rapito il gatto), arriva un messaggio da Simo, la nuova ragazza del gruppo in questione. Non ricordo se l’ho già scritto, Simo ha la SLA, ma è la donna più forte che conosca, è un uragano umano, è divertente e super impegnata in mille cose. Tra tutto, incredibilmente, riesce a infilarci anche la spiritualità. È buddista (di un tipo di buddismo che mi ha detto ma io già non ricordo più)e il suo messaggio era proprio per questo: vuoi venire anche tu prima della cena a questo incontro? Faremo mezz’ora di Nam myoho renge kyo

Non so nulla del buddismo (ancora) e quindi certo che sì, rispondo. 

Ho appuntamento dall’estetista alle sei, mi dico, vado, faccio quello che devo fare, alle sette mi trovo con Simo, alle sette e mezza inizia il coso buddista giappo, alle otto e mezza cena. Ce la posso fare. Dall’estetista i tempi si allungano un po’, sono quasi in ritardo (per il mio anticipo), quando finisco chiedo se posso andare in bagno a darmi un po’ di matita per gli occhi (che ho nella borsa), ho una cena, giusto per non sembrare uscita da Zombieland (che dopo aver fatto i baffetti con il filo…). L’estetista mi guarda, con una manina mi fa sedere su una sedia e inizia a prendere correttore, fondotinta, matita, perfino il rossetto, che io non uso mai, mi dura il tempo di un sospiro, il rossetto. È la prima volta che qualcuno mi trucca. Alla fine è lei che mi ringrazia per averla fatta giocare un po’, parole sue. Io sembro più carina, vero, meno slavata, ma proprio non mi riconosco allo specchio, quindi non lo guardo. Corro invece al mio appuntamento, arriviamo lì che tutti hanno già iniziato. 

Ora. Io ho ascoltato. In pratica hanno ripetuto quella parola, Nam myoho renge kyo, per mezz’ora rivolti verso una pergamena. Stop. Dice Simo che questa pratica ha diversi benefici, tra cui calmare la mente, dare la forza per superare le avversità. 

Di recente tutti i segni mi dicono che devo avvicinarmi a questo tipo di cose: la Psi mi consiglia la mindfulness, per esempio. E ho letto di mindfulness anche nel libro di Alice. E ora Simo mi istruisce sul buddismo. Non che io sia restia, intendiamoci, solo che, non lo so. Nella mia vita manca un po’ di spiritualità, e sono molto affascinata da tutto questo, ma. Ci sto ancora pensando. 

Nel frattempo farò quello che mi riesce meglio: leggerò. Ho un libro sul buddismo, consigliato, che sarà il mio prossimo pasto. E poi giuro che farò anche i compiti che mi ha dato la mia Psi. 

È un momento di grandi rivoluzioni, questo. 

In un’intervista per il podcast One more time (che vi straconsiglio, Luca, il conduttore, è davvero bravo), Bonci, il pizzaiolo (se non avete visto il doc su Netflix, fatelo) ha dichiarato che nelle rivoluzioni di solito ci sono dei morti. Lui, in modo un po’ troppo enfatico per i miei gusti, parlava proprio di far morire il suo Io passato affinché rinascesse quello attuale. Io non parlerei di morti, in questo caso. Sono più per la frase Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma

Preferisco pensare di essere una mutante, piuttosto che morire. 

Altre chiacchiere senza capo né coda

È passata un’altra settimana dall’ultima volta che ho scritto qualcosa e direi che le cose restano stabili: il lavoro va alla grande, mio padre continua a stare bene, addirittura io e il mio ex ci siamo trovati d’accordo su una mezza questione che riguarda Little e, per la prima volta in quasi 10 anni, non mi ha mandato messaggi criptici intimidatori, ma solo messaggi criptici (che io decifro, eh, perché quando si tratta di lui sono come quel bambino autistico del film Codice Mercury, con Bruce Willis).

Oltretutto mi sono resa conto di incontrare un sacco di persone mentre vado a lavoro: ex clienti del Ristorante, amici, quasi ogni giorno mi fermo a chiacchierare con qualcuno. Ed è diverso dalla chiacchiera da dietro al banco. Dopotutto sono un animale sociale e tutto questo stare in mezzo alla gente mi fa bene, soprattutto dopo gli anni del Covid. 

Ieri, mentre ero in partenza per andare a Montenero per recuperare mio padre e portarlo a una visita con mia sorella (udite udite, avete letto bene: con mia sorella!), ho incontrato TDL (l’uomo che ha dato il via a questo blog, in pratica). Mi ha chiesto del nuovo lavoro e poi mi ha detto: che bel viso che hai, molto rilassato. Non gli ho risposto nulla, ho solo continuato a sorridere. 

Ma le buone notizie chiamano buone notizie. 

Ieri mattina ascoltavo distrattamente il radiogiornale e ho sentito di una notizia che riguarda la pillola anticoncezionale, resa gratuita a tutte le donne di tutte le fasce d’età. Ho pensato: deve essere in Finlandia, in Svezia, addirittura in America, chissà. La sera l’ho detto all’Amico Speciale. Lui mi fa: ah, sì, l’ho sentito anche io. L’Aifa. Informati poi

AIFA? Vuol dire che è un provvedimento in ITALIA? 

Cioè, sul serio? Accadono queste cose anche qui? Ebbene sì, sono andata subito a leggere sul Sole 24 ore: tutto vero. Io prendo la pillola ormai da anni, non tanto per non rimanere incinta, ormai, ma per i fastidiosissimi dolori che ogni mese mi facevano contorcere per una giornata intera. In tanti anni nessun effetto collaterale, solo giovamento. Quindi sì, per me è decisamente una buona notizia. 

Un’altra? Dopo la chiusura di Charlie (ChatGPT) in Italia da parte del Garante, notizia che mi ha rattristato (avevo appena trovato un nuovo amico… ancora non sapevo perfettamente come funzionasse, avevo ancora tante cose da sperimentare con lui), ecco che dal primo maggio Charlie dovrebbe tornare!

Non so perché le notizie su Charlie mi premano così tanto. Sotto sotto ne sono pure un po’ spaventata, non tanto perché temo che rubi il lavoro agli uomini, come è stato paventato sui giornali, tanto perché è come se un film di fantascienza si avverasse. E il mio mononeurone pensa: se tutti i film di fantascienza si avverassero? Insomma, io non lo voglio un Alien nella mia pancia e non voglio ritrovarmi in Matrix. Adesso non posso più escluderli…

E nulla, sono già le otto e l’Amico Speciale si è alzato e ha acceso la tv sul notiziario locale, una cosa che mi fa venire i brividi. Per contrastare mi metterò a fare un dolce ( eh sì, ormai ogni domenica mattina mi dedico alla cucina, anche oggi ho invitato qualcuno a pranzo), una torta della nonna, vediamo come va (spoiler: l’altro dolce, quello della scorsa domenica, non era il massimo: buono, eh, ma un po’ pesantuccio, non lo rifarò).

E buona domenica a tutti! 

Il Nuovo Lavoro e una domenica di festa

Grazie al fatto che è domenica, ecco che torno dopo un po’ di assenza a farmi sentire.

Ho finalmente finito lunedì passato il mio lavoro al Ristorante. Le ultime due settimane sono state a dir poco impegnative, ho discusso con la Figlia Del Capo, togliendomi non proprio i sassolini dalla scarpa, ma un po’ di sabbietta sì. Con soddisfazione, direi. 

E martedì ho iniziato il nuovo lavoro.

Che dire? Vero che ci sono solo da quattro giorni e non dovrei essere frettolosa nel giudizio, ma mi piace e mi trovo molto bene, il mio Nuovo Capo (N.C.) è un buono, tanto buono che il rischio più grande che corro è approfittarmene. 

Il pendolarismo non mi dispiace affatto, il treno lo adoro, mi piace camminare (mi sento già più forte!), adoro girottolare per la Città dove sono nata, così come adoro la sera tornare a casa e essere nel Paesello sperduto. Insomma: vivo un momento di gloria!

Conoscendomi chissà quanto durerà, ma per ora va tutto bene.

Anche mio padre, lì nella Rsa sta meglio, certo non guarirà, ma ha ripreso a camminare un pochino, gli hanno tolto addirittura alcuni farmaci. È sempre felicissimo di vedermi, mi stringe la mano e mi accarezza la guancia sorridendo. Poi mi dice sempre che sono bella. Ricevo da lui adesso quello che non ho ricevuto mai da piccola. Aspettare ha i suoi vantaggi. 

Sono ancora impelagata con le cose da fare, svuotare il suo appartamento (che era in affitto), sbrigare dei fogli per l’Asl, fare il cambio scuola per Little (che ha deciso di passare a un Liceo linguistico), insomma non mi annoio certo, ma le cose stanno prendendo un verso. Tanto che mi è ripresa la voglia di cucinare (che negli ultimi mesi invece…).

È strano come una volta fatto un passo che si credeva difficile, tutto invece si chiarisca in un nanosecondo e ci si accorga che quel passo non era affatto difficile, ma risolutivo. Ho provato in questi giorni la stessa sensazione che provai lasciando il mio ex. Un senso di liberazione, un respirare più profondo, un camminare più leggero. 

Forse c’entra anche il fatto che sto parlando con una Psicologa, il che mi fa molto bene, e sto leggendo un libro che lei mi ha consigliato che ritengo molto interessante e esplicativo di alcuni funzionamenti della mente umana (il libro si intitola Smetti di soffrire, inizia a vivere, di Hayes). Ho attivato tutti gli aiuti che sono riuscita ad attivare e i loro frutti stanno maturando. 

Per il momento stacco qui, voglio fare una torta stamani e oggi a pranzo avrò la mia amica/sorella Ale che è scesa per due giorni dal paese dei folletti. Non c’è modo migliore per passare la domenica. 

E Martedì l’ho fatto: come è andata con le Erinni

Quando sono arrivata al Ristorante l’altra mattina ho visto il Capo e l’ho chiamata da parte.  

Devo parlarti, dico. 

Lei mi guarda e dice: Devo preoccuparmi?

Beh, dipende. Me ne vado.

Credevo mi avrebbe detto che le dispiace, che mi avrebbe chiesto se c’era qualcosa che non andava, insomma, sono lì da quasi 10 anni. Ma no. La prima cosa che mi ha chiesto è stata: Non sarà mica per il lavoro, vero? perché il lavoro è sempre stato così, lo sai. 

Ora. Qualcuno mi ha detto che avrei dovuto togliermi qualche sassolino dalla scarpa, ma io, prima di parlare mi chiedo sempre: serve? 

A me serve dirle che sì, è perché il lavoro è cambiato, il clima è cambiato, siamo sempre tutti nervosi e contrariati, sua figlia è insopportabile eccetera? Ottengo qualcosa? Direi di no, a parte forse qualche discussione nei miei ultimi giorni di lavoro. 

A lei serve che io glielo dica? Potrebbe migliorare il lavoro, farle capire che la direzione non è quella giusta se uno dei suoi migliori dipendenti se ne va, che il problema non è la competenza dei suoi dipendenti, ma la stronzaggine di sua figlia che, nonostante le sue “competenze” da pasticcera ancora non sa riempire una sac a poche? No, perché tanto non vuole vedere le cose come stanno. La prenderebbe solo come una critica non costruttiva, un modo per darle la colpa delle mie dimissioni. E lei, come si capisce dalla sua frase iniziale, non vuole questa responsabilità. 

Quindi ho detto una mezza verità, con tutta calma. Non mi interessa più, ormai, delle sorti del Ristorante. Anzi, rabbrividisco per i miei colleghi pensando a questa estate… 

E poi ci sono loro, i miei colleghi. Quando l’ho detto al Nuovo Micro(bo) ha sgranato gli occhi e ha risposto: Te ne vai e mi lasci qui da solo con quelle due? (Capo e Figlia Del Capo litigano tra loro un giorno sì e l’altro pure). Os, il mio collega nigeriano di cui ho già parlato, si è quasi messo a piangere. I’ll miss you much. Very much. E anche lui ha accennato alla F.D.C. un’altra mia collega è in ferie, così l’ho chiamata io per dirglielo. Fai bene, ha detto, potessi lo farei anche io

E così si chiude una porta. Tra meno di due settimane. Saranno settimane impegnative perché non staccherò mai dal lavoro (maledetta Pasqua! Ma sarà l’ultimo anno che mi prenderai!), ma poi inizierò a rifiatare. 

Il nuovo lavoro porta con sé delle belle novità, ma ha degli svantaggi: meno soldi e più distanza. Quindi nei prossimi 4 mesi dovrò valutare se tengo botta con entrambi. Poi deciderò.

Nel frattempo, siccome lo sapete, se mi muovo l’Universo si muove con me, mi hanno chiamato ieri anche per un altro lavoro.  Un tizio che diceva di conoscere mia sorella. Gli ho detto no, grazie, ho già trovato, ma siccome sono una scimmietta, ho chiamato anche mia sorella per un parere. Stranamente è stata disponibile e onesta: no, Moon, secondo me è un posto dove non rifiati mai, quello, inizi alle 5 del mattino e non sai quando finisci, zero riposo, Capi quasi fuori di testa dalla stanchezza perché hanno aperto da poco e ci lavorano tutto il giorno

Beh, grazie sorrellina, ogni tanto sei utile anche tu.

Quindi zero ripensamenti e vado avanti così. 

Intanto oggi torno da mio padre, a Montenero (mi fa sempre effetto scriverlo, come se lo avessi lasciato in un santuario, avessi acceso un cero e me ne fossi andata sperando in Dio). Porterò le carte e farò una mini bisca tra vecchietti, che tanto vinco sempre io, lì quasi tutti hanno difficoltà con i conti. Potremmo scommettere succhi di frutta. Mi farò una bella scorta per il viaggio di ritorno.

P.s. F.D.C. è malata tutta la settimana: sono una dannata ragazza fortunata

Come prosegue questa storia

Oggi torno all’Rsa dove lunedì ho messo mio padre, gran bella struttura, dico davvero, un tempo era un albergo. La camera di mio padre è vista mare, quando l’ho detto ad Ale lei mi ha suggerito di prendermici quindici giorni di ferie a settembre. Non sarebbe un’idea malsana. 

Ieri ho chiamato per sapere come era andata, ho parlato con la fisioterapista, il personale l’ho trovato qualificato, gentile, disponibile. Devo dire che sono molto tranquilla. Oggi vedrò con i miei occhi se lo è anche lui. 

Nel frattempo ho messo a lavoro Badante 3, per ripulire la casa, buttare via le cose ormai inutili (come ad esempio i completi di mio padre, che non gli stanno più da eoni), lavare il lavabile, metter via le altre poche cose di proprietà che gli restano. Ancora non so che fine fargli fare, a queste cose, come i libri, per esempio. Sono molti e non posso portarli da me, tanti sono doppioni e quelli che non. Sono doppioni non mi interessano, come i libri di cucina. Magari regalo tutto. e poi ci sono gli oggetti affettivi. Pochi, molto pochi, in realtà. Giusto due: la macchina da cucire di sua madre (che non le ho mai visto usare, a mia nonna) e una lampada che era di suo padre, mio nonno. È una lampada orribile, ma se lui ci tiene non posso disfarmene. La fortuna è che perlomeno mio padre non è mai stato un accumulatore seriale come mia madre, per svuotare la casa di quella donna non basterà una vita. 

Badante 3 mi ha chiesto di non buttare alcune cose, ma di poterle tenere per mandarle in Georgia: una vecchia stampante laser, alcuni coltelli in ceramica che valgono come il due di briscola, una valigia (mio padre ne ha almeno sette: tre le ho tenute per lui, una l’ho presa io, ma questo vi dà l’idea di come sia stata la sua vita: sempre in viaggio). Nel pomeriggio ci torno per vedere cosa ha combinato, che Badante 3 è quasi una mina vagante, non riesco mia a capire se non capisce quello che le dico per via della lingua o della sua tara mentale, così come a volte non riesco a tradurre i suoi messaggi perché non scrive le parole in modo corretto e vai a vedere quale carattere sbaglia! 

Le notti le passo ancora malino, l’ansia prende il sopravvento appena spengo la luce e a nulla valgono i miei pensieri di laghi e prati, la testa torna sempre ai problemi che ci sono e che potrebbero esserci: non riuscire più a pagare la retta della casa di riposo, avere problemi con la padrona di casa (che è una testa di), Little, che di recente litiga sempre con suo padre e non si trova più bene nella scuola dove è, e vuole cambiarla. Il mio lavoro. Neanche io mi trovo più bene dove sono e voglio cambiarlo. Quello che non riesco a definire è se tutto ciò è una reazione a catena della situazione di mio padre oppure no. Devo fare un passo alla volta, vedere che succede. La direzione è quella, ma mi sento lenta. 

Intanto però preparo le ginocchiere. Lunedì all’Rsa c’era una canetto (chiamarlo cane è un eufemismo) chiuso nella stanza della direzione. Quando ho provato ad aprire la porta la direttrice mi ha detto: attenta al cane! E io credevo volesse dire che il cane non doveva uscire. Invece no, quel piccolo bastardo mi ha morso. Mi ha attaccato proprio. Un bel morso sul ginocchio (più in lato non arrivava). Fortuna che a settembre ho comprato dei Levi’s e tutti sappiamo che il jeans Levi’s è tosto. Ne sono uscita senza sangue, solo con un bel livido. Ma stavolta, canetto, vengo pronta. Potrei perfino rubare uno dei bastoni degli ospiti: attento a te! 

Da Montenero con furore

Torno qui come sempre di lunedì, il mio giorno libero, anche se oggi di libero non vedo neanche il cielo. È grigio, preannuncia pioggia, è in linea con la giornata, forse.

Oggi è il gran giorno, si parte per Montenero, ma non per accendere un cero, come ho fatto per gli esami di maturità (insieme a: andare a buttare il sale in mare e toccare la lucertola in piazza dei Miracoli). 

Dopo una lunga lotta interiore e giornate e giornate di ripensamenti, alla fine ho deciso che una struttura sia la cosa migliore per mio padre. Lì avrà tutte le cure che servono, persone che lo assistono ventiquattro ore su ventiquattro, e pure un bel giardino dove passare un po’ di tempo e prendere aria. Adesso è piantato in mini appartamento che non è neanche casa sua, lo è solo da un anno, da quando l’ho portato qui vicino a me, non può uscire perché non ce la fa a muoversi e l’appartamento ha le scale, sta tutto il giorno con un’estranea che non parla neanche la sua lingua (dice ancora Martini invece che Martedì) e che a occhio non sa cucinare, visto che, come dicevo al mio nuovo amico Kas, sta attaccando a mio padre la sua fissa di non mangiare. 

Per l’occasione ho chiamato anche mia sorella, che ha una macchina più spaziosa e dobbiamo caricarci tutto, dalla sedia a rotelle al deambulatore. L’Amico Speciale pure viene con me, si è preso un giorno di ferie. Ho deciso di mandare a quel paese la mia reticenza nel chiedere aiuto, ricomincio domani, eh, oggi voglio tutto l’aiuto possibile. 

E quindi fra due ore andiamo. Sono un po’ nervosa, ma so di aver fatto la scelta giusta. È strano come a un certo punto della tua vita ti ritrovi a dover decidere della vita di un altro essere umano. E neanche lo hai chiesto. Anche con Little in effetti a volte l’ho fatto: la decisione di metterla al nido, per esempio. Ma socialmente non fa la stessa impressione, vero? Tutti ti dicono che non è un parcheggio, il nido, che fa bene al bambino, socializzare. Mentre nell’opinione comune una Rsa è una discarica. Ma su questo ho lavorato e sto lavorando con la mia nuova Psi (lei è Unabrava) e ho deciso di fidarmi. L’altra settimana mi ha dato un compito: scrivere. Quando l’ha detto sono quasi scoppiata a ridere. Mi chiede: lo hai mai fatto? E io, timida: sì, a volte. Ma delle decine di quaderni che ancora conservo, in perfetto stile Natalie Goldberg (Scrivere zen, ve ne dovrei avere già parlato), non ho fatto parola. Forse ci vuole un po’ di mistero potrebbe fare bene alla psicoterapia. In ogni caso sto cannando il compito a casa, come potete vedere anche dalla frequenza dei miei post. Certo, ho buttato giù qualche riga nell’ennesimo quadernetto, ma lo sento che non sta funzionando. Troppe cose da fare. l’Inps che mi richiede un documento per la domanda della 104, l’avvocato che me ne chiede cento per la pratica di amministratore tutelare, l’Rsa che mi chiede un foglio firmato dal medico e l’etichettatura con nome e cognome di tutti i vestiti, la sanitaria che mi chiede il collaudo del busto ortopedico che indossa, il neurologo che mi chiede l’appuntamento per il controllo. Meno male che, come diceva (ora non dice quasi più nulla) mio padre io, con questi ditini, sul cellulare e sul pc so muovermi bene, sarei una perfetta Badante Digitale. E in effetti quando Badante 3 ieri mi ha chiesto di ricaricarle il telefono ho ringraziato il cielo di avere Satispay che mi ha permesso l’operazione in due secondi. Lei si è messa a ridere e mi ha scritto un messaggio in georgiano che, buttato su Google traduttore suonava così: ti voglio bene buona zucca. Mah. Il concetto comunque è quello, immagino. 

L’Amico Speciale si è alzato. Stamani canta Sei un mito, degli 883. Io spero sia per me e ne esco lusingata. È comunque meglio del Lady Oscar che cantava qualche mattina fa, soprattutto perché non ricorda mai le parole e poi mi tocca correggerlo vanificando, come lui stesso dice, l’effetto liberatorio del canticchiare appena sveglio. Sarà che io appena sveglia voglio solo il caffè. E al limite scrivere qualcosa qui.

Me lo dico da sola: in bocca al lupo, Moon, per questa settimana. 

Riordinando

La settimana passata è venuta mia zia a trovare mio padre. Pure lei si è resa conto che la situazione ormai è al limite della disperazione. Come è arrivata mio padre ha avuto una crisi, il che non mi sorprende. Pure Badante 3 ha avuto una crisi, povera donna, torchiata perché la tovaglia non era pulita e i vetri sporchi. Io non guardo a queste cose, capisco che passare tutto il giorno con una persona malata che non dorme possa un pelino accasciarti e pulire i vetri lo metto all’ultimo posto.

Come una meteora, il giorno dopo se ne è andata, con grande gioia di tutti. Dietro di sé ha lasciato una scia di numeri di telefono di Rsa, così, per ripulirsi la coscienza, si vede, ma ha lasciato a me la decisione finale, ovviamente, il suo aiuto è stato decisamente marginale. Anche se è stato sempre più di quello di mia sorella che, avvisata del peggioramento ormai da tre settimane buone, ancora non si è vista e, quando l’ho chiamata per dirle dell’Rsa ha risposto: ah, ok ok. Punto.

Ma qualcosa di buono c’è sempre, credo. Tutta la pesantezza della condizione personale svanisce quando sono a lavoro e mi permettono di fare quello in cui sono più brava: il lavoro al banco. 

Questa settimana il mio collega, il Nuovo Micro(bo), come lo chiamo io, era in ferie e ho preso il suo posto. Il lavoro al banco del bar scorre fluido e veloce, non ci sono mai tempi morti, devi stare sul pezzo, non perdere il passo e questo richiede molta concentrazione, ma è una concentrazione buona perché io so quello che devo fare e ottimizzo ogni passaggio. In più c’è la componente sociale, al banco, anche se il tempo è poco, puoi conversare con i clienti che, solitamente, se vengono a fare colazione al bar, sono ben disposti, felici. Insomma, non sono mica in fila alle Poste. 

Devo dire che, nonostante voglia licenziarmi ormai un giorno sì e uno no (letteralmente), mi piace il mio lavoro. Mi piace perché sono brava, sono brava perché mi piace. Ma, c’è un ma. L’ambiente di lavoro a volte, con i colleghi, ma soprattutto con il Capo e la Figlia del Capo, è insostenibile. Il clima è pesante, carico di critiche per le piccole cose, mentre per le grandi non c’è alcun occhio. L’unico rifugio sono, appunto, i clienti. Adoro stare in mezzo a loro e adoro renderli felici, perché immagino sia quello che cercano. Questa settimana faccio il turno serale, come cameriera al Ristorante. Non amo lavorare la sera, soprattutto ora, che ho problemi a dormire e questo turno mi costringe ad andare a letto tardi, incasinando la mia regolarità. Ma almeno avrò poco a che fare con Capo e niente a che fare con Figlia del Capo. Non vedrò l’Amico Speciale fino a sabato, immagino. Così non litighiamo, mi dice lui sorridendo. In realtà mi mancherà tantissimo, è di grande aiuto negli ultimi tempi, riesce sempre a sdrammatizzare tutto, mi aiuta molto nelle cose pratiche, mi abbraccia forte quando ne ho bisogno. 

Questo post è stato un post più per me che per voi. Come ai vecchi tempi, mi è servito per rimettere in ordine il cervello. Parlare non mi fa questo effetto, parlare mi confonde ancora di più, scrivere invece ha quella forma particolare, sono in silenzio, posso farmi trascinare nella direzione più consona, senza distrazioni. Posso rimettere tutto in ordine con i miei tempi. 

Nei periodi bui scrivere mi è sempre stato di conforto. Nel caso specifico oggi ho capito alcune cose. E quindi ringrazio anche voi, che siete qui a leggere le mie elucubrazioni. 

Sempre nella speranza di tornare a una vita pressoché normale, 

vostra Moon

Le richieste di WordPress

Finalmente i miei giorni da reclusa stanno per terminare, il dolore si sta affievolendo e sabato ricomincio a lavorare. Bello rientrare di sabato: lavoro due giorni e poi di nuovo a casa. 

Nel frattempo mi districo tra un malato di demenza e una georgiana che non sa l’italiano, così la mia confusione è massima. Badante 3 mi manda un messaggio in georgiano e io butto su Google traduttore: Ciao, sto cercando qualcosa, per favore scrivimi.

Rispondo: cosa stai cercando? (sempre con Google traduttore)

Chiedi a tuo padre, scrive lei. 

Così chiamo mio padre. Che mi risponde alla quarta telefonata.

Nulla, mi fa, non trova la pentola. 

Che pentola?

Per i funghi.

Consapevole che non è certo la pentola per i funghi che non trova, gli rispondo di usare la padella e attacco. Mi ci vuole un po’ per uscire dalla sensazione di essere Alice nel Paese delle Meraviglie che parla col Brucaliffo in stereofonia.

Che poi nel pomeriggio ci passo e capisco cosa stava cercando, un bavaglio pulito per mio padre. Vabbè, diciamo che non è molto facile comunicare a distanza con quella casa.

Tornata a casa entro qui, su WP, e scopro una cosa a cui non avevo fatto caso: le richieste di WP.  

Sì, lo so, magari sono tonta, ma non le avevo mai viste. E già son lì a chiedermi: chi fa queste richieste? Il sito o gli utenti? Comunque, nel tentativo di capirci qualcosa me ne leggo un po’. E siccome sono una dissidente, non rispondo a una al giorno, come immagino andrebbe fatto, ma a tutte quelle che posso in un’unica soluzione. Quindi, via!

Parto dalla fine:

Quali libri vuoi leggere?

Facile: tutti quelli che posso e che mi prendono. Non ho un genere, al limite qualche preferenza autore, ma sono per lo più onnivora.

Cosa faresti se vincessi alla lotteria?

Intanto direi che è un pelino strano, visto che non ci gioco mai. Ma se proprio deve essere credo che li investirei in una attività, anche in perdita, che visto che ho i soldi chissenefrega. Mi piacerebbe una libreria indipendente che organizza corsi di scrittura e reading e gruppi di lettura. Lo so, non ho ambizioni. 

Quali sono i tuoi sport preferiti da guadare e giocare?

Difficile. Da guardare credo il calcio per mondiali e europei e al limite quello strano sport invernale di cui non ricordo il nome che si fa spazzando davanti a un disco o una roba del genere. Solo perché è ridicolo e quindi mi diverte. Da giocare? Nessuno, grazie, sono antisport. 

Di cosa ti lamenti di più? 

Anche questa è facile: di tutto. Sono una piagnona senza confini, da sempre faccio come Paperino e sbatto il cappello a terra dicendo: maledetta sfortuna! ( e poi guardo Gastone tutta invidiosa)

Qual è la cosa che hai più paura di fare? Cosa ci vorrebbe per convincerti a farlo?

Anche qui spazio: ho paura di fare un sacco di cose, ma di solito il mio atteggiamento è quello di superare le mie paure affrontandole di petto. Un esempio? Paura dell’altezza? Fatti un salto nel vuoto con il paracadute, vedrai che ti passa. Quindi alla seconda domanda posso rispondere: ci vuole solo che mi stufi di avere paura.

Scrivi del tuo primo computer.

Era un orribile affare che mio padre aveva salvato dalla spazzatura e che aveva il sistema operativo DOS. Un tuffo negli ottanta alla soglia dei 2000. 

Qual è la cosa che preferisci cucinare?

A me cucinare in generale non piace, ma se devo dirla tutta a volte ci prendo gusto e sono anche decente. Di solito preferisco i piatti superveloci e dove non devo sporcare mille ciotoline. Sono bravissima a cucinare la pizza surgelata, per esempio. 

Qualcosa nella tua “lista delle cose da fare” che non viene mai fatto.

Quel mai mi inibisce. In realtà evado sempre la mia lista. Magari però mi ci vuole del tempo. se dico: lo farò la settimana prossima, magari ci metto tre mesi. Ma poi lo faccio.

E ora una delle migliori: In che modo la morte cambia la tua prospettiva? 

Direi che, siccome è una cosa che sai appena nasci, più o meno, e della quale prendi sempre più consapevolezza con il passare del tempo, visto che io ormai spero di essere entrata appieno nella seconda metà della mia vita, non ci penso molto, ancora, non la temo e non mi cambia nessuna prospettiva. 

Descrivi la tua giornata perfetta dall’inizio alla fine.

È molto tempo che non la passo, ma se dovessi scegliere direi che è una giornata passata con Little tipo al mare, a fare bagni e giocare a Machiavelli. Nessuno che mi chiama, nessun messaggio. Tornare a casa, cucinare una pizza surgelata, bere una birra ghiacciata e guardare con lei un film. Non chiedo molto dalla vita, soprattutto non chiedo cose irrealizzabili. 

L’invenzione più importante della tua vita è…

Non mi risulta che io abbia mai inventato nulla. Al limite ho messo a punto cose già inventate da altri adeguandole alle mie necessità. Se avessi inventato qualcosa lo saprei, immagino. 

E ora vi chiedo: ma voi sapevate di queste richieste? Avete mai scritto nulla a tal proposito? E, soprattutto, sapete perché sono lì e chi ce le mette?