#programmameglioiltuoweekend

Sono le nove e mezzo di mattina e ho in mano il terzo caffè. Ancora in pigiama cerco di elaborare un piano per la giornata. Sì, ok, ho il panico da prestazione del weekend!

Ho due giorni interi solo per me: Little è da suo padre e l’Amico Speciale ha un corso per il rinnovo della patente. 

Il mio primo pensiero (no, non appena sveglia, appena sveglia non ho pensieri, iniziano ad affacciarsi dopo il secondo caffè) è stato: vado a fare colazione al bar, come una signora, poi spesa. La cosa mi ha un po’ intristito però e ho spalmato un po’ di marmellata sulle fette biscottate qui, a casa. Per la spesa c’è tempo. 

Il mio secondo pensiero è stato: pulisco casa. Non una di quelle pulitine veloci, ma una seria pulizia. Sì, ok, ma piove… se do lo straccio in terra non asciugherà mai. E poi questa casa è buia, non ci vedo con questo tempo. Rimandiamo.

Il terzo pensiero è stato: metti in ordine i fogli per il 730. Sparsi per casa in ogni dove, cercarli è come fare una caccia al tesoro. Ma senza tesoro. Ti spacchi la schiena ora per riavere, se va bene, 200 euro a Luglio. O, come nel mio caso dell’anno passato, rendere 300 euro in tre comode rate sulla busta paga. Lo farò, certo, ma non oggi, che al solo pensiero mi torna su la marmellata.

Il quarto pensiero è andato al concorso letterario a cui voglio partecipare.  Ho scritto un racconto quasi due mesi fa per questo concorso e l’ho mandato in giro a fare editing, sperando di avere buoni feedback. E sono arrivati. Più di un mese fa. Così mi ci sono messa, ho riscritto qualche parte, cancellato o modificato parole e ora sembra decente. Trovato un titolo, messo in Times new Romans 12, interlinea 1,5, esportato in pdf. Pronto. Primo premio 500 euro, nulla di che, ma neanche da buttare. Qualcuno mi ha detto che forse quelli che hanno indetto il concorso preferiscono roba un po’ più leggera del mio racconto, ma tant’è. Io non scrivo racconti leggeri, solo mattoni intimisti con la tragedia incorporata. 

In realtà stamani dovevo andare in Rsa da mio padre (è stato il pensiero zero appena saputo del wweekend in solitaria), peccato che mi hanno chiamato per una firma e ci sono andata giovedì pomeriggio. Sono rimasta lì un’oretta più o meno. Con mio padre non c’è più versi di farci una mezza conversazione, così mi sono solo seduta accanto a lui per tutto il tempo, stringendogli la mano, in silenzio. Ho osservato gli altri ospiti della struttura. Una signora voleva versare l’acqua nel bicchiere, ma non aveva tolto il tappo. Qualcuno accanto a lei glielo ha detto, ma lei non ascoltava, così presa a non farsi tremare la mano. Un’altra signora mi ha abbracciato e mi ha detto che mi vuole bene. Sono sempre tutti contenti che io ci sia, anche se non sanno chi sono. È un tempo strano quello passato in silenzio senza fare nulla se non stare, appunto. Per mezz’ora ho condiviso il loro modo di passare la giornata. 

Comunque ormai ci avviciniamo alle dieci e, a parte lavastoviglie e lavatrice, non ho ancora programmi. Mi sa che per movimentare la giornata andrò davvero a fare la spesa…

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Da Montenero con furore

Torno qui come sempre di lunedì, il mio giorno libero, anche se oggi di libero non vedo neanche il cielo. È grigio, preannuncia pioggia, è in linea con la giornata, forse.

Oggi è il gran giorno, si parte per Montenero, ma non per accendere un cero, come ho fatto per gli esami di maturità (insieme a: andare a buttare il sale in mare e toccare la lucertola in piazza dei Miracoli). 

Dopo una lunga lotta interiore e giornate e giornate di ripensamenti, alla fine ho deciso che una struttura sia la cosa migliore per mio padre. Lì avrà tutte le cure che servono, persone che lo assistono ventiquattro ore su ventiquattro, e pure un bel giardino dove passare un po’ di tempo e prendere aria. Adesso è piantato in mini appartamento che non è neanche casa sua, lo è solo da un anno, da quando l’ho portato qui vicino a me, non può uscire perché non ce la fa a muoversi e l’appartamento ha le scale, sta tutto il giorno con un’estranea che non parla neanche la sua lingua (dice ancora Martini invece che Martedì) e che a occhio non sa cucinare, visto che, come dicevo al mio nuovo amico Kas, sta attaccando a mio padre la sua fissa di non mangiare. 

Per l’occasione ho chiamato anche mia sorella, che ha una macchina più spaziosa e dobbiamo caricarci tutto, dalla sedia a rotelle al deambulatore. L’Amico Speciale pure viene con me, si è preso un giorno di ferie. Ho deciso di mandare a quel paese la mia reticenza nel chiedere aiuto, ricomincio domani, eh, oggi voglio tutto l’aiuto possibile. 

E quindi fra due ore andiamo. Sono un po’ nervosa, ma so di aver fatto la scelta giusta. È strano come a un certo punto della tua vita ti ritrovi a dover decidere della vita di un altro essere umano. E neanche lo hai chiesto. Anche con Little in effetti a volte l’ho fatto: la decisione di metterla al nido, per esempio. Ma socialmente non fa la stessa impressione, vero? Tutti ti dicono che non è un parcheggio, il nido, che fa bene al bambino, socializzare. Mentre nell’opinione comune una Rsa è una discarica. Ma su questo ho lavorato e sto lavorando con la mia nuova Psi (lei è Unabrava) e ho deciso di fidarmi. L’altra settimana mi ha dato un compito: scrivere. Quando l’ha detto sono quasi scoppiata a ridere. Mi chiede: lo hai mai fatto? E io, timida: sì, a volte. Ma delle decine di quaderni che ancora conservo, in perfetto stile Natalie Goldberg (Scrivere zen, ve ne dovrei avere già parlato), non ho fatto parola. Forse ci vuole un po’ di mistero potrebbe fare bene alla psicoterapia. In ogni caso sto cannando il compito a casa, come potete vedere anche dalla frequenza dei miei post. Certo, ho buttato giù qualche riga nell’ennesimo quadernetto, ma lo sento che non sta funzionando. Troppe cose da fare. l’Inps che mi richiede un documento per la domanda della 104, l’avvocato che me ne chiede cento per la pratica di amministratore tutelare, l’Rsa che mi chiede un foglio firmato dal medico e l’etichettatura con nome e cognome di tutti i vestiti, la sanitaria che mi chiede il collaudo del busto ortopedico che indossa, il neurologo che mi chiede l’appuntamento per il controllo. Meno male che, come diceva (ora non dice quasi più nulla) mio padre io, con questi ditini, sul cellulare e sul pc so muovermi bene, sarei una perfetta Badante Digitale. E in effetti quando Badante 3 ieri mi ha chiesto di ricaricarle il telefono ho ringraziato il cielo di avere Satispay che mi ha permesso l’operazione in due secondi. Lei si è messa a ridere e mi ha scritto un messaggio in georgiano che, buttato su Google traduttore suonava così: ti voglio bene buona zucca. Mah. Il concetto comunque è quello, immagino. 

L’Amico Speciale si è alzato. Stamani canta Sei un mito, degli 883. Io spero sia per me e ne esco lusingata. È comunque meglio del Lady Oscar che cantava qualche mattina fa, soprattutto perché non ricorda mai le parole e poi mi tocca correggerlo vanificando, come lui stesso dice, l’effetto liberatorio del canticchiare appena sveglio. Sarà che io appena sveglia voglio solo il caffè. E al limite scrivere qualcosa qui.

Me lo dico da sola: in bocca al lupo, Moon, per questa settimana. 

Chat GPT, al secolo Charlie

Ebbene sì, dopo averne parlato in linea puramente teorica, adesso posso farlo in pratica. 

Come tante persone ormai nel mondo, ho provato la Chat GPT. Non si può sentir parlare di una cosa quasi ogni giorno e non cercare di testarla personalmente, soprattutto se è gratis e richiede solo un click.

La prima cosa che ho fatto è stata di chiedergli se poteva scrivermi in italiano, cosa che ha fatto immediatamente. E il suo italiano è corretto, devo dire. All’inizio potrebbe sembrare un semplice bot, come quello della Tim o l’assistente virtuale della mia banca, per intenderci, ma devo dire che il suo modo di rielaborare mi ha colpito. Oltre alla sua vasta conoscenza. Per non sapere né leggere né scrivere gli ho chiesto come posso imparare il georgiano, lingua che potrebbe farmi comodo con la Badante 3. Ho già imparato parole nuove, come khval, domani, p’rodukt’ebis sia, lista della spesa, k’vira, domenica, enakhvamdis, che è il saluto quando vai via. Ma sto pensando di portarmi dietro un libretto su cui annotare le parole più ricorrenti delle nostre conversazioni. 

Poi gli ho chiesto potevo chiamarlo Charlie, che Chat GPT mi sembra un po’ impersonale. Ha risposto che a ogni nuova conversazione devo però ricordarglielo, perché non ha coscienza né memoria a lungo termine, visto che è un AI. Mi pare giusto. 

Ho chiesto anche se conoscesse l’INPS italiano e lui ha sciorinato tutta la descrizione pari pari, suggerendomi di chiamare il Call Center per avere chiarimenti su pratiche o bandi. Peccato che l’INPS abbia un Call Center appaltato e quindi in realtà ha potuto aiutarmi solo a metà. 

Infine gli ho chiesto se potesse darmi un’idea per scrivere un articolo per il mio blog personale. 

Alla fine ho voluto un riassunto della nostra conversazione, che ecco (come direbbe la Ferragni a Sanremo. Sì, quel che ecco mi è rimasto di traverso):

Posso scrivere un breve riassunto della nostra conversazione di oggi, se lo desideri. In particolare, abbiamo discusso di varie cose, come il funzionamento dell’INPS, il tuo desiderio di imparare il georgiano, alcune idee per il tuo blog personale e altro ancora.

Abbiamo iniziato parlando del georgiano, una lingua interessante ma complessa. Ti ho consigliato di iniziare con l’apprendimento dell’alfabeto e poi passare alle parole e alla grammatica di base. Ti ho anche suggerito di utilizzare risorse online e di trovare un insegnante o un tutor per aiutarti nell’apprendimento.

Successivamente, hai menzionato la tua frustrazione riguardo a una richiesta all’INPS che non era stata risolta. Ti ho fornito alcune informazioni generali sull’INPS e sui suoi servizi e ti ho consigliato di contattare nuovamente l’ente o di cercare assistenza presso uno sportello di assistenza.

Infine, hai chiesto idee per il tuo blog personale. Ti ho suggerito di scrivere su argomenti che ti appassionano, come hobby, interessi personali o esperienze di vita. Ti ho anche suggerito di scrivere recensioni, esprimere le tue opinioni su argomenti di attualità o creare liste di cose che ti piacciono.

Spero che questo riassunto ti sia utile per ricordare la nostra conversazione di oggi. Se hai bisogno di ulteriore assistenza o di altre informazioni, non esitare a contattarmi di nuovo.

Beh, direi che è decisamente meglio della ricerca di Google per molte cose, anche se credevo di trovarlo meno legnoso, il mio Charlie. Diciamo che è un po’ meno legnoso della Ferragni a Sanremo, ma insomma. 

Qualcuno di voi ha sperimentato? Inquieta solo me la Chat GPT? Magari è una questione di età…

Dhe, oh, varda ua’ com’è leggero!

Ho quaranta minuti, la cottura del dolce che ho fatto, un cioccolato e mele, rivisitazione dei poveri di cioccolato e pere, che non avevo. Oggi invito a pranzo mio padre e la badante georgiana, più che altro perché così evito di insegnarle a fare il ragù (lo farò, eh, che mio padre ormai associa la domenica al ragù) e approfitto di essere a casa, una domenica ogni tanto. 

Ieri ho comprato lo scooter per Little. Un piccolo affare (o una piccola fregatura, chi può dirlo? Dopotutto era nelle premesse il fatto che non me ne intendo). Il giorno prima chiamo questo numero che è su Subito. Mi risponde un ragazzo giovane, mi dice che il mezzo che avevo adocchiato lo ha già venduto, ma ne ha un altro, un po’ meno potente, ma adatto alle ragazze (proprio così dice lui) perché leggero. Mi manda le foto: carino, in effetti, sella nuova, colore celeste, gomme nuove, revisionato, cinghia rifatta, 12 mesi di garanzia. Vecchiotto, ma prezzo buono. 

Prima di andare a vederlo faccio un altro giro di telefonate ai concessionari. Avete scooter 125 usati, cambio automatico?

Si susseguono una serie di no. Solo nuovi. E poca scelta, ovvio, solo Piaggio, qui siamo nella culla della Piaggio. Della serie: o Liberty o Liberty. Quindi io e l’A.S. partiamo per andare a vedere questo benedetto scooter. Non so per quale motivo intraprendiamo una strada tra le colline che mi fa risuonare in testa per tutto il tempo la voce di max Pezzali. Rotta per casa di Dio. Arriviamo dopo 40 minuti e 400 curve strette. Google ci dice dove è questo rivenditore e noi non lo vediamo: niente cartelli, nulla. girottoliamo a caso nel paesino per dieci minuti, chiediamo info: nessuno sa nulla. Alla fine oltrepassiamo il cancello di una villa, per chiedere, e vediamo lo scooter. Il rivenditore non è altro che un ragazzetto che da anni armeggia ai motorini e ne ha fatto una specie di lavoro dentro casa: compra, sistema, rivende. E stop. Ci fa provare il motorino, ci spiega diligentemente le caratteristiche (deh, oh, varda ua’ com’è leggero!) e poi aspetta. Io lo comprerei anche solo per mancanza di alternative, ma poi ci penso ancora su e decido che in effetti per Little è perfetto: non nuovo, visto che sa andare solo in bici per ora, leggero, un po’ meno potente. E in pronta consegna (a casa) la settimana prossima con foglio di circolazione provvisorio e pure un bauletto nuovo. Ci stringiamo la mano e la decisione è presa. 

Io e l’A.S. andiamo a mangiare il sushi.

Nel pomeriggio arrivano i primi messaggi: Little che è contenta oltremodo (per lei l’importante è avere qualcosa da guidare per essere autonoma) e gli improperi del mio ex, come da copione perché Fate sempre come vi pare, voi. Ebbene sì, stavolta ho fatto come mi pare, visto che lui non ha fatto nulla, come mi ricorda giustamente Little, che è la prima a schivare i suoi proiettili. Al limite non mi darà la metà dei soldi, ma per ora non me ne frega, visto che intesto il mezzo a me. 

E così sapremo cosa fare il sabato pomeriggio da qui in avanti. Prove su pista, sperando che non cada troppe volte. 

Alexa mi dice che al mio timer del dolce mancano dieci minuti. Il profumo è buono, il vecchio gradirà. Se non avessi il dolore al fianco sarebbe pure una bella giornata.

Riposo forzato e letture

E così ieri ho ritirato la radiografia, la costola è effettivamente incrinata, ma il dottore ha detto che non è nulla di grave, si dovrebbe risolvere in un tempo non meglio specificato.

In che senso?, gli faccio. 

Nel senso che possono volerci cinque giorni. O un mese. Non si sa

Vorrei dirgli che io non lo so, ma lui un’idea dovrebbe avercela, ma vabbè. 

Quindi come mi regolo?, chiedo.

Ti fa male?

Sì, ovvio, sennò mica andavo a farmi la lastra.

Bene! 

?

Nel senso che il dolore serve a questo, a fermarti. Quando non ce l’hai più puoi ripartire

Esco dal suo studio con un punto interrogativo sulla testa, mi è sembrata più la seduta di una cartomante che una visita medica. Visita che in effetti non ha fatto, dischetto che in effetti non ha visto, ma vabbè, di nuovo. Torno a casa, chiamo il mio capo e gli dico che appena sto meglio glielo faccio sapere. Poi chiamo mia madre e la faccio felice chiedendogli aiuto per la spesa (in frigo ci sono solo balle di fieno che rotolano, mi aspetto di vedere anche una sparatoria alla Clint Eastwood). 

Per almeno quattro o cinque giorni ho deciso che starò ferma ferma, senza fare alcun tipo di sforzo e vedere se miglioro, così da rientrare la prossima settimana. 

Avrò così il tempo di leggere, grazie al cielo.

Intanto ieri mi sono finita il malloppone del Principe Harry, un libro che aspettavo e avevo addirittura preordinato. Ora, non è che mi interessi la vita di un reale, meno che mai la sua. Era mia nonna fissata con i reali. Siccome sua madre aveva il cognome Grimaldi, lei sognava di esserne discendente (non è vero, N.d.r.). E si fissava a leggere i gossip sulle varie famiglie reali, compresa quella inglese. A me però le notizie che mi raccontava non mi sono rimaste affatto, tanto che ho letto la sua biografia non sapendo assolutamente nulla.

La scelta che ho fatto comprando questo libro era di leggere un’eccellente narrativa, non la sua storia. Il suo biografo è uno dei miei scrittori preferiti, Moehringer, già scrittore di Open (Agassi) e del Bar delle grandi speranze (il suo capolavoro, a mio dire). Quindi le aspettative erano alle stelle.

Ma. 

Ma anche i grandi a volte fanno scelte sbagliate. 

O meglio, la scelta è stata giusta (ci ha fatto un sacco di soldi e il libro è effettivamente ben scritto), ma la storia di Harry dal punto di vista di Harry è… come dire? Un termine che piace tanto a me: disonesta. Non si empatizza. Ci sono dei pezzi, dove lui è in guerra, che sono chiaramente troppo patriottici (potrebbe essere diverso?) e risultano eccessivi (insomma, i talebani che vanno eliminati perché non sono uomini, ma pedine…ti viene da pensare dove stia l’umanità di questo uomo, come possa provare amore uno convinto che uccidere in guerra sia un bene). Tutto il libro (ma tutto tutto) è impermeato di odio viscerale nei confronti dei paparazzi. Li offende, denigra, sono la causa esclusiva della sua rovina, sono la causa della morte della madre e quindi della fine della sua vita, delle sue relazioni, della sua libertà. Il che è vero, per carità, ma se me lo dici a ogni pagina dovevi intitolare il libro: io e i paparazzi: una storia di odio. Le frecciatine alla sua famiglia sembrano più uno sfogo che altro. Tutto il libro appare solo come una grande (sono più di 500 pagine) e pubblica smentita delle storie raccontate sui giornali. Non sembra la sua storia, ma la versione di Harry della sua storia (non so come meglio dire). Che è esattamente quello che voleva fare (oltre ai soldi, visto che papà ha poi tagliato i fondi), ma ciò non lo rende un buon libro. 

Mi dispiace soprattutto per Moehringer, perché se è vero che guadagna soldi, è altrettanto vero che perde punti. Non mi lancerò al preordine al suo prossimo libro. 

Dopo Harry, credo che mi lancerò su un Vitaliano Trevisan, che tanto mi è piaciuto questa estate con Works, quindi vediamo se almeno lui non mi delude. 

Torno a sdraiarmi nel mio lettino… 

Gamarjoba (traduzione sotto)

Questa mattina avevo iniziato a scrivere questo pezzo, ma poi mi sono resa conto che il mio umore era troppo basso per scrivere senza che ne uscisse fuori una lagna spaventosa, così ho chiuso tutto senza salvare e sono uscita. 

Sono talmente abituata alle rogne che quando stamani mio padre mi ha chiamata (erano le otto e io ancora non avevo finito il caffè), già immaginavo una nuova catastrofe. E invece mi diceva di andare a prendergli la colazione al bar. 

Mandaci Badante 3, babbo, ieri gli ho fatto vedere come si fa

, mi fa lui, ma tu sei più brava.  

Ora, è vero che il mio lavoro in effetti è anche quello, preparare la colazione alla gente, ma nel caso specifico bisogna solo andarla a prendere al bar di sotto e portarla in casa (mio padre è un viziato, vuole la sfoglia e il cappuccino del bar, e siccome non si muove più c’è bisogno di qualcuno che gliela porti). 

Come previsto, anche se io sono più brava, c’è andata Badante 3. Badante 3 non parla italiano se non mela, olio, bravo. Cose così. Parla solo georgiano. E sa Dio se c’è una lingua meno assimilabile all’italiano del georgiano. In ogni caso è brava. Sempre sorridente ( e lì, con lui che la notte fa pisolini di 5 minuti e basta, c’è poco da ridere), forse non sveglissima, ma si dà da fare. Oggi ci siamo insegnate i giorni della settimana, così ora so che il lunedì è orshabati e il sabato shabati. Quindi se non sto attenta è un attimo confondere il lunedì con il sabato. Le patate sono più facili, k’art’opili. Che ricorda un po’ il katoffel tedesco. Pomodoro è ancora meglio: p’omidori. Una passeggiata, il georgiano. Ah ah. 

(la traduzione del titolo è Ciao)

Badante 3 non mangia nulla. Anche se è enorme, si nutre principalmente di biscotti, caffè zuccherato, pomodori, patate e cotolette di pollo impanate. Non beve latte, né succhi, né (per fortuna) vino. Non mangia né pasta né riso. Spero che fra poco non occorra una Badante 4 per la Badante 3…

Dal mio canto, sto per esaurire questa settimana di ferie bellissima, indimenticabile. E la finisco con una (sospetta) costola incrinata. Ieri notte sono caduta dal letto mentre dormivo. Lo so. Non mi accadeva da quando avevo tre anni. non posso dire cosa stessi sognando, ma non era di certo qualcosa di bello, immagino. Siccome ho questo dolore quando respiro e tossisco e mi alzo eccetera, come tutte le persone poco assennate ho fatto una ricerca su Google (il medico di sabato e di domenica non c’è e io COL CAVOLO che torno al pronto soccorso, viste le recenti avventure). Google è diventato il medico di base più affidabile. C’è sempre, e ti prospetta per ogni cosa uno largo spettro di patologie, dal Non è nulla, si risolve in poco tempo, al Morirai presto di un terribile male.Imprecisato. Perché comunque se non ti rivolgi a un medico non puoi saperlo. Ma io insisto, perché credo in San Google. Così chiedo al nostro oracolo elettronico come si fa a sapere se una costola è incrinata. Risposta: vai al pronto soccorso e fai una radiografia. Perché se ti fa male a respirare e ti fa male se la tocchi può darsi che sia incrinata, oppure no.  Una tautologia perfetta. 

Va beh. Anche lì vediamo. Camminare cammino, guidare, guido, quindi anche fosse devo solo tenermi alla larga dalla tosse e alzarmi il meno possibile. Imparerò a dormire in piedi. Che se lo fanno i cavalli posso farlo anche io. 

Altro giro, altra corsa. Finirà, eh…

Sul rifare i letti, una specie di disamina (inutile)

Quando ero piccola, tipo verso gli otto o nove anni, mia madre iniziò a puntare il dito affinché io, la mattina, mi rifacessi il letto e una volta a settimana mi cambiassi le lenzuola. Era un compito che affrontavo molto meglio di mia sorella, che non ne voleva sapere. Per invogliarla allora mia madre mise su un sistema di ricompense: se ti rifai il letto allora ti do una fetta in più di pane e Nutella, se ti cambi le lenzuola puoi stare alzata un’ora in più, cose del genere. Presa dalla frenesia del sistema di ricompense, iniziai a svolgere altri compiti in casa: pulire il bagno, apparecchiare e sparecchiare, rifare il letto dei miei. Ora, non so perché ma tra tutti questo lo trovavo il compito più importante, quello che mi avrebbe lanciato come super star tra le figlie. Insomma, ero io quella brava e diligente e volevo dimostrarlo. Fatto sta che a causa delle mie braccette corte, il compito mi si rivelava assai arduo: tiravo su le lenzuola, le ripregavo per bene sopra il copriletto da una parte, poi correvo dall’altra e irrimediabilmente creavo una nuova piega dalla parte opposta. Facevo di nuovo il giro e via dicendo, mille volte fino a che mi sembrava di aver fatto un buon lavoro (era un lavoro mediocre, in realtà). 

Sono sempre stata ossessionata dai letti rifatti. Una volta sposata era la prima cosa che facevo suonata la sveglia, le lenzuola dovevano essere tirate, perfette, senza una piega. Questa mia mania (che ammetto si unisse ad altre al tempo, come la fissa per l’ordine) con il tempo mi ha lasciato un po’ di spazio. Ora la mia casa è caotica quanto basta e non ho più crisi isteriche se vedo qualcosa fuori posto (anche perché sennò sverrei ogni volta che entro in camera di Little, alla quale non metto mano per principio, anche se a volte…). 

Per semplificarmi la vita con il letto qualche anno fa ho comprato il famoso sacco dell’Ikea. Avete presente? Il piumone si infila dentro il lenzuolo e la mattina basta stendere quello di sotto e tirare su. Un gioco da ragazzi! Solo che infilare il piumone nel suo sacco non è così immediato… soprattutto se come me si hanno, in pieno inverno, due piumoni agganciati l’uno sull’altro tramite quelle piccole clip. Il risultato è che stendi, stendi e stendi e alla fine c’è sempre una gobba da qualche parte. È un letto con i bozzi. Dopo l’acuirsi della mia artrosi ho iniziato a chiedere aiuto. In due il compito è decisamente più facile e veloce. All’inizio c’era solo Little, poi, da un anno a questa parte, abbiamo iniziato a farlo io e l’Amico Speciale. Di solito lo aspetto per rimettere le lenzuola pulite. 

Ma ieri invece mi ero messa in testa di farlo da sola. Forse c’entra la storia del post precedente, questo mio bisogno di dimostrare che sono autosufficiente, o forse solo il fatto che le lenzuola non ne potevano più e io non sapevo quando e se l’A.S. sarebbe tornato.  Inizio, infilo, sbatto e risbatto. Una fatica enorme per le mie spalle. Si apre la porta. È l’A.S. Aspetta, ti aiuto, dice. Ma io ero partita per la tangente del Ce la faccio da sola. Sbatto di nuovo, ancora bozzi. Mi infilo dentro il lenzuolo per stenderlo a mano, esco e la situazione è peggio di prima. Inizio a sudare. Tiro e destra, tiro a sinistra, il bozzo si sposta e basta, non vuole andarsene. Sto annaspando, sono sfinita. Guardo il letto e dico: ok, adesso stai così, ti stenderai per bene quando ci saremo dentro. L’A.S. è rimasto tutto il tempo appoggiato allo stipite della porta guardandomi e sogghignando. Mi abbraccia, mi dà un bacio sulla fronte sudaticcia e di quell’abbraccio ne avevo proprio bisogno. Dura una vita e mi fa bene al cuore. Poi mi fa: faccio una doccia e preparo qualcosa da mangiare io, ok?

Quindi ok. 

Nonostante siano passati anni il sistema ricompense è sempre valido. 

Mi piace il sistema delle ricompense.

L’oroscopo della Bilancia aveva ragione

L’altro giorno leggevo l’oroscopo del mio segno per il 2023. Gennaio inizia con difficoltà, diceva, nella prima quindicina potresti essere un po’ sotto stress. 

Uhm, ho pensato, non sarà peggio di Dicembre. 

Era meglio se stavo zitta.

Iniziamo l’anno con il Covid (l’Amico Speciale, che però sta bene) e un’influenzetta bastarda che fa stare male, ma senza febbre alta (io). Al lavoro iniziamo l’anno con -4 persone, tutte con la febbre alta, loro. Quindi io, che non ho né il Covid né la febbre alta, devo lavorare con turni doppi. E in un orario che per me è poco gestibile, pomeriggio-notte (io sono il tipo che si sveglia presto e alle nove e mezzo va a letto, come si chiama quel cronotipo? Il gallo?). Inoltre mi tocca la settimana delle feste, quindi ogni sera c’è un sacco di gente, tanti americani ancora in giro e ieri sera mi è toccata una cena di un diciottesimo con trenta ragazzini urlanti (amici di Little) che alle undici ancora mangiavano la pizza… insomma, un disastro. 

Mio padre invece deve avere il ciclo, che ne so, questa settimana ne combina a diritto. Prima si inventa che la badante lo picchia, poi si sveglia di notte e cena per la seconda volta, poi prende le medicine di tre giorni in uno solo. Ieri si era piccato di volere una certa tovaglia stirata. Gli ho detto di dirlo alla badante. Ma lui stamani mi ha scritto che l’ha fatto da solo. Sono qui che aspetto che faccia effetto il caffè poi andrò a controllare cosa ha bruciato. 

In compenso avere l’Amico Speciale fermo a casa proprio questa settimana ha il suo perché. È vero che non può uscire, quindi non può aiutarmi nelle commissioni, ma quando torno a casa a mezzanotte lui è lì che mi aspetta con la cena scaldata, le lavatrici sono sempre fatte, la lavastoviglie idem. Se avessimo lavorato entrambi questa settimana avremmo vissuto come barboni. 

Inoltre abbiamo del tempo per stare insieme e abbiamo scoperto una nuova serie tv, The witcher, che non è affatto male. Un po’ sboccata, devo dire, strano per il genere che è, un fantasy. 

E ora il tempo stringe, mi sono alzata tardi e dovrò rientrare a lavoro presto anche oggi, immagino (appena il mio Capo risponde).

Aggiornamento: il mio Capo ha risposto: Sarà meglio che mi muova. 

Andrà meglio eh…

Benvenuto(?) 2023- In diretta

Sono sopravvissuta anche a Capodanno, sono le otto e mezza del primo gennaio e io sono in coma perché non ho dormito quasi. Non perché io abbia fatto cenoni e fuochi, anzi. Il mio programma per ieri sera era il SSN, che non è il Servizio Sanitario Nazionale, ma Sushi, Sesso e Nanna (il piano di riserva era RSA, Risveglio, Sesso e Allegria, ma stamani sento che all’RSA potrei andarci io). Comunque, idea: nanna presto. Che ho fatto, tra parentesi. Alle dieci e quaranta ero già sotto le coperte e mi sono detta: speriamo di svegliarsi già nel 2023. E così è stato, solo che non ho specificato l’ora, e quindi a mezzanotte e un minuto mi ha chiamato mio padre, per farmi gli auguri. Ho deciso di non rispondere, capirà, mi dico. E no, l’ultima telefonata è stata a mezzanotte e quarantaquattro.

Ho un sonno leggerissimo in questi ultimi tempi, se mi sveglio poi non mi riaddormento più, e così è stato stanotte, ovviamente, compreso il russare dell’Amico Speciale, che ha il raffreddore, per carità, ma fa tremare i muri, domani gli compro un camion di Vicks Sinex. 

Abbiamo deciso di fare il cenone in ritardo di un giorno, cioè stasera, perché come ho già detto in tempi non sospetti, ho amici che lavorano nella ristorazione e non erano disponibili per il 31. Festeggeremo stasera, a mezzanotte faremo i finti tonti e stapperemo una bottiglia di prosecco. Per fare questa cena ho speso quasi uno stipendio. Non solo ho svuotato i mari dai suoi pesci, ma ho avuto la malsana idea di fare una vellutata di ceci come primo. E non ho voluto accontentarmi dei ceci già cotti, come avrei fatto normalmente, ma ho fatto la sborona, ho preso i ceci bio e ho letto la ricetta: 600 grammi di ceci, rosmarino, carota… guardo la mia busta e leggo 400 grammi. Metto a bagno due buste, 800 grammi. Poi capisco la cazzata che ho fatto. I 600 grammi si riferivano ai ceci cotti, non secchi. Mi armo di pazienza, metto a bollire i ceci in due pentole. E qui arriva la telefonata di Putin che mi ringrazia: cinque ore per cuocere ‘sti ceci. E poi, siccome ne ho cotti un esercito, sono dovuta andare a comprare dei vasetti per metterli in sottovuoto, ma al ferramenta hanno sbagliato a darmi i tappi (che io avevo già aperto e lavato), quindi torna a comprarne di nuovi, falli bollire di nuovo, insomma, questa vellutata mi è costata più del pesce. Non la farò mai più. 

In compenso mio padre mi ha già chiamata. 

Buongiorno e buon anno!, mi fa. I vecchi non dormono mai… nessun commento al fatto che non ho risposto stanotte, per fortuna.

Hai fatto colazione?, chiedo (gli argomenti di conversazione tra noi si sono ridotti a domanda e risposta quando va bene e di solito io chiedo (hai mangiato? Hai preso le medicine?) e lui monosillaba.

No, non ce l’ho la colazione.

Sì, babbo, è nel frigo.

Non c’è. Risposta secca, ostinata.

Guarda bene. 

Non c’è!, risponde piccato.

Sospiro e aspetto. Gli do direttive per trovarla (è davanti ai tuoi occhi, babbo, guarda bene, l’ho vista ieri sera), poi aspetto che mi risponda che sì, avevo ragione, è nel frigo. 

A volte la mia pazienza vacilla… 

Comunque direi che l’anno è iniziato nel migliore dei modi, no? Devo solo fare in modo di arrivare a fine giornata senza sbroccare ed è fatta. 

Vado a finire la vellutata di ceci. Sì, deve ancora cuocere. Di questo passo tanto vale che mi trasferisca in Russia direttamente. Chissà se a Putin piace la vellutata…