Xmas is not over (yet)

post 177

 

 

 

Stavo pensando a tutti i natali della mia vita, stamani. Sarà perché ho dormito tantissimo (non riesco a scrivere quante ore senza vergognarmi), sarà che, effettivamente, si avvicina il Natale e quindi due più due… sarà che forse volevo stilare una classifica, così da rendermi conto dell’andamento della mia vita e di me stessa, pure, perché alla fine dopo i vent’anni tutti i giorni iniziano ad assomigliarsi e lo scorrere del tempo si misura in modo diverso, la conta passa dalla nostra età (avrò avuto dodici anni) all’età  dei nostri figli (Little Boss avrà avuto due anni)e poi, chissà, a quella dei nostri nipoti. Ciò che si ricorda meglio sono le feste, compleanni, Natale, Capodanno, Pasqua un po’ meno, è una festa di secondo grado. Fatto sta che, sebbene abbia l’attenuante della mattina, e io la mattina fatico a carburare velocemente, sono un diesel, il fantasma del Natale passato mi restituisce solo pochi dei 41 natali trascorsi. Ne ricordo un paio da piccola: la prima volta che ho visto Babbo Natale a casa mia (che, indovinate? Era mio padre e io lo riconobbi subito), la seconda volta che ho visto Babbo Natale a casa mia (un vicino che arrivò con i regali utilizzando l’ascensore, una caduta di stile che, manco a dirlo, non mi ingannò) e poi il buio fino a pochi anni fa. Ricordo bene il Natale in cui decisi di non fare l’albero e Ale me ne portò in dono uno vero già addobbato. Ricordo il primo Natale di Little Boss, ma più che altro ricordo ciò che successe dopo il pranzo, quella sensazione di voler scappare via (ci sarei riuscita solo nove anni dopo).

Se penso al Capodanno va anche peggio.

Eppure, eppure… eppure io sono pure una a cui piace questa festa, sono una che si gode le stupide canzoni di Mariah Carey, che riascolta fino alla nausea Happy Xmas (war is over), che ama pensare ai regali da fare (se non fosse per i pochi spiccioli che ho in tasca e il tempo che mi rema contro ne farei molti di più), insomma non sono una che scaratta questo giorno (per il termine scarattare vedere il dialetto toscano).

Il fantasma del Natale presente, poi, mi suggerisce che mai come questo anno l’albero sia scarico di regali: il minimo indispensabile. Nemmeno l’anno in cui (priva di soldi) ho regalato a tutti quadretti fatti a punto croce è stata così magra. E sì, ho fatto l’albero, ho addobbato casa, il Ristorante, ma non lo sento affatto il Natale. Ecco, una frase che abbiamo ascoltato spesso: non sento il Natale. Siamo in pratica alla Viglia e se guardo fuori vedo solo Dicembre.

Ma non mi do per persa. Perfino Scroodge ha trasformato il suo Natale in extremis, Dickens docet, eh.

E sebbene io non sia certo una fatina dalle ali dorate, non sono nemmeno uno Scroodge.

Quindi stay tuned: Xmas is not over yet

Prima tappa

 

 

post 176

 

Ecco. Oggi posso ufficialmente affermare che si chiude un capitolo della mia vita, uno dei capitoli più odioso, doloroso, inutile anche, dispendioso, cervellotico… potrei continuare così per mesi.  Dopo ben 5 anni ho finalmente firmato un accordo (al quale siamo arrivati in modo odioso, doloroso eccetera) davanti a un giudice con il mio ex per l’affido di Little Boss. Perché c’è voluto tanto tempo? Beh, la prima risposta che mi viene in mente è perché sono una stupida, troppo buona, ho la convinzione che se ami riceverai amore indietro eccetera. Anche la seconda risposta suona così: Moon, sei una stupida, ogni giorno ne hai la dimostrazione, cerchi sempre di aiutare il prossimo ricevendo in cambio pedate negli stinchi (se va bene), con il tuo ex hai provato a pazientare (smetterà di odiarmi perché l’ho mollato, oltretutto avevo una giusta causa, al tribunale del lavoro mi avrebbero assolto), a fare le cose giuste facendoti consigliare da altri (che invece, seppur professionisti, non c’hanno capito un cazzo), hai guardato Little Boss ogni minuto della sua vita per capire se c’era un problema, l’hai osservata in ogni centimetro, senza farti notare, ovvio, hai provato a spiegarle cose che non sai se avrebbe capito, l’hai fatto alla maniera dei grandi, in modo un po’ stupido, ma ha funzionato e ora lei è grande, non ha più bisogno del tuo linguaggio bambinesco, lei vede, lei sa, lei ascolta e elabora in autonomia. C’è stato, cara Moon, un momento in cui non sei più stata stupida, né buonista (che non significa buona), un momento in cui hai guardato lei, la piccola che non è più piccola, e hai capito che bisognava darsi da fare. Era tardi? Forse no, forse la tua stupidità, il tuo buonismo, ha dato a Little Boss il tempo di essere quello che è, di capire a modo suo.

Ed è così che mi sono resa conto che non è stato per lui che ho atteso tanto prima di mostrare il pugno, non è stata la paura di lui (l’ho temuto, per un po’, che la mia fosse solo una reazione di paura), ma è stato per lei, per darle il tempo di capire, di elaborare. E se è vero che io ho chiuso la prima tappa, lei, la piccola Boss, ne ha ancora di strada da fare con suo padre.

E quindi ieri ero in tribunale… e va detto che 20 ore di lavoro duro mi avrebbero stancato meno di star lì con lui per tre ore ad attendere il nostro turno (alla fine in due minuti abbiamo fatto). Lui, serio e scuro in volto, non mi ha nemmeno salutato, ma chi si è sorpreso è stato il mio avvocato, mica io. E per le tre ore di attesa non si è mosso di un centimetro dalla posizione iniziale e non ha parlato con nessuno (mentre io e Giu, il mio avvocato, parlavamo di ferie, siamo scese a prendere il caffè, abbiamo intavolato una discussione sulle nuove tecnologie coinvolgendo gli altri avvocati eccetera). Nel mentre, dentro la sala, altri poveri disgraziati urlavano manco fossimo stati a Forum. Inutile dire che dalla accesa discussione di un siciliano che chiedeva la visita dei figli, avuti da una filippina che non conosceva l’italiano, è scaturito il putiferio… il giudice, ho sentito, a un certo punto ha urlato: ma qui si negano anni di femminismo! E su queste dolenti note… un’ora e un quarto di lite. Credo di aver sgranato gli occhi tanto da farmi venire le rughe (cioè, più delle già presenti). Poco prima di entrare Giu si è fatta prendere dallo spirito e ha tentato una battuta con il mio ex: lei è stato bravissimo, non si è mosso e non si è mia lamentato dell’attesa.

Risposta di lui: è perché farò casino una volta dentro.

Devo dire che un quarto di secondo mi si è gelato il sangue. Poi mi si è scongelato, lo conosco abbastanza da sapere che non avrebbe detto nulla a un giudice. Ha sempre abbaiato tanto, mandando in tilt i miei nervi, ma ha morso poche volte. E infatti così è stato.

Dicevo, la prima tappa è fatta. Non è l’ultima, non ci sarà mai un’ultima tappa con il padre di tua figlia, ma ho in mano qualcosa perlomeno. Il futuro si prospetta radioso?

Dipende.

Perché, alla fine, dipende tutto dai famosi occhiali con i quali guardi il mondo.

Ho ancora:

una casa che verrà presto venduta (e non posso comprare io per mille motivi, questo significa che dovrò affrontare il decimo o undicesimo trasloco della mia vita); delle analisi di nuovo sballate e chissà quando ne verremo a capo; l’Amico Speciale che lavora a pieno regime e ha i suoi casini di cui non mi parla e crede che io non lo sappia ma io so (gli uomini! Ma come saranno scemi? Credono di avere a che fare con persone come loro: menefreghiste, distratte eccetera. Non si rendono conto che le donne guardano, ascoltano, collegano… ma vabbè, a questo ormai ho rinunciato. Gli uomini sono un enigma facile da risolvere, siamo noi donne che siamo complicate, siamo noi che non riusciamo a spiegarci, siamo noi che dobbiamo rinunciare ad essere capite).

Ma va detto che:

per due anni ho ancora un contratto e quindi una casa. Lusso.

Le analisi alla fine non hanno valori tanto sballati, sono fuori di poco, bisogna indagare, come dice mio doc, ma mica c’è urgenza, non sono in fin di vita (me ne accorgerei, no?)

Già a 40 anni, 41, come me, va di lusso se un uomo a un certo punto si ferma mentre parla, sorride e dice: cavolo, Moon, come sei bella…

 

P.s: aggiungo anche una canzone, che mi piace tanto, mi fa ballare come una matta.  E la metto per festeggiare.

Credevo fosse una canzone nuova… Micro(bo) mi ha fatto crollare questa certezza…

Sono il simulacro delle canzone datate.

Chissene.

Eh.

Fino alla nausea: ancora di scrittura

 

 

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Insieme al manuale di dissuasione alla scrittura creativa, per compensare, ho preso anche un Master di scrittura creativa.  Ora: io ho più libri di scrittura della scuola Holden, mi sa, ma questo ancora non lo avevo e speravo che mi desse qualche dritta nuova e…

No. Non è vero: sapevo perfettamente di aver già letto tutto il leggibile sulla scrittura: tra libri, blog, consigli a scrittori da chiunque, anche da non scrittori, credo di aver incamerato più info di Google, so perfettamente come dovrebbe essere una trama, come si usa un cliffhanger (ma soprattutto, chi ne abusa, senza fare nomi), ho ripassato le figure retoriche, tutte, so come si fa la scheda di un personaggio, cosa si intende per Domanda Drammaturgica Principale  (DDP, giusto per dare sfogo al mio bisogno di acronimi). Cosa voglio dire? Che la Teoria la so tutta. E la pratica sono altri cazzi.

La pratica, in fin dei conti, consiste in altro. Non sono brava a calcolare quando scrivo, forse perché non sono brava a calcolare e basta, ero più per l’Italiano, a scuola, e infatti sono andata al Liceo Classico. Diciamo così, visto che sto preparando cena: per la scrittura mi comporto come di solito mi comporto in cucina: la ricetta la so, l’ho studiata, so che dovrei usare la bilancia per gli ingredienti, ma non riesco proprio a non metterci qualcosa di mio, un tocco di curry lì, un pizzico di menta là… spesso accade che rovino un piatto (tanto ho poi l’Amico Speciale che è un inceneritore), spesso che il piatto piace solo a me, raramente che il piatto lo gradiscano i più.

Lo chiamo atteggiamento sensoriale. Ovvero, vado a senso, a caso per essere più precisi. Le regole le so, quindi. Ma spesso decido di ignorarle. Non di infrangerle, sia ben chiaro, perché la volontà di infrangere una regola crea, a mio avviso, un artificio ancora peggiore del seguirla pedissequamente. Può andare bene per finezze. Ad esempio, ricordo che una delle regole che ho letto in uno dei vari libri di scrittura era: non iniziate un paragrafo (men che mai un libro) con Il fatto è che. Probabile che incontrerete Il fatto è che spesso all’inizio dei miei articoletti. Lo scrivo per ripicca. Oppure: non usate avverbi. Certamente, rispondo. Non abusate delle metafore. Questa frase è una coltellata al cuore! E via dicendo.

La scrittura è cimitero di regole ignorate. E non certo da me. Io infatti non scrivo, quindi sono salva e non finirò nel X girone dell’Inferno extradantesco nel quale mi rinchiuderebbe il caro Paolo Bianchi: quello degli scrittori dilettanti che hanno pubblicato con Youcanprint.

Ma se la regola è In media res, ditelo al caro Umberto Eco nell’incipit de Il nome della rosa. Per dirne una… niente dialettalismi? Ciao, Gadda, ciao Pasolini.

Ho iniziato il Master lunedì e sono a più di metà. Più di metà di cose che ho già sentito dire, che ho già letto, che ho già incamerato.

La giusta conclusione di questo articolo è che la Teoria non conta davvero. Conta solo continuare a scrivere e tenere duro. Un principiante è solo un dilettante che non ha mai mollato. Eh, stavolta no, non mi ricordo chi lo ha scritto (inizio a perdere colpi con il mio citazionismo.

Perché penso tanto alla scrittura in questi ultimi mesi, mi chiedo invece io?

Perché mi manca. E farei di tutto per riconnettermici, anche rileggere sempre le stesse cose. Ogni giorno. Fino alla nausea.

Più o meno parlo di scrittura…

D6772880-7F3E-44C8-9940-095DB0E47F78_1_201_aLadra, ladra, ladra…

Cosa rubo oggi? Sempre la stessa cosa: Tempo.

Perché lo rubo? Per dire nulla. Eppure per dire tutto.

Come lo rubo? Sottraendomi ad alcuni impegni (fare delle foto della mia abitazione, per esempio, che verrà presto messa in vendita, lasciandomi basita, prima di tutto, irritata, secondo di tutto, preoccupata, anche se non troppo, ho ancora due anni, terzo di tutto).

Quando lo rubo? Prima di cena, giusto una mezz’ora, mi dico sempre, ma poi sforo sempre un pelino.

A Chi lo rubo? A Little Boss, un pochino, all’Amico Speciale, pure un altro pochino.

Ora che ho sviluppato aristotelicamente (più o meno, nevvero) questo incipit posso continuare.

Bene bene, una prima novità l’ho detta qua sopra (ho usato un qua! Io che cazzio sempre il mio Amico Scrittore perché li usa e per me sono un toscanismo odioso! Ben mi sta, non lo correggo per punirmi del passato snobismo). Insomma non è che sarò in mezzo a una strada, intendiamoci, ma quando scadrà la prima parte del mio contratto 4+4 potrebbe essere… e io che speravo di stare in questo buchetto ameno almeno altri sei anni… sto anche riflettendo se comprarla io stessa, ma qui un investimento non è da pensare e io sono una che ha voglia di viaggiare leggera, non credo che metterò delle catene alla mia vita comprando una casa. Tuttavia ancora non sono in fondo al ragionamento: non so ancora le cifre esatte.

La seconda novità è quella di un possibile accordo con il mio ex: dopo anni di effettiva separazione finalmente tra poco saremo davanti a un giudice. Con un accordo firmato, a quanto pare. Ma siccome io sono come Tommaso… aspetterò il 18.

E tutto il resto? Com’è Inside Moon?

Devo dire che ho davvero poco tempo per rifletterci. E se questo da un lato potrebbe sembrare una fortuna, dall’altro mi spaventa. Ho approfittato di un acchiappa allodole per lettori come me: un buono di 5 euro da usare su Ibs (dove da anni sono Cliente Premium) e mi sono rimasti attaccati alle mani (virtuali) ben 3 libri… uno di questi era un libro che avevo in lista da anni, un libro che volevo e temevo: Inchiostro antipatico, un bel manuale di dissuasione alla scrittura creativa. Direi che il Bianchi, qui, con me ha centrato in pieno: condensa in poche pagine tutte cose che so già da secoli e millenni (da eoni, direbbe Little Boss). E alla fine si rivolge direttamente a me, il Bianchi: non farlo, Moon, perché condannarti a una vita fatta di delusioni e povertà, tu del marketing non sai una pippa, non ti piace, non sei il tipo, fai un lavoro di merda pure con i social del Ristorante, figurati se devi farlo per te, non sai venderti, e poi, scusa, ma chi ti leggerebbe? Come ti potrebbero trovare nel mare magnum dei piccoli scrittori insignificanti? E poi, davvero, cosa hai da dire di importante? E infine: ma sai farlo? Dai, piccola Moon, rinuncia, liberaci dalla cartaccia inutile che potresti produrre, sai quanti alberi salveresti? Ecco, pensa al futuro di Little Boss, all’ossigeno che le regaleresti! Pensa che con il tempo che sprechi a cercare di fare una cosa per la quale duri fatica potresti leggere, fare collanine con le perline, cucinare torte (per la felicità dell’Amico Speciale), rifare i letti, una volta ogni tanto, andare a trovare gli amici…

 

Quanto hai ragione, caro Paolo. E io ci penso da sempre, e ci ho pensato anche mentre leggevo il tuo manualetto.

Ma c’è un faro puntato sempre in una direzione, e non mi importa quanto dovrò aspettare, e non importa quale sarà il risultato, e non importa la fatica che dovrò fare, e non mi importa la rinuncia. So solo che ci sono cose che si fanno con passione per passione, per necessità, per sopravvivenza, e ognuno ha il sacrosanto diritto di buttare al cesso la propria vita per qualcosa o qualcuno, e a me sembra di essere anche troppo equilibrata, e no, caro Paolo, non rinuncio a scrivere, a avere questo sogno (ormai), a credere che un giorno, magari non oggi o domani, ma un giorno, ci possa arrivare.

Non sarai mai King, dice Paolo.

Lo so.

Non riuscirai mai a pubblicare, insiste.

Forse.

Desisti, conclude.

Mai.

Fosse solo per annoiare i miei 3 lettori… (mica sono il Manzoni, che arriva a 25…)

Ciucciami il calzino, Paolo.

(In ogni caso concludo dicendo: mai libro mi è stato più utile negli ultimi anni… Paolo Bianchi ha fatto un bel lavoro con questo manualetto. Perlomeno per me)