Il regalo di Natale

Il Natale porta regali. Si sa. Io, siccome scrivo in differita, ancora non so cosa mi porterà il Ciuchino (come si diceva qui anta anni fa). Credo anche nulla. In realtà non mi importa  dei regali ricevuti. Io adoro farli. Sì, me ne lamento, ma in realtà ci godo a pensare, scegliere, selezionare per le persone a cui voglio bene. Poi qualche volta canno, ok, qualche volta non mi impegno, ma di solito sì, Preferisco i regali di Natale a quelli dei compleanni, non so perché. È la magia del Natale? Ci credo davvero? Ma boh, alla fine chi se ne frega. 

Quello che è certo è che il Natale è un’occasione per riunirsi. E sebbene io quest’anno abbia il dente avvelenato con mia sorella (una storia che ho parzialmente detto, ma c’è molto di più, forse un giorno ne scriverò, forse no, probabilmente no perché io mi incazzo come una iena sul momento, ma non sono capace di portare rancore in eterno e, per costituzione, rifuggo i litigi: troppo stress odiare qualcuno), Natale non è solo parentame vario. Ci sono gli amici. Ci sono gli amici che vivono e lavorano all’estero per tutti l’anno e tornano… indovinate? Per Natale.

Ed eco che quindi io sono qui che aspetto il mio regalo di Natale. E sono tanto emozionata che devo fare qualcosa mentre aspetto, e quindi scrivo qui. 

Ale è l’unica sorella vera che ho. E non è davvero mia sorella. Quella vera se ne sbatte alla grande e vive a una manciata di chilometri da me. Quella acquisita è sempre con me, mi capisce al volo, ha la strana capacità di intercettare con un radar speciale e molto potente il mio stato d’animo, anche quando è oltremanica, e mandarmi un messaggio. Così. Telepatia. Lei ce l’ha. E quando è qui con me è davvero qui con me, se mi fa una domanda è perché le interessa, se mi aiuta è perché vuole farlo, se mi dà un consiglio è quello giusto. Spesso sento che io non farò mai altrettanto per lei. Ma lei dice lo stesso. E io elaboro i dati e viene fuori un amore che riempie il cuore. 

Sono fortunata. E lo so. Non capita spesso di avere un’amicizia così, che si batte con gli anni, con i cambiamenti, con 2000 e passa chilometri, 26 ore di macchina, 15 giorni a piedi. E non crolla. 

Ho già dedicato altri articoli alla mia Ale, che alla fine è entrata anche nel mio romanzo, come se stessa, ovvio. 

Ma non bastano mai. 

Mi salvi la vita ogni volta che mi abbracci, Ale. Non ti linkerò questo articolo. Non stavolta. Resti in questa pagina come un piccolo simulacro di carta.

P.S.: poi ho finito di scrivere del Natale. Forse …

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Intermezzo: una canzone per te

Per Ale.

La nostra non è solo un’amicizia di lunga data. Dire che ci conosciamo da 20 anni la non rende speciale, ci sono persone che conosco da più tempo. 

Abbiamo parlato a lungo su di noi, inciampando nelle parole, cercando una strada per poi scoprire che no, non è esattamente così, ci avviciniamo, ma ciò che siamo ci sfugge sempre un po’, come se fosse troppo improbabile, troppo difficile da dire. Magari è perché solo in noi vediamo l’amicizia e questo ci spiazza, ci affascina e ci disarma allo stesso tempo. 

In te vedo la musica. 

Quando Cisco canta della Grande Famiglia vedo il tuo viso. 

Libertà l’ho vista dormire, dice Fabrizio, e tu sei lì. 

In bianco e nero di Carmen sei tu. 

In te vedo i libri.

Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo

O ancora:

Uno, non toccare le lancette. Due, domina la rabbia. Tre, non innamorarti, mai e poi mai. Altrimenti, nell’orologio del tuo cuore, la grande lancetta delle ore ti trafiggerà per sempre la pelle, le tue ossa si frantumeranno, e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi.

In te vedo i colori.

Tu che di colorato non indossi mai nulla.

Sei il Rosso della passione e della rabbia, il Blu del mare e della notte, il Verde della speranza e della terra dove vivi. 

In te sento i profumi.

Sei il profumo del caffè appena fatto, delle sfoglie sfornate, di un tartufo che tieni in tasca. 

In te vedo gli abbracci.

Io, così allergica al contatto fisico. Tu mi hai vinta con le tue braccia calde e la testa appoggiata sulla mia spalla. 

Sento continuamente il bisogno di dedicarti qualcosa, il difetto della lontananza, di una vita frenetica che non perdona. 

E se sei musica oggi ti dedico una canzone. Di nuovo. Qualcosa che ci riporti dove eravamo, ma senza nostalgia, senza tristezza. 

Una canzone che ha la magia del Piccolo Principe, il Verde della speranza, il profumo del caffè appena fatto e l’abbraccio che mi hai dato la prima volta.

Lettera a Te

post 157

Mi hai mandato un messaggio, ieri, Stasera proverò a scriverti, ma poi no, non ce l’hai fatta e io, che invece stamani volevo scriverti sul canale privato, mi trovo a farlo qui. Qui perché. Qui perché resta insieme a tutta la mia altra vita, qui perché è questo un momento in cui le certezze me le faccio scivolare tra le dita come sabbia e tu e lei, tu e Little Boss siete da sempre le mie certezze, i chiodi ai quali attaccare i fili della mia vita, le due persone che danno un significato all’Amore. e quindi forse di scrivere di te e a te ho bisogno ora, in questo momento in cui le certezze scivolano e ho bisogno di un granello che risplenda in mezzo a tutti gli altri.

Mi dici, mi sa che sei busy, come si dice qua, il linguaggio dei folletti è come il nostro, alla fine, sì, sono busy, lo chiedo spesso anche a Osaro (il mio collega nigeriano, ricordi? Ci hai parlato per telefono), Osaro, are you busy?, quando ho bisogno di una mano, e lui no, non è mai troppo busyper me,  arriva al volo, ‘sta specie di acciuga, stende le pizze per me, mi aiuta a pulire, Thanks, gli faccio, e poi sperimento un po’, Danke, Gracias, Merci, sia mai gli venisse la voglia delle lingue, che poi alla fine Grazieè l’unica parola che so in tutte le lingue del mondo, io Ti amoinvece non so dirlo, citando il film, io Ti amo sono restia a dirlo, lo sono, lo ero, chi lo sa, so solo che all’Amico Speciale non lo dico e non me lo faccio dire mai, forse è scaramanzia vista l’ultima volta che l’ho detto, forse non ha più il sapore giusto, ora, o non serve, non ha scopi.

E potrei scrivere come mille altre volte che mi manchi, ma in realtà non è proprio così, c’è sempre una parte di te che è me, che si è depositata negli anni in fondo al mio cuore, e quando dico Amica non va bene e quando dico Sorella ci sono già più vicina, ma no, non è esatto, dovrei inventarmelo un appellativo per te, un nuovo sostantivo che ci descriva, ma proprio io che amo inventare le parole e giocarci non ho idee. Allora dirò solo che sei un’Ale per me, ti renderò metafora, nel mio piccolo mondo il tuo nome avrà per sempre il significato di un sentimento che è tutto nostro, privato, inspiegabile al resto del mondo, ma che ce ne frega, mica è obbligatorio spiegare, obbligatorio è vivere, quello sì.

In questo momento in cui le certezze scivolano, ti ritrovo, come sempre, fragile corpo di quercia accanto al mio anche a miglia di distanza, la mia incasinata Ale.

E oggi ho voglia di dedicarti una canzone che ha un titolo che ci siamo dette milioni di volte, è un inno a quello che siamo quando siamo insieme, sopravvissute, nonostante tutto e tutti. Sopravvivremo perché ci sono Amori nella nostra vita che sono certezze, che sono veri, che non hanno bisogno di aspettative. Perché, nonostante tante volte ci siamo ripetute che non ne siamo capaci, invece, noi, sappiamo amare.

 

 

 

Quello che conta. Per Te

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Oggi è il tuo compleanno.

Un giorno speciale per me.

Lo so che ti ho già fatto gli auguri veloci su Whatsapp stamani, e mandato un video scemo con Little Boss, e che ci siamo sentite per telefono fino a un secondo fa, tu con il tuo mal di denti, io con le mie solite paturnie (ma sto migliorando, vero? Sono sempre più brava nella gestione del dolore, qualcosa dovrò pur aver imparato, la maturità a qualcosa porta davvero).

Manca poco, pochissimo al giorno in cui, finalmente, ci potremo riabbracciare. Quanto tempo è passato? Nemmeno me lo ricordo più, amica mia. Ma sarà come essersi viste ieri, lo so. Sarà un po’ difficile riconoscersi all’inizio, più magre, con qualche ruga di dolore in mezzo alla fronte, ma sempre noi, sempre le stesse. Quel nostro rapporto speciale che nessuno capirà, a cui nessuno ha dato credito in passato, la nostra forza, la mia forza ha il tuo volto.

Chissà quanta magia hai imparato laggiù, dai folletti, quante storie dovremo raccontarci fino a notte fonda (ora sono più brava a resistere quando le stelle infiammano il cielo, una piccola eredità di qualcuno che ho amato), quanto dovremo ciacolare, no?

E non vedo l’ora, e stavolta il count down lo faccio per te, siamo già a meno quattro, perché lo sai che i miei giorni finiscono presto, ma per te li farò durare tutto il tempo possibile.

E sì, un giorno verrò a trovarti in mezzo ai folletti, mi farai vedere le tue magie, come hai già fatto nel paese che era un collegio, ricordi?

E quello che io ti auguro è di ricordarti sempre sempre sempre che sei una persona speciale e ciò che ti chiedo, per me, egoisticamente come solo l’amore può essere, è di non permettere mai a nessuno di dirti il contrario.

Io e te sappiamo che la profondità delle cose è insondabile, a volte inspiegabile, che va presa come un atto di fede, a volte bisogna solo arrendersi e crederci, senza paura, e io con te non ho mai paura.

Quando ti dico che ti voglio bene è sempre un limite.

Oggi è un giorno speciale per me.

È il tuo compleanno.

Non smetterò mai di ringraziare questo giorno.

 

Ti dedico questa canzone che mi ha fatto sentire Little Boss. Perché è bella. Perché tu, un po’ pazza, lo sei…

 

Riposarsi, rilassarsi, riguardarsi

post 67

 

Il giorno prima dell’intervento. Cioè oggi.

Ultimo giorno di lavoro, cerco di farmela prendere bene, mi godo i miei clienti, li coccolo e in cambio ricevo, come sempre, grandi sorrisi. Ci sono volte che amo le persone.

Una ex collega viene a trovarmi, l’ha saputo, resta a pranzo con noi, si scherza su cosa dovrò fare domani, ci facciamo tutti delle grasse risate, siamo a tavola in sei, oggi (di solito siamo in tre, ma si è aggiunta una collega fuori turno e la nuova aiuto cuoca), il mio Boss tira fuori una bottiglia di vino (riserva) e si brinda.

Avrei preferito brindare dopo, Boss, gli dico.

Ma questo è un augurio, risponde.

Un sorriso al Boss.

Passa un amico a trovarmi, sta lavorando qui vicino, mi dice. Io nel frattempo ho finito il turno, mi chiede come sto, mi dice che domani alla Normale c’è il traduttore di Haruf. Che cazzo di sfiga! Non posso. E gli racconto tutto. Ma alla fine mi metto a ridere anche con lui, questa cosa si vede che è divertente e io non lo sapevo, ma sì, me la rido. Un grande abbraccio, in bocca al lupo, in culo alla balena, auguri, e io non so mai che rispondere, ma mi prendo tutti queste parole, che sono parole per me, mi prendo tutti questi abbracci e questi baci, e questi Ci vediamo martedì!, Mi raccomando!, e questi Ma per avere cinque giorni di festa tutta questa storia dovevi inventare? , e rido, e sorrido, e va a finire che ho finito il turno da due ore e sono ancora lì. E intanto iniziano a chiamarmi mio padre e mia madre.

In questa cosa sono unitissimi, si chiamano da giorni, organizzano, A prenderti a casa ci vango io (mamma), Io faccio il brodo (babbo), che verrebbe da dirgli, mica ho l’influenza, eh!, Devi prendere le ciabatte, Posso restare a dormire io…

Torno a casa e mi gira la testa.

Chiama l’Amico Speciale che, vi ricordo, ho mollato impunemente.

Domani ho preso un giorno di festa, ti rompe se ci sono?

Ma come cavolo fai a pensarlo, che mi rompe.

Ho mollato proprio un bravo ragazzo…

E mentre gli altri pensano, si affannano (la spesa ce l’hai? Il certificato va fatto dove? Chi dorme con te domani notte?) io per una volta questa cosa la vivo passiva.

Quello che mi interessa davvero è vedere almeno per un’ora la mia piccola creatura, domani, avrò bisogno del suo abbraccio, dopo, non posso non vederla. E allora per quello mi arrabatto, chiedo, mando messaggi, domando: voglio solo questa sicurezza. E la voglio in maniera del tutto egoistica. Sono una madre di merda, pazienza. Io di lei ho bisogno come l’aria. Perché sa farmi ridere, sa consolarmi, lei è magica, e una come me non se la merita una figlia così, ma a me è toccata e allora me la godo, come stamani che mi ha chiesto, prima di alzarsi, se restavo con lei abbracciata solo per un minuto…

E quindi ho paura? Sì. Non dell’intervento, mi rendo conto oggi, ma del dopo. Perché dopo dovrò, almeno per un po’, girare un po’ più lenta, come un motore che ha qualche valvola da regolare o che so io. E dovrò riposarmi, mi dicono tutti. Gesù…ma come si fa?

Riposarsi, rilassarsi, riguardarsi. Iniziano tutte per ri. E non ne so fare una. Forse il mio è un problema etimologico…

(Sono stata bravissima a non parlare di TDL in questo articolo: vedete come sono brava? Non che lui non ci sia stato nel giorno stesso e nei precedenti: c’è stato eccome. Ma io sono di parola e non ne scrivo, non ne parlo. Mi applaudo da sola!)

E quindi ieri era il mio compleanno

post 46

E quindi ieri era il mio compleanno. 

Eccoli arrivati, i 40. Ora sono una che finisce in -anta. 

Vi ricordo che il mio compleanno non era proprio ieri, lo ieri in cui pubblico questo post, come vi ho già scritto, ma circa un mese fa, un po’ meno, ora, in effetti, perché sto pubblicando di più e scrivendo meno cercando di mettermi in pari, cosa che non ho ancora calcolato quando avverrà. Diciamo che quando avverrà ve lo dirò. Quando sarò temporalmente stabile e non rivivrò più momenti passati forse qualcosa cambierà, forse mi sentirò meglio, o peggio, non posso prevederlo. Non posso prevedere nulla, ora, in effetti, al contrario di come faccio di solito, che mi immagino il futuro, lo calcolo eccetera. Mi sento sotto l’influenza del butterfly effect. Sarà la vecchiaia? 

Perché quando arrivi a una soglia e la varchi senti sempre che qualcosa lo hai lasciato indietro. E io oggi voglio dirmi che ho lasciato indietro solo lo schifo, ma non ne sono del tutto convinta. Sono perplessa. 

In ogni caso quello che c’è da qui in avanti sarà di certo un certo tipo di cambiamento fisico. Certo, non da 40 anni e un giorno, sarà graduale. Spero. Forse è per questo che i miei colleghi mi hanno regalato un buono dal parrucchiere, un messaggio del tipo: coprili, quei capelli bianchi, vecchietta. 

Ma giuro che se mia madre mi regala una crema antirughe…

L’Amico Speciale non si è invece smentito e mi ha regalato il suo tempo con me ieri pomeriggio e un Kill Bill  sul mio divano davanti a un piatto di pasta con le cime di rapa cucinata da me, quindi discutibile. No. Non è vero: faceva ribrezzo, ma ha mangiato come se fosse addirittura buona… Lui non è un tipo da regali fisici, un fiore, un foulard, ma va detto che mi regala molte altre cose belle. Nei suoi confronti sono un’arpia, sempre a mettere paletti e divieti, ma non ingiusta. 

TDL invece mi ha solo mandato un messaggio in cui mi chiedeva se era il mio compleanno: San Facebook? Ovvio. E allora perché chiedi. Così gli ho ripeto che no, non lo era, era solo una data scelta a caso per farmi fare gli auguri. Silenzio.

La mia Little Boss ieri non era con me e quindi tra una cosa e l’altra ho ricevuto solo un misero Ah, auguri, mentre parlavamo al telefono di compiti da fare e orari. Sì, sì, lo so. Si rifarà stasera, ne sono certa, quando andremo a cena da mia madre (gulp!) che per l’occasione ha invitato anche mio padre (prima volta a casa sua) che per ricambiare la cortesia la reinviterà in occasione del suo compleanno, a fine mese: insomma: i mondi cambiano e i due divorziati per eccellenza -con urla e sangue- alla fine stanno facendo pace. Ci sono voluti solo 20 anni: un tempo giusto, direi. 

Ma devo dirlo. Il regalo migliore l’ho ricevuto stamani da Ale. Un email lunghissima e bellissima dove mi augurava di fare mille cose splendide, e io manco una ne ho fatta, ma le farò, prima o poi. Ci riesco, prima o poi. 

E allora finisco questo post mettendo un po’ di Ale, qui. Sono certa che non si arrabbierà…

Ciao  Moon, 

è dalle 9 di stamani che converso con te e non lo sai

Ho in mente una scena, non mi ricordo bene quando, in cui te con un bicchiere di vino in mano ti volti e mi dici che non vuoi essere festeggiata per il tuo quarantesimo compleanno.

Mi auguro di cuore che tu stia festeggiando, anzi spero che ti stiano festeggiando come è giusto che tu venga festeggiata.

Ti auguro la sorpresa che io non sono riuscita a farti, ti auguro una leggera arrabbiatura per una festa a sorpresa che non volevi ma è riuscita bene e ti scappa un sorriso 

Ti auguro una improvvisata, un regalo per te da chi pensa a te. Magari niente di romantico, ma utile, perché chi ti fa un regalo utile sa di cosa hai bisogno e ti fa risparmiare magari 30 euro per quel pezzo della cucina che si rompe

Ti auguro una lacrima di nostalgia verso il tempo trascorso, ma un pianto di gioia per il tempo che partorirai da ora in poi

Ti auguro di tenere per mano qualcuno che ti faccia sentire protetta quanto te hai voglia di proteggerla

Ti auguro una sbornia allegra che ti fa ballare una vecchia canzone della Bandabardò

Tanti auguri di routine

Gli auguri della tua famiglia sgangherata, ma neanche troppo

Un regalo inutile ma romantico

Un abbraccio di quelli talmente familiari che non ti ricordi neanche di aver ricevuto ma non per questo meno sentito

Un abbraccio di quelli da stritolo da qualcuno che non vedi da un po’

Una carezza di tua figlia

Un bacio mentre dorme a tua figlia

Ti auguro di trovare una cena pronta quando sei troppo stanca per cucinare 

Ti auguro un pò di solitudine per goderti un caffè e una sigaretta prima di cominciare a correre la tua giornata

Un angolo comodo e caldo per te

Un’arrabbiatura che diventa abbraccio

Una torta bella e comprata

Una torta fatta per te anche se un pochino sbruciacchiata

Una buona torta con 40 candeline da spegnere 

Un desiderio sincero

Un panino cotto e fontina

Uno due tre … cinque cento …mille desideri che vedrai avverarsi

La forza che hai avuto fino ad ora raddoppiata

Un passo dopo l’altro

Ti auguro un cappello buffo(ieri ho visto un matrimonio e voglio un cappello assurdo e orrendo come quelli)

Ti auguro di lasciare le zavorre in un angolo 

Ti auguro un cuore leggero almeno per qualche momento

Ti auguro di arrabbiarti sempre di fronte alle ingiustizie

Ti auguro di trovare la pentola d’ oro alla fine dell’arcobaleno 

Ti auguro di trovare un paio di scarpe belle e comode a 10 euro

Un tanti auguri in ritardo

Un milione di rinascite

Ti auguro di trasmettere a tua figlia la ribellione verso i soprusi

Il rispetto di te stessa 

Un biglietto di auguri sonoro

Le candeline che non si spengono e una cappellino a cono colorato

Una spalla che ti sorregge prima di cadere

Una mano che ti aiuti ad alzarti ogni volta che cadi

Una serata sul divano a guardare qualcosa di divertente 

Ti auguro un viaggio in autostop

Un complimento da uno sconosciuto

Ti auguro di chiedere “hai mangiato? ti cucino un piatto di pasta se hai fame”

Ti auguro di sentire questa domanda rivolta a te

Un sonno ristoratore

La bellezza dei colori autunnali

Di dividere una cena in un unico piatto 

Una carezza che fa scendere i brividi sula schiena

Ti auguro Passione 

Ti auguro….

Di vivere e non sopravvivere qualunque cosa voglia dire

Soddisfazione per te stessa

Un paio di occhi che non ti giudicano e fanno finta di credere alle bugie che dici

Ti auguro ….

Io invece auguro a tutti voi di trovare un’amica così…

No: vi auguro di incontrala, una donna così…

Cambia musica, Moon, per favore…

post 29

Il mio piccolo appartamento un tempo era la canonica della chiesa del paesello in cui vivo. E la chiesa c’è ancora. È sotto i miei piedi, mentre scrivo qui al computer, e alle sei ogni sera, ogni sera, c’è la messa, e le dolci vecchiette cantano, e quindi avere Damien Rice che si sovrappone ai vari Alleluia fa davvero strano.

Mi sono fissata con questa canzone, 9 Crimes, fa parte della famosa playlist da Kleenex, chissà perché quando siamo tristi ascoltiamo musica triste, dovremmo fare al contrario, oppure ascoltare solo musica allegra, che ne so, i Green Day con Stray Heart, una canzone che mi mette sempre la carica, ma non in questi momenti, non ora, che TDL mi sta massacrando con i suoi messaggi, ma perché non riesco a smettere di leggerli e festa? So che non vorrebbe farmi male, ma non è nella condizione di non farlo, non può non farlo, è proprio inevitabile, ed è per questo che me sono andata, è perché come si muove si muove, cosa dice dice, mi farà male. Sempre. 

Cosa siamo ora?, gli chiedo. 

Oh, Moon, sempre a fare le domande peggiori, le più difficili, nei momenti meno opportuni.  

Ma cosa deve rispondere, TDL? Ma cosa vuoi che mi risponda? Lui la sua scelta l’ha fatta già. L’ha fatta prima di conoscermi, anche se mi dice che saremo legati per sempre. E un po’ di quel legame, un po’ di quel filo che ci unisce, lo sento sempre dentro, come catene pesanti che mi impediscono di muovermi, di andare. Mi sento senza un’ala.

Ma forse al verità è ancora più semplice. 

Sono io che non ho capito, sono io che non ho visto, oppure sono io che ho voluto vedere troppo, e ora sono intrappolata qui, e non so come uscirne. 

Poi mi ripeto che le trappole sono solo mentali, ed è vero che io sono una campionessa a costruirle, se ne volete, posso farle per tutti a costo zero. Così come dialogo con me stessa ab aeterno: 

-Ma come si esce dalla trappola mentale dell’amore?

-Ehi, Moon, ma l’hai già detto! Serve Tempo, 365 giorni, scontato, lo hai detto all’inizio.

-Sì. Ma nel mentre? 

-Eh, nel mentre, scrivi.

-Ci sono giorni che non mi basta.

-Allora fallo: piangi e stop. 

-Detesto piangere.

-Sei una rompiballe, Moon…

-Lo so, sono una rompiballe. 

-Hai anche altre cose, poi, non dimenticarlo.

-Tipo?

-Little Boss

(Sorriso)

-Ale

(Sorriso)

-Gli amici. Tutti. Quelli vecchi e quelli Nuovi e atipici.

(Sorriso)

-E gli abbracci…

-Giusto. Hai ragione. Ho un sacco di cose per cui sorridere.

-Almeno per stasera la abbiamo sbarcata, no?

-Sì. Però cambia musica, Moon, per favore…

-Va bene…

O più spazio o più armadio

post 16

Ale non vive più qui.

Vive da un’altra parte, anzi, dall’altra parte del mondo. In mezzo ai boschi, più o meno, tra le fate e gli gnomi, credo, facendo un lavoro che secondo me ha a che fare con la Magia, quella vera. 

Ci sentiamo quando possiamo, ci scriviamo quando possiamo, proprio stamani mi è arrivata una sua mezza mail (che io immagino abbia scritto fino a che uno gnomo non l’ha disturbata dicendole che a mezzanotte si sarebbe trasformata in zucca o una cosa simile) dove mi parlava di stanze. Vive, per il momento, con una tizia sudamericana, non sa nemmeno lei di dove, non è una donna di molte parole. Io immagino sia una specie di sciamano, ma sono solo ipotesi: cosa davvero faccia Ale lì è un mistero, e se lei vuole che resti tale io la rispetto. Insomma, la tizia-sciamano il primo giorno le ha detto: ci sono due stanze in questa casa. Ne puoi scegliere una a tuo piacimento. Nella prima c’è più spazio, nella seconda c’è invece un armadio più grande. 

Lei ha risposto solo: o più spazio o più armadio: capito.

E questa frase me l’ha girata. E io l’ho girata al mio piccolo neurone, che la sta elaborando per benino. 

Ha ragione: o più spazio, o più armadio. Non si può avere entrambi, bisogna scegliere.

Ho pensato un po’ a tutta la mia vita. C’è stato un tempo in cui avevo un armadio enorme e ben ordinato, ma lo spazio era davvero minimo, soffocante. No. Era una vera e propria Trappola Infernale. Ho passato anni a ignorare il fatto che non c’entravo, nella stanza, passavo giornate intere a guardare solo l’armadio e pensavo: mi basta questo, dopotutto mi basta… ma poi un giorno mi sono svegliata. Non so come ci sia riuscita, ho tante ipotesi e non vi tedierò elencandole. Conta il fatto che mi sono svegliata e che mi sono resa conto che no, armadio bello quanto vuoi, ma ho bisogno anche di spazio. Così ho fatto le valigie (a metà, ovviamente) e mi sono trasferita nella stanza con più spazio. All’inizio era tutto un saltare di qua e di là, la mia mezza valigia entrava perfettamente nell’armadio minuscolo. Chi se ne frega dell’armadio, pensavo: ora sono libera! Faccio la mia vita. Nessuno può più dirmi cosa fare, pensare, vedere…insomma, avete capito. Ma poi ho iniziato a comprare altri vestiti, si vede (sono una donna, dopotutto, amo i vestiti, anche se la maggior parte si riducono a jeans e t-shirt) e l’armadio ha iniziato a essere piccolo. 

Ora. Una persona logica direbbe: compra un armadio più grande e hai risolto. 

La fregatura è che con un armadio più grande ci sarebbe meno spazio. 

Quindi: o più spazio, o più armadio. Non se ne esce. 

Questa complicata metafora si riferisce alla mia (devastante) vita sentimentale. Il mio matrimonio è stato per molti versi soffocante e quando è finito mi sono trovata a gestire un sacco di spazio tutto mio (altro che Una stanza tutta per me, come diceva Virginia! Tutte le stanze ora erano mie!). 

È stato bello, ma poi passa il tempo, Little boss cresce, tra poco sarà una piccola donna, farà la sua vita e le sue scelte, come è giusto che sia, eccetera. E io… forse, dico forse, sento il bisogno di avere una vita mia, una persona accanto e tutte quelle cose lì (ancora un po’ imprecisate). Allora mi dico che TDL magari ha fatto tanta presa per questo motivo. Perché volevo più armadio. 

Perché non ci si accontenta mai di quello che si ha, in fin dei conti. O almeno, così succede a me. L’inquietudine pessoana regna sovrana. 

E così mi dico che alla fine sono fortunata, dopotutto. Ho ancora più spazio. 

Per l’armadio deciderò poi.

L’Amico Speciale

post 10

Mi rigiro tra le mani uno di quelle casette da turisti, una palla di vetro con dentro una Mont San Michel in miniatura su cui piovono finti fiocchi di neve quadrati. È un regalo di una amico. Amico. Insomma. Diciamo un Amico Speciale. Un amico con benefits. Da due anni a questa parte l’Amico Speciale è stato spesso una spalla su cui piangere. E ho pianto un casino. È stato spesso un posto caldo dove rannicchiarsi nelle sere d’inverno. È stato spesso anche solo una presenza solida sul divano accanto a me, guardando film e documentari sulla seconda guerra mondiale (ognuno ha i suoi difetti). Cosa ci sia davvero tra noi ancora non lo so. C’è. Mi fa bene. E non mi voglio fare altre domande. 

L’Amico Speciale è tornato dalla sua vacanza ieri sera all’ora di cena e ha bussato ala mia porta. Occhiaie profonde, una bottiglia di vino in una mano, la palla di vetro nell’altra, un sorriso appena accennato che non necessita di altre parole. Ho messo su un po’ d’acqua e ho cucinato della pasta. In bianco. Lui si accontenta di tutto.

L’ho aggiornato sulle novità, gli ultimi messaggi folleggianti del mio ex, il progetto con il Grande Artista, il lavoro. Trenta minuti di chiacchiere ininterrotte (mie) e di lento masticare la pasta scotta (lui). Siamo in armonia per questo: io parlo e lui finge di ascoltare. E poi finisce sempre anche la mia porzione di pasta, che io non mangio per negligenza. 

Ho sempre detto più o meno tutto all’Amico Speciale, ma non so perché non riesco a dirgli di TDL. Non riesco a parlarne davvero con nessuno, come se fosse solo un parto della mia immaginazione o che so io, qualcosa che voglio tenere al caldo, solo per me. È un amore così fragile che mi sento in dovere di proteggerlo dal mondo. 

Comunque, dopo cena l’Amico Speciale ha iniziato a sbadigliare e mi ha chiesto se poteva restare a dormire. Viaggio lungo, sono tante ore che sono sveglio, una doccia e poi dormiamo? 

Mi sono stesa sul suo petto che profumava del mio bagnoschiuma mentre lui mi pettinava i capelli, ho chiuso gli occhi e mi sono addormentata subito. È stato un bel dormire. 

La mattina davanti al caffè gli ho detto: dovremmo farlo più spesso, di dormire insieme. Lui non ha detto nulla, mi ha dato un bacio sulla fronte e se ne è andato. Tornerà. Torna sempre. Di sicuro non torna per la mia cucina. Credo sia un po’ come stringersi l’una all’altro per non cadere nel precipizio. Ma senza tutta quella roba sulla disperazione. Ci teniamo stretti perché siamo lì entrambi e non c’è nessun altro. 

E ora che se ne è andato, io mi rigiro la piccola Mont san Michel tra le mani, bevo il terzo caffè della mattina e penso che alla fine tutta questa sfortuna non ce l’ho davvero. Guardo attraverso la palla di vetro e penso al mio futuro. 

Il Cerchio di Moon e Ale

post 9

Ci sono giorni, come questo, in cui penso che l’amicizia sia fondamentale per una persona. Almeno lo è per una persona come me. 

Devo essere sincera, non ho sempre creduto ciecamente nell’amicizia, l’ho sempre considerata una cosa fasulla, un po’ come l’amore. La mia militanza nel Partito dei cinici è stata ferrea, è stato tutto un Yes Sir! dall’età di tredici anni, più o meno, dall’età della mia prime delusioni, amicizia e amore, roba che forse era influenzata dagli ormoni ballerini e dall’ingenuità, insomma la mia prima cotta mi disse che somigliavo a un ranocchio, la mia prima amica mi ha tradito fregandosi il merito di un progetto a cui io avevo lavorato da sola. Un inizio con il piede sbagliato nella Moonlife. 

Poi a vent’anni ho conosciuto Ale. La donna migliore che conosca. La persona migliore che conosca. L’essere vivente migliore che conosca. 

Ale è. Punto. Senza dire altro.  

È completamente diversa da me.

Ma non mi giudica.

È una grande ascoltatrice.

Ma ama parlarmi di sè.

È un’amante della birra.

E questo ci accomuna.

Lei è semplicemente la mia anima gemella, esiste solo per me, e io mi sento di esistere solo per lei. Ma abbiamo delle vite completamente separate. È qualcosa che faccio fatica a spiegare. 

Visto che mia madre si è scoperta lesbica a cinquant’anni, come è ovvio e di rito, mi sono fatta delle domande. Non che non me lo fossi poste anche prima, la mia generazione lo ha imposto di sicuro, meno forse della generazione di mia figlia, ma più di quella dei miei genitori. E queste domande me le sono poste con lei. Era l’unica a cui potevo affidarmi. Abbiamo risolto con lo stesso pensiero: è come se ci amassimo, ma senza l’urgenza che mette addosso il sesso. È come un amore platonico. E io la catalogo come Amicizia vera. 

Dopo di lei ne ho cercate altre. 

Nessuna è come lei, sia donna che uomo, ma ho scoperto altre forme d’amore che non pensavo possibili. E devo tutto ad Ale. 

Ora posso parlare di Cerchia, un po’ come se fossi in Google +, ma nella realtà. Ho scoperto che ci sono persone che faccio entrare nella mia zona, un cerchio che traccio intorno a me e che TDL chiama Cerchio di Moon (C.M.). Quelle persone sono dentro. E per uscire dal CM ci sono solo due possibilità: o la fai immensa (il mio ex ne è uscito proprio così) o te ne vuoi andare. 

Chi vuole restare nel CM lo fa a suo rischio e pericolo. Il rischio è quello che si corre con una Bulimica di Vita (B.V.) come me, il pericolo è affezionarsi troppo. In ogni caso la vita può essere sconvolta da pensieri che scavano in profondità, che non danno nulla per scontato, che fanno guardare il mondo con occhiali tristi, in certi giorni, o occhiali fluo, in altri. Su questo non posso farci proprio nulla….