
Da quando ho iniziato la dieta simil-vegana (in pratica vegana, ma senza alcune verdure e i cereali raffinati) mi accadono le cose più strane.
Tipo un paio di settimane fa era il mio compleanno. Di nuovo. Sembra che questo blog ruoti intorno agli anni che passano, il che potrebbe essere anche vero. Arrivati i magici 43, magici per chi? Ah, boh.
Comunque il punto è che per il mio compleanno non ho praticamente festeggiato, come fanno tutti i vecchi, dopotutto. Ho ricevuto tantissimi auguri, soprattutto grazie a Facebook che ricorda il giorno anche al mio amico di infanzia che non vedo più dall’infanzia, appunto, ma poi la giornata è trascorsa lavorando (come un mulo) e pensando ai Mille modi per risolvere una situazione complicata alla quale non vorrei pensare ma sono costretta.
Però mi sono fatta un sacco di regali. Io. Da me sola, intendo.
Uno di questi è l’Alexa già nominata qui.
E poi vado al Bottegone delle Grandi Scarpe near here e, per caso, (leggi: fortuna) mentre girottolo per trovare un banale paio di scarpe da ginnastica per Little, mi imbatto in Loro, Un paio di Scarpe che mi piacciono. Una cosa difficile, ultimamente. Le guardo, passo oltre, ci ripenso, torno indietro, le provo. Mentre decido che sono mie appare la commessa che commenta con ingiustificato disprezzo che Sono proprio il tuo genere. Fuck you, commessa del Bottegone delle Grandi Scarpe. Ma ha ragione, sono il mio genere, scarponcini tipo Timberland con il velluto all’interno. Torno a casa e le tiro fuori entrambe dalla scatola. Vado per staccare il cartellino e leggo: Vegan shoes. Ok. il veganesimo fa pressing nella mia vita, penso. E vado oltre.
Sabato convinco l’Amico Speciale ad accompagnarmi alla Cittadina per rifornirmi da Kiko (che alcuni converranno essere la nuova Deborah, ovvero la nuova linea/catena per truccare le poracce come me). Mi trucco il minimo sindacale, ma quel minimo… Mentre l’Amico Speciale si diletta, fuori dal negozio, a comprare croccante e brigidini da un banchetto in allestimento, io tento di capire cosa diavolo sia un CC blur. La commessa si avvicina commossa (l’allitterazione era voluta) e mi spiega che c’è, in promozione, anche la linea di rossetti vegani. Sento l’A.S. ridere da fuori. Ma che diavolo è un rossetto vegano? Vero che mia nonna mi diceva che il burro di cacao, lungi dall’essere una cosa buona da mangiare nonostante il cacao inserito nel suo appellativo, era fatto con lo sperma di toro. Ma in fondo io non le ho mai creduto… mia nonna credeva nella combustione spontanea e negli UFO. Beh, ora sarebbe stata una terrapiattistaperfetta (o una terrapiazzista, come dice l’A.S.).
Esco senza il rossetto vegano e decido di sfruttare, il giorno dopo, il mio regalo fatto dai colleghi: una cena al Ristorante.
Ok. A voi sembrerà brutto regalare una cena nel proprio posto di lavoro e in generale concorderei. Ma voi sapete quanto mi costa portare i piatti a tavola sapendo che non potrò mangiarli? Pici cacio e pepe, tagliatelle al cinghiale, patatine fritte, solo per citarne alcuni. Quindi una pausa dalla dieta per una sera di certo non mi ucciderà.
Come è ovvio ordino una tagliata ai porcini. Al sanguissimo, come piace a me. (vedi foto)
Ciò che mi sciocca è che… credevo di gustarmela di più.
E invece no.
Esco con la pancia piena ma le papille poco soddisfatte.
Il veganesimo sta iniziando ad appropriarsi della mia vita? Sono le scarpe che indosso? il richiamo del rossetto vegano?
Non ci è dato saperlo.
Potrei chiedere sempre aiuto ai Meganoidi?
Vado a riposare le palpebre stanche con questo pensiero, sperando che in sogno non arrivi l’Omino di pan di Tofu: a Natale non venderebbe come il suo fratello inglese…