E io guardo Sharknado

Stamani ho deciso di scrivere Senza censura (non so se vi ricordate: esisteva un programma su Rai 3 una volta, con questo nome).  

Fanculo, quindi, al mio Acerrimo Nemico. 

La settimana è stata pesante come il cinghiale della pubblicità del Brioschi, quindi me lo voglio concedere.

Inizio da lunedì, un giorno di festa in cui, dopo mesi, ho rivisto l’Amico Atipico. L’unico giorno in cui mi è sembrato di vivere. Rivedere lui, parlare del più e del meno, del lavoro (io), della ragazza psicopatica (lui), bersi un cappuccino, pranzare con Little dove (per dirla nel mood locale) ci sono le fie con le rote (l’American diners, dove le ragazze servono sui pattini a rotelle) è stato corroborante. Ma è durato come un gatto in tangenziale. La realtà, quella vera, è arrivata alle 15.00, quando è arrivato il tecnico per revisionare la caldaia: 120 euro. 

Martedì. Martedì è sempre un po’ follia, ricomincia il lavoro, io non sono mai in pari, basta il battito d’ali di una farfalla e perdo il passo, martedì ho perso il passo. Mercoledì ero ancora un passo indietro e, Covidnonostante, il Ristorante a pranzo si è riempito come se non ci fosse un domani. 

E qui sta il punto: sento tutto come se non ci fosse un domani. E io sono una maniaca del controllo. Il domani, per me, è importante. Io vivo per il domani. E oggi non c’è più, il domani. Domani cambia in modo improvviso, quando meno te lo aspetti. Basta un dpcm. 

Nel giro di tre giorni il mondo è cambiato. 

La gente ha avuto paura, il lavoro è calato e io non so più cosa fare. 

Nel giro di tre giorni, poi, anche la scuola è cambiata.

I ragazzi devono stare a casa, quando non si sa, la domenica sera ci sono le corse a guardare sul sito chi il lunedì sta a casa e chi no. 

E io cosa faccio. La cassa integrazione, ancora? Devo fare un trasloco, mi servono soldi, mi serve il lavoro. 

Ma mi serve anche non ammalarmi, mi serve che non si ammali Little, mia madre, mio padre, le mie nipoti. 

Mi serve che non ci sia questa guerra, 

Mi serve che un medico non mi dica cosa si dicono tra medici, così, mentre si beve il caffè che gli ho appena fatto, che non mi dica che i contagi sono 10.000 oggi e 30.000 domani e 60.000 tra tre giorni. 

Non voglio sapere dell’apocalisse, la immagino già di mio. 

Sono confusa, impanicata, il distopico che andava tanto di moda in letteratura un anno o due fa non è più distopico, è reale, e io che cosa faccio.

Io gioco a scala quaranta. 

Guardo la tv. 

Guardo Sharknado. 

Che se non sapete cosa diavolo sia, sappiatelo, che Sharknado ti toglie i pensieri, sul serio.

Perché la mattina sono un girotondo di articoli del Corriere, indiscrezioni sull’Ansa, veline dal Quirinale. 

Ma la sera per non implodere devo guardare Sharknado. 

Anche la mia Little implode. 

Non mi sopporta più, si tinge la faccia per non so quale motivo, sta in videochiamata con gli amici, pensa alle proteste perché tengono la mascherina in aula 5 ore invece di 4. Le sue piccole lotte. 

Ma la scuola li abbandona, li sacrifica. Ci prova a tenere duro, ma non può farcela, ci sono le Regioni che dichiarano: scuole chiuse e ristoranti aperti, e io sono in mezzo: tra i due fuochi. Due miei colleghi saranno messi a casa lunedì senza cassa integrazione, senza possibilità di essere licenziati (quindi disoccupazione). 

La mia piccola realtà. 

Io posso solo disdire l’ultimo appuntamento dal dentista, che spendere soldi ora per i denti non è il caso, facciamo i Cip e Ciop, mettiamo via qualche ghianda, che la storia qui su fa brutta e se dobbiamo rientrare in letargo ci serve cibo.

Martedì per ora io lavoro. Sono una delle fortunate. Ma non riesco a gioirne.

TDL (il minchione per eccellenza) mi chiama nazista perché lo rimbrotto se va in giro per il Ristorante senza mascherina. Dice che sono nervosa, negativa. Lui continua a chiamarmi bellissima e io lo detesto per la sua infinita superficialità. Per il suo egocentrismo esasperato. 

Su questa storia hanno tuti un’opinione. E si comportano di conseguenza. Ignorando il resto. 

Mia nonna diceva sempre che le persone sono capaci di guardare solo al proprio pezzetto di terra.

Io compresa, forse. 

Ho scritto questo pezzo come mi sento: in completa confusione. Perdonate quindi se ho saltato qualche passaggio logico. La logica, a oggi, mi sembra perduta.

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Genitori incazzati

Con l’inizio del nuovo anno scolastico le cose stanno radicalmente cambiando a casa Moon. 

Prima di tutto Little Boss non va più alle medie al paesello, ma al liceo alla cittadina, che dista un bel po’ ed è quindi costretta a prendere, come dicevo, il pullman e farsi un’ora di viaggio all’andata e un’ora al ritorno. Nulla di nuovo da queste parti se non fosse per il Covid-caos.  

E quindi, mentre a scuola le cose sembrano essere regolari (nel limite del possibile) con distanziamenti, mascherine fornite ogni 2 ore ai ragazzi e alcuni divieti logici (tipo non usare la palestra perché viene utilizzata promiscuamente anche da associazioni sportive esterne), sul pullman le cose cambiano. E molto.

L’Azienda Trasporti (che cercherò di evitare di insultare) non sta facendo proprio il suo dovere. Avrebbe dovuto incrementare le corse a causa della riduzione dei posti all’80%, ma non lo ha fatto. Mi riferisce Little Boss che sul suo, di pullman, spesso i ragazzi stanno addirittura in piedi, stretti come sardine. Gli autisti che fanno salire i ragazzi nonostante i posti siano esauriti rischiano. E tanto. 

Ma mai quanto l’autista che due giorni fa, causa pullman pieno all’80% come da regola, ha lasciato a piedi mia figlia. L’ha lasciata lì, nella cittadina, all’uscita di scuola. Il pullman successivo è alle 17.30. Little Boss non ha ancora 14 anni. e lui l’ha lasciata lì. 

Mia figlia è, grazie al cielo, abbastanza sveglia e subito si è diretta in un’altra corsia e ha preso un altro pullman che, sebbene non l’abbia riportata a casa, l’ha perlomeno avvicinata a casa. Tutto risolto, quindi? 

Col cavolo! Sono incazzata come una mina. 

Non è una questione di IoPago, ma di logica: tu, Azienda Trasporti, non puoi lasciare a 25 chilometri di distanza da casa una ragazzina di 13 anni. 

Allora ho fatto ciò che andava fatto: ho scritto una bella letterina all’Azienda e poi ho chiamato il numero della Regione che si occupa dei trasporti, segnalando l’accaduto. E mentre la Regione (la ragazza al centralino è stata gentilissima) mi ha risposto, perlomeno, come di dovere, dicendo che no, la situazione non va bene e che avrebbe fatto un esposto anche alla Provincia e all’Azienda stessa, l’Azienda Trasporti mi ha risposto così: 

Diamo debito riscontro alla sua segnalazione per informare che, dai dati aziendali in possesso, dall’inizio dell’anno scolastico, non risultano situazioni di affollamento che abbiano potuto impedire l’accesso al servizio. Preme inoltre informare che, al fine di compensare la ridotta capacità di trasporto come da DPCM del 7 settembre u.s. che consentono l’accesso sul bus fino all’80% dei posti previsti dalla carta di circolazione, sono state previste corse aggiuntive in orario di entrata/uscita delle scuole.

Disponibili per ulteriori ed eventuali chiarimenti l’occasione è gradita per inviare cordiali saluti.

Cara Azienda, vuoi la guerra? La vuoi? Perché io sono pronta a fartela. 

Prima di tutto vorrei far notare l’illogicità della risposta: dall’inizio dell’anno scolastico non risultano situazioni di affollamento che abbiano potuto impedire l’accesso al servizio. 

Ma non è ciò che ti ho segnalato io? Se non avevi dati prima te li sto fornendo io, no? 

E poi la chiusura della discussione, un po’ del tipo: ma dai, stai solo esagerando, noi abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo, ti stai inventando il problema. 

Parliamo di comunicazione, ora. Non avrebbero fatto figura migliore se avessero risposto che avrebbero monitorato e controllato la cosa? Poi, come di consueto, non avrebbero fatto nulla, ma intanto accettavano la mia segnalazione. E io mi sarei zittita fino a nuovo problema.

Ma con questa risposta mi stai aizzando. 

Così ho detto a Little Boss di fare dei filmati sul pullman quando è strapieno. Poi oscureremo i volti e li manderemo all’Azienda, tanto per iniziare. 

E se il mio fosse un problema isolato lo capirei pure. Ma sul giornale locale stanno uscendo decine di articoli del genere, lettere di famiglie, denunce per aver lasciato a piedi dei ragazzi sotto la pioggia. 

Mi sa che l’Azienda Trasporti non ha capito con chi ha a che fare: genitori incazzati.

Se Little continuerà ad andare a scuola (stanno mettendo in quarantena molte classi anche del suo stesso istituto) vi farò sapere come va a finire…

Primo giorno di scuola

Ore 6.30 del mattino. 

Little Boss è partita per il suo primo giorno di Liceo.

Credo di essere più nervosa di lei. 

Ho lasciato che scendesse da sola alla fermata (che comunque è sotto casa) e prendesse l’autobus fino a scuola, non l’ho accompagnata io, sebbene potessi. Volevamo entrambe abituarci fin dal primo giorno. È da ieri che fa i preparativi: zaino, outfit (che ai tempi di mia madre si chiamava abbigliamento, ai miei look). Alle prime due ore ha una materia che si chiama Pitt. e nessuno ha ancora capito cosa diavolo è, nemmeno la scuola stessa. Stamani si è svegliata alle 5.30, nemmeno un mugugno, nonostante per settimane si sia alzata alle 13, si è fatta fare il caffè, si è vestita, insomma se l’è cavata bene, anche se stava per uscire con il cartellino attaccato alla felpa, si è comportata da mini adulta quale è, diomio quanto sta crescendo veloce. 

Volevo farle una foto ricordo, il primo giorno delle superiori, come quella che ha per il primo giorno di elementari e che sto guardando proprio ora perché ce l’ho sopra la mia testa mentre scrivo: le avevo fatto due codine, ha il suo zaino rosa che le pende enorme sulla schiena, e un mezzo sorriso abbozzato. Così diversa da stamani, con i capelli lisciati dalla piastra e la mascherina chirurgica a nasconderle l’ansia. 

E il mio essere ansiosa per prima mi fa turbinare la mente di domande: si farà nuove amicizie? Come saranno? Si sentirà persa? Troverà la strada del liceo dopo che sarà scesa? E la porta giusta?(hanno entrate diversificate a seconda delle classi)Saranno difficili le materie? Si sentirà persa? 

E poi ancora: quanto durerà questa scuola? Riuscirà a evitare la didattica a distanza? La metteranno in quarantena? 

Lo so, vivere nella mia testa non è facile. Sto pensando di iniziare una dieta anti ansia, mangiando fiori di camomilla e foglie di melissa tutto il giorno come una capra. 

Ma nonostante l’ansia mi sento orgogliosa di quello che ha fatto finora e di quello che si accinge a fare. E, sebbene abbia preso da suo padre più di quanto vorrei, è una ragazzina in gamba, un po’ rigida nelle sue convinzioni, ma ha 14 anni, è un’adolescente.

Mi ha appena scritto dall’autobus che si è spaventata perché alcuni ragazzi sono scesi per prendere la coincidenza per un’altra città e lei credeva di dover scendere con loro… ecco che già si è sentita un po’ persa

Riusciremo a sopravvivere a questo giorno. E a quelli che verranno. Intanto chissà se la mia ansia mi lascerà andare a fare la spesa, stamani. 

Sesso, scuole e Covid

post 208

 

 

Di notte il mio telefono, a un certo punto, si disconnette dalla carica. Lo fa spesso. Io lo so che è solo colpa di quella cavità che accoglie il caricabatterie che non mi ricordo come si chiama, ma dentro di me, in piena notte, dico: è esausto.

Non mi sopporta più, sempre lì a consultarlo per ogni cosa, dalla ricetta per i ravioli al (drammatico) conto delle calorie per una banana (in realtà lo so, quante calorie contiene una banana, ma voglio essere rassicurata, come i bambini al buio nel proprio letto).

E se non lo consulto io, è obbligato a chiamarmi lui, con le millemila notifiche che mi arrivano: Facebook, Instagram, Duolingo (povero Duo… non lo cago più dopo che ho gettato la spugna con il tedesco, e lui lì a dirmi: Mi manchi! E lo dice sul serio), Corriere della sera (ognuno ha le proprie debolezze), Yazio per la dieta(hai bevuto? Hai inserito la colazione? Eccheppalle!)… e poi tutte quelle App per il lavoro: Google my Business, Tripadvisor. Messaggi su messaggi: Ma quando riaprite? Fate l’asporto? Vorrei 1 chilo di mignon per sabato… ehi, bella, aspetta!

In una di queste sessioni divertenti mi arriva la notizia del ragazzo che ha abbracciato la fidanzata all’aperto ed è stato multato. 400 euro, mica noccioline.

Chiamo subito l’Amico Speciale e gli faccio: te l’avevo detto? No? Vedi? La gente è folle e se usciamo insieme e non stiamo attenti ci becchiamo pure la multa.

Poi però mi chiedo: ma secondo loro due fidanzati che non si sono visti per due mesi interi causa lockdown, ora che è permesso, come si dovrebbero comportare?

E così apro il vaso di Pandora delle assurdità.

Ci sono decine di articoli (anche se poi mi rendo conto che più o meno è sempre la stessa minchiona a parlare)dove si consiglia alle giovani (o meno giovani, come noi) coppie come fare sesso durante questa emergenza.

La regola aurea è quella del niente baci con la lingua. Solo baci a stampo. Chè il virus si trasmette con la saliva eccetera. Uhhh. Godurioso. Ma andiamo avanti. Solo rapporti protetti. E, udite udite, necessaria l’igiene intima prima e dopo!

Ora. Io non è che voglio far polemica per forza, ma qualcuno mi spieghi che cavolo c’ha ‘sta gente nel capo. Qualcuno mi spieghi cosa c’entrano queste pratiche con la trasmissione del virus. Non è che credono sul serio a quello che dicono, vero? Non è che credono sul serio che due persone che fanno sesso con il preservativo e si stampano solo baci in bocca sono meno a rischio, vero? Ma soprattutto, non è che credono che l’igiene intima prima e dopo sia di qualche utilità, vero? E infine, non è che credono sul serio che due persone che stanno insieme si rivedano in casa a un metro (o un metro e 80, o due metri, dipende, questo) con la mascherina, vero?

Beh, a chiunque abbia letto qualcosa sulla rivoluzione sessuale forse è suonato un campanello d’allarme.

Ma tranquilli. Queste sono solo indicazioni da fonti non costituzionali.

Quindi facciamoci una grassa risata e finisce lì.

Quello che a mio avviso sta iniziando a costituzionalizzarsi, invece, è l’istituzione scuola come parcheggio.

Certo, certo, ci sono solo ipotesi, adesso, sulla ripresa della scuola a settembre. Ma in una di queste dichiarazioni-ipotesi, è stato suggerito di far tornare sui banchi i ragazzi fino alla terza media, lasciando a casa (o in didattica mista, ancora peggio) i ragazzi delle superiori. Il motivo? Beh, i ragazzi delle superiori sono grandi e sanno gestirsi da soli la didattica a distanza, inoltre possono essere lasciati a casa da soli se i genitori devono tornare a lavorare. Inoltre, aggiungono, i ragazzi sotti i 14 anni hanno bisogno della socialità.

La cosa mi sgomenta. In nessuna di queste dichiarazioni (ipotetiche, ok) viene messo al primo posto l’unico scopo della scuola: insegnare. E se è vero che lo sapevamo tutti, che la scuola non è un granché in linea generale (fatte salve alcune eccezioni, certo), adesso ce lo dicono proprio in faccia.

Sì, stamani mi sono svegliata nervosetta. Sarà che lo stress aumenta in proporzione ai giorni in cui non lavoro (e non porto a casa la pagnotta intera, ma solo mezza pagnotta), sarà che sono stufa di essere presa per i fondelli, sarà che sono seriamente preoccupata per il nostro futuro (in generale) e il nostrofuturo (mio e di Little, in particolare), sarà che guardo troppa televisione e troppe notizie e troppi approfondimenti (una cosa che avevo smesso di fare per non farmi saltare i nervi, e ora eccomi qui, quasi costretta a farlo).

Sarà che forse ha ragione il mio telefono, a essere esausto.

Dubbio del 16 Marzo: mia figlia è una strega?

 

post 184

 

Gooooodmorning WordPress!!!

È un altro bellissimo giorno a casa Moon, il sole è sorto (non lo davamo mica più per scontato), la temperatura esterna è di 3 gradi, quella interna di 18. Le notizie che leggiamo sul bollettino non sono rassicuranti, ma ce la faremo. Ce la faremo.

Oggi è l’ultimo giorno di reclusione Moon-Little Boss. Domani la porto da suo padre. Le dico che è fortunata, dopotutto, almeno ha due diverse location per fare la sua quarantena. Lei mi guarda di traverso.

Ieri notte ha sognato di passeggiare sul corso di Milano accanto al Duomo. Mi ci è voluto un po’ per capire che era la galleria Vittorio Emanuele II. E sognava di fare shopping. Ah…le tredicenni…

Che è una tredicenne lo vedo esponenzialmente day by day. Ad esempio, prima della chiusura delle scuole si è presa l’influenza. Ancora non c’era l’allarmismo Covid 19, il medico è venuto a visitarla, ha detto: Influenza stagionale e se ne è andato consigliandomi solo la Tachipirina. I sintomi erano gli stessi del Covid19: febbre alta, tosse, raffreddore. Al medico chiedo: come si distingue il Covid 19 dall’influenza stagionale? Lui risponde: non si distingue. Ottimo. Siamo andate avanti finché non è guarita, ci è voluta una settimana e mezzo. Nel frattempo in casa mia si sono alternate varie persone: mio fratello, mia madre, l’Amico Speciale. L’unica conclusione a cui siamo arrivati è che se era il Covid19 almeno uno di noi avrebbe dovuto prenderla. Sono passati più di 20 giorni, nel frattempo è scoppiato il caos e stiamo tutti bene (mia madre compresa, che era quella più a rischio, ma per l’influenza stagionale aveva il vaccino) e quindi non era Coronavirus. La nostra è stata una diagnosi a posteriori. O magari solo una botta di culo, vai a dirlo.

Ma la storia non era quella dell’influenza di Little Boss. La storia è quella della guarigione di Little Boss. Il martedì sera andiamo in ambulatorio (deserto, già il panico si stava diffondendo, le cose sono cambiate velocemente, nel giro di una settimana) per il certificato. Si torna a scuola domani, le dico.  Lei si fa rossa in viso, prova a protestare, ma poi è il nostro turno e dobbiamo entrare. Il medico la visita (igienizzandosi le mani ogni tre secondi, sembra un ossessivo compulsivo) e la dichiara guarita. Little Boss chiede: ma devo andare a scuola già domani?  Certo, stai bene, risponde lui. In faccia è talmente rossa che potrei scambiarla per un pomodoro e lasciarla all’alimentari.

Appena usciamo dall’ambulatorio sfodera il suo lato da dramma elisabettiano. Piange, urla, strilla, Non voglio tornare a scuola domani, non ero pronta, pensavo di andarci giovedì, non voglio tornarci in mezzo a quei deficienti della mia classe, sono tutti bimbetti,  io li detesto, odio la scuola, odio i miei compagni, odio tutto il moooondooo!!!!

All’inizio mi arrabbio per la sua pigrizia. Urlo un po’ anche io. Sono decisa: domani vai a scuola. Punto. Sono sempre permissiva, ma non per la scuola. Insisto: puoi piangere e urlare quanto vuoi, ma domani ci vai.

Poi mi addolcisco, con lei funziono sempre così, funziono per amore, e vederla piangere mi fa male.

A te piace studiare, Little, che cos’hai?

Lei tira su con il naso: vorrei poter fare i compiti senza andare a scuola. Non mi piacciono i miei compagni.

Passo la mezz’ora successiva a calmarla, a filosofeggiare sulla vita, sulla sua ingiustizia, le racconto qualche esperienza mia, di come alla fine l’ho superata, di quanto la vita sia questa: un guazzabuglio di regole che non ci piacciono, ma la società è questa e siamo esseri sociali, cresciamo grazie a questo eccetera eccetera eccetera.

La convinco. Smette di piangere e prepara lo zaino. Il giorno dopo è mercoledì 4 Marzo 2020. Alle 14 ci sono le prime indiscrezioni. Alle 19 Conte annuncia la chiusura delle scuole fino al 15 (poi prorogata al 3 Aprile).

Ora.

Io mi chiedo.

Non è che mia figlia è una strega e questo Covid19 ce l’ha messo lei per esaudire i suoi desideri da tredicenne che odia il mooooondooo?

 

Virgola, virgola, virgola

Post estemporaneo del 16 settembre

Oggi mi sono davvero massacrata con il lavoro, ho dormito l’equivalente di una notte in tre notti (pagherei a sapere come si nutre l’insonnia, che mostro terribile che è, maledizione!) e quindi ora mi sa che sono davvero stanca. 

Ma domani ricomincia la scuola…

Little Boss è su di giri, mia figlia è magica, ma davvero strana, non vede l’ora dei essere a domani, non fa altro che parlare, sorride, si agita per questa o quella cosa che non è proprio perfetta nel suo zaino, pensa a come migliorarla e allora disegna una nuova cover (lei la chiama così, non date colpa a me) per la scatola di latta delle matite, poi si ricorda che ha fatto un piccolo errore ortografico nel riassunto che doveva fare di un film(tristissimo) che gli hanno assegnato per le vacanze, e allora eccola lì che corre a ricopiarlo da capo, Mi aiuti per favore? Me lo detti? 

Eccerto che te lo detto, sei la luce dei miei occhi, ma ora di luce non ne ho molta, negli occhi, perché mi si chiudono proprio se sto sul divano a dettarti questo riassunto, Ma come cavolo le metti le virgole, LB? Non si mettono a intuito, ci sono delle regole! Ma io sono creativa, mi fa, mi piace scrivere creativo, e sebbene mi si stia sciogliendo il cuore per queste parole, sebbene io la adori come non mai perché alle volte è davvero creativa, nel modo giusto dico, stravolta la devo proprio cazziare, faccio la maestrina, che poi è una cosa che faccio spesso, proprio un difetto che dovrei correggere, e discutiamo sulle virgole e ci battiamo il cinque per le poche che approviamo entrambe. 

E sì, mi si chiudono gli occhi, ma stare con lei è sempre splendido, divertente, emozionante, e questa pausa che mi prendo da lei la prendo perché si sta facendo bella per domani e ha bisogno di tutte le sue cose, nel bagno: musica per l’occasione, una spazzola e la piastra per i capelli. Ma non di me. Non ora. Cavolo. 

Come sta crescendo.  

P.s. Le virgole le metto anche io un po’ a caso, un po’ per istinto. Ma non diteglielo… Sopratutto stasera, che il mio neurone solitario si sta lentamente dimezzando…