Dalla Sardegna con furore

Spiagge…
…e sassi

E le vacanze in Sardegna sono giunte al termine… 

Cose che ho imparato della Sardegna:

  1. Nell’entroterra non c’è NIENTE. Nulla. Il puro assoluto deserto. Non una casa, una capanna, un fienile, un recinto o altro che possa far presumere la presenza dell’uomo, fatta eccezione della strada asfaltata, da cui si presume che l’uomo, almeno una volta lì ci sarà stato. Per chilometri e chilometri. Manco una macchina nel senso opposto. E infatti le strade sono belle, poche buche. Non ci passa nessuno. 
  2. Lo sport nazionale è il tiro al cartello. Stradale. Se escludiamo la 4 corsie, non c’è un cartello stradale senza il segno di una fucilata o crivellato da proiettili. 
  3. I sardi sono gentilissimi e disponibilissimi. Altro che persone chiuse e taciturne! Se non avessimo avuto la scusa del traghetto, eravamo sempre lì a bere Ichnusa…
  4. Non ci son o spiagge brutte in Sardegna? Ni. Siamo stati sfortunati, va detto. Su 9 giorni, 8 ha tirato un maestrale che lanciava frustate di sabbia tali che pensavo di tornare senza pelle. Quindi poco mare. E siccome era mosso, qualche spiaggia sommersa dalle alghe l’abbiamo trovata. Nonostante tutto la spiaggia in questione era affollatissima. Quindi…mah. Ma abbiamo avuto poco tempo per esplorare. L’acqua comunque è imparagonabile alla nostra. Cristallina nonostante il mare mosso. Non si può fumare in molte spiagge. Bene! Diranno i più. Male per una tabagista, ma comunque la cosa non ha pesato neanche a me. 
  5. Noi toscani siamo abituati male. Dietro ogni angolo da noi c’è un pezzo di storia. In Sardegna la storia è solo quella dei vari nuraghe. Molto belli, antichissimi e misteriosi. Ma Little mi ha detto dopo il terzo: ancora sassi? Come darle torto? Voleva fare il mare! 
  6. Pecorino, malloreddus, pane carasau, guttiau, culurgiones, seadas… Cercando, in Sardegna si mangia e si beve benissimo. Basta allontanarsi dai posti troppo turistici. 
  7. Gli accenti. Nulla, non ne azzeccavo uno. Nomi di città/paesi. Sonorbi: dove metteresti l’accento? Sinòrbi? Sìnorbi? E invece è Sinorbì! Siniscola? Sinìscola? E invece è Sinoscòla. Me la cavavo solo con i nomi bisillabici, come Bono. Gli ultimi giorni ho preso la decisione di nominare un pese con tutti gli accenti possibili. Della serie, uno sarà! E quindi: Bàrrali, Barràli e Barralì. Tiè! In realtà un ragazzo mi ha dato una dritta mentre mi indicava un posto (di cui io ho, ovviamente, sbagliato l’accento). Devi fare così, ha detto, se pensi che un accento vada da una parte, tu lo metti da un’altra. È controintuitivo. E se lo dicono loro…

Ho imparato anche un sacco di cose su di me, in questa vacanza. Ma me le tengo per la prossima volta, io e l’Amico Speciale andiamo al mare (ormai l’ho intossicato) a dispiacerci per i nostri lidi e a rimpiangere quelli sardi, di cui così poco abbiamo visto. 

Posso comunque anticipare che mi sono portata via l’Anima Sarda

Czarne Lusterko

Date un’occhiata…

Ormai relego la scrittura di questo blog solo al sabato mattina e neanche sempre. Ieri ne parlavo con la mia Psi, lei mi dice che ho sempre usato la scrittura in modo catartico (non è un segreto, qui) e quindi, ora che sono in equilibrio, non ne ho più bisogno. Un po’ questa cosa mi rende triste. Non sentire la necessità di sciogliere le dita sulla tastiera. Che poi se mi ci metto, tipo ora, non è che non scrivo, come si vede. 

In ogni caso c’è una buona notizia: sto bene. No, non è che mi ci volesse la Psi per saperlo (in realtà mi ci sono volute cinque paginette scritte a mano, come sempre), ma sono felice di aver concluso anche questa cosa. Ora sto in piedi con le mie gambette, senza stampelle. 

La vita mi si srotola più o meno in modo lineare, senza alti o bassi particolari, impegno le mie giornate lavorando, seguendo gli altri impegni, come andare a trovare mio padre all’Rsa o fare la spesa, e i miei weekend socializzando, andando a teatro o alle feste. Insomma per la prima volta (dice la mia Psi) sto vivendo la mia vita. Wow.

E infatti invece di essere concentrata sulla mia vita, sono spesso concentrata su altre cose: ascolto podcast, come ho detto, leggo giornali, spippolo spesso per cercare cose. E dopo aver visto in tempo record la nuova stagione di Black Mirror (che da una parte mi è piaciuta, ma dall’altra sta iniziando un po’ a deludermi)spippola spippola ho trovato una specie di spin off polacco, dal titolo Czarne Lusterko. Tradotto significa Piccolo schermo nero, ovvero Little Balck Mirror. È una serie prodotta dal Netflix polacco e non c’è sulla piattaforma italiana. Però esiste invece su YouTube, in lingua originale con sottotitoli. Sono quattro episodi brevi, uno addirittura di soli 8 minuti e ricalcano il tema principale di B.M., il rapporto uomo- tecnologia. 

Devo dire che mi ci sono approcciata in modo cauto (della serie: è polacco, chissà com’è, maledetto razzismo televisivo!) e mi ha sorpreso. Si passa da Separazione, la storia di due youtuber che affronta il tema della popolarità sui social, a 1%, che3 parla della bioetica. C’è poi il cortissimo 69.90, tema: solitudine. Infine il mio preferito, Calcolo della felicità. Questo episodio parla di un’app che un fidanzato frustrato si fa impiantare. Questo marchingegno analizza il soggetto in questione (la fidanzata) e dà suggerimenti sulle cose da dire o fare per renderla felice. Ottimo no? Ho trovato l’inizio molto molto istruttivo (per me): lui si dimentica di un impegno nel weekend, lei se la piglia (non mi ascolti mai o peggio: non mi capisci), lui per farsi perdonare il giorno dopo torna a casa e pulisce tutto l’appartamento per lei, lei torna a casa, manco ci fa caso e si precipita in camera a prepararsi per una cena di lavoro o qualcosa di simile (che lui, di nuovo, ha dimenticato), dopo poco scende inviperita perché non trova un orecchino (si vede che era un orecchino importante) e si capisce che forse lo aspirato lui mentre puliva ( e poi lo ha buttato via insieme al resto), lei si incazza di nuovo (era meglio se non facevi nulla!). Ecco, questa dinamica iniziale, che spingerà poi il tizio a farsi installare l’app, è decisamente riconoscibile, seppur ovviamente esagerata. Siamo fatti così, come direbbero i nostri amici francesi. Mi ricollego dunque, di nuovo, alla Moon querelle per dire: non c’è modo di renderci felici a vicenda senza compromessi. Direi che, grazie a questo corto polacco, mi sono risposta. E sono felice di aver compiuto anche questo. In ogni caso vi consiglio questa miniserie, in tutto vi impegna un’oretta scarsa. Buona visione e buon weekend. Io costringo l’Amico Speciale a andare al mare, giusto per fare compromessi! 

Real Human Bodies Exhibition (un altro non reportage)

Ormai faccio troppe cose, vedo troppa gente. Sono diventata una signora, sto a casa anche quattro giorni di fila, i miei amici mi prendono in giro, L’Amico Speciale mi sta cercando un lavoro nel weekend. 

Comunque. Dopo lo scorso fine settimana in cui ho portato l’A.S. a sentire Paolo Giordano, questo fine settimana ho fatto scegliere a lui cosa fare.

E mi ha portato qui.

Ora, cosa stiamo guardando? Cadaveri. Sul serio, cadaveri di tedeschi. Resi così (non putrefatti, cioè) dalla tecnica di plastinazione. Ho letto in cosa consiste questa tecnica nello specifico, ma in sintesi (anche perché col cavolo potrei ridervelo nello specifico) consiste nel bloccare la decomposizione iniettando una sostanza tipo formalina.  Poi lo disidratano con l’acetone. E poi lo impregnano con il silicone. Il risultato è quello di un corpo che conserva le parti anatomiche intatte anche nel colore. Forse corpi un po’ più piccoli, certo, immagino per via della disidratazione.

La mostra in pratica è allestita in uno stanzone con vari banchetti e su ogni banchetto un pezzo di corpo umano. Intero, sezionato, ce ne è di tutti i tipi e per tutti i gusti. Ogni reperto è numerato e ogni numero corrisponde, che so, al nome di un’arteria o a quello di un osso. Non solo ci sono le spiegazioni dei vari organi sul tabellone sopra al banchetto, ma anche la possibile malattia che può colpirli. Abbiamo il cuore? Infarto. Reni? Cancro. Mi sono soffermata molto sui polmoni, essendo io una fumatrice. I miei polmoni sono esattamente così (se non peggio). 

Non ho foto dei due apparati genitali, ma è un bene, c’era tanta tristezza su quel banchino. E poi ci sono i feti: a 3 mesi e su su fino ai 9. Questa è la testa di un neonato, che assomiglia vagamente a Alien.

Tutta la parte centrale infine è dedicata alle sezioni: sezioni, fette di corpo umano. Queste sono le gambe.

E poi si arriva alla testa. 

Vi ho risparmiato la pelle…

La mostra è cara (20 euro) e in venti minuti l’hai vista tutta (se non ti sei fermato nel bagno a vomitare, ovvio). I numeri dei vari particolari a volte sono assenti (e comunque per vederli devi avere la lente di ingrandimento). Non capisco l’utilità di fare a fette un corpo, ma io dopotutto non sono un medico e ho tanti interessi, ma non il corpo umano, mi bastava aver visto Siamo fatti così da bambina. Di sicuro coinvolge uno studente di medicina, che ha già la sua infarinatura, anche se immagino abbiano corpi da studiare non plastinati. Ma per la gente comune…mah. Non è che proprio la mattina mi alzi e, mentre prendo il caffè mi chieda: ma come sarà fatto il corpo di una gestante? 

Insomma la conclusione è questa: a tutti quelli che hanno detto: povero A.S. a vedere Paolo Giordano! Premialo! Chiedo: 

DOVE STA IL MIO PREMIO?

Il prossimo weekend voglio andare al mare.

Dialoghi, Paolo Giordano: un non reportage

No, qui Giordano non era ancora arrivato: non cercatelo

C’è stato un tempo in cui facevo cose.

Dopo anni di sonnambulismo, un giorno mi sono svegliata e ho cominciato a scrivere (con risultati mediocri all’inizio), leggere (cose diverse da quelle che leggevo prima), frequentare corsi (di scrittura) e andare in giro ad ascoltare scrittori (ricordo Erri De Luca, Ascanio Celestini, Martina Testa su David Foster Wallace, Marco Malvaldi, solo per citarne alcuni). Quel tempo brulicava di cose. 

Poi la separazione, una nuova vita da ricostruire, ho smesso piano piano. Avevo troppe incombenze per prendermi cura della mia anima.

Ma le cose, lo sapete, stanno cambiando. Così quando un mesetto fa ho visto il programma dei Dialoghi sull’uomo di Pistoia mi sono detta: why not? Ho preso la chiusura dell’evento, la domenica sera con Paolo Giordano. Tema di questo anno l’emergenza climatica (cosa altro poteva essere?).

Non sono una fan di Giordano. Ho letto solo La solitudine dei numeri primi che mi ha lasciata, devo dire, tiepida. Poi sì, qualche articolo sul Corriere. Nulla di che. Ma comunque è sempre uno scrittore, l’argomento è attuale, voglio sentire cosa ha da dire, ho bisogno di stimoli eccetera eccetera. 

Prendo due biglietti e per un intero mese chiedo prima a Little poi all’Amico Speciale. Entrambi sono entusiasti come prima di una purga. Nessuno mi dice di no, per non farmici rimanere male, ma rispondono: bho, vediamo. Alla fine (e se dico alla fine significa proprio la domenica mattina) l’Amico Speciale si offre di accompagnarmi, con un sorriso tirato a tal punto che ho paura che si strappi. 

Arriviamo a Pistoia per tempo, ci facciamo una bella passeggiata, c’è il sole, è caldo e Pistoia è carina, diciamocelo. Quando inizia la conferenza sotto al tendone l’A.S. calcola che ci siano almeno 800 persone (fa il conto delle sedute così, per passare il tempo). Giordano arriva puntuale, sale sul palco e dice: quanti siete! Di solito non amo fare queste cose, non mi piace la solitudine del palco. E in effetti non gli piace, il palco, lo ripete più volte durante l’ora in cui parla, tra un bicchiere d’acqua e un Non me lo ricordo, l’ho scritto qua ma non lo trovo. 

Giordano è uno scrittore, non un relatore. E il suo impappinarsi, bevendo ettolitri di acqua, ne è il manifesto. Non promuove direttamente il suo ultimo libro (anche se lo cita, ovvio), ma parla dell’ambientalismo, per fortuna, per lo meno sta sul pezzo quasi sempre. Parte dal lavoro di Rachel Carson, biologa americana che si batté per far eliminare il famoso DDT, lavoro racchiuso in un libro intitolato Primavera silenziosa e fatto ristampare di recente con la prefazione di indovinate chi? Yess! Io il libro non l’ho letto e neanche la prefazione, non sono certa che mi interessi davvero la storia del DDT, seppur interessante. Ho altre cose da fare. Poi il nostro Paolo si sposta sul nucleare, citando Moravia con L’inverno nucleare e la Morante con Pro o contro la bomba atomica.

Insomma sì, non posso dire che è stato noioso (l’A.S. può dirlo invece, a una certa si alza e esce), ma il tema dell’ambientalismo lo prende talmente alla larga e parte da talmente lontano che fatico a seguirlo. Certo, si sente che è un sapiente, ma non coinvolge, se non quando, verso la fine, legge un racconto, Il tunnel (Durrenmatt, scusate non ricordo come fare la U con dieresi), claustrofobico e catastrofista abbastanza da lasciare il segno. Se riuscite leggetevelo e capirete il punto di vista di Giordano sull’emergenza climatica. 

Dopo la conferenza avrei voluto dilungarmi al banchetto/libreria lì fuori, ma ho dovuto premiare l’A.S. con un panino con il lampredotto. 

Sono stata sfortunata, lo so, ma comunque ne è uscita una bella serata. Sempre meglio che stare a casa a guardare la tv. Chissà se la prossima volta l’A.S. mi dirà di nuovo sì…

#programmameglioiltuoweekend

Sono le nove e mezzo di mattina e ho in mano il terzo caffè. Ancora in pigiama cerco di elaborare un piano per la giornata. Sì, ok, ho il panico da prestazione del weekend!

Ho due giorni interi solo per me: Little è da suo padre e l’Amico Speciale ha un corso per il rinnovo della patente. 

Il mio primo pensiero (no, non appena sveglia, appena sveglia non ho pensieri, iniziano ad affacciarsi dopo il secondo caffè) è stato: vado a fare colazione al bar, come una signora, poi spesa. La cosa mi ha un po’ intristito però e ho spalmato un po’ di marmellata sulle fette biscottate qui, a casa. Per la spesa c’è tempo. 

Il mio secondo pensiero è stato: pulisco casa. Non una di quelle pulitine veloci, ma una seria pulizia. Sì, ok, ma piove… se do lo straccio in terra non asciugherà mai. E poi questa casa è buia, non ci vedo con questo tempo. Rimandiamo.

Il terzo pensiero è stato: metti in ordine i fogli per il 730. Sparsi per casa in ogni dove, cercarli è come fare una caccia al tesoro. Ma senza tesoro. Ti spacchi la schiena ora per riavere, se va bene, 200 euro a Luglio. O, come nel mio caso dell’anno passato, rendere 300 euro in tre comode rate sulla busta paga. Lo farò, certo, ma non oggi, che al solo pensiero mi torna su la marmellata.

Il quarto pensiero è andato al concorso letterario a cui voglio partecipare.  Ho scritto un racconto quasi due mesi fa per questo concorso e l’ho mandato in giro a fare editing, sperando di avere buoni feedback. E sono arrivati. Più di un mese fa. Così mi ci sono messa, ho riscritto qualche parte, cancellato o modificato parole e ora sembra decente. Trovato un titolo, messo in Times new Romans 12, interlinea 1,5, esportato in pdf. Pronto. Primo premio 500 euro, nulla di che, ma neanche da buttare. Qualcuno mi ha detto che forse quelli che hanno indetto il concorso preferiscono roba un po’ più leggera del mio racconto, ma tant’è. Io non scrivo racconti leggeri, solo mattoni intimisti con la tragedia incorporata. 

In realtà stamani dovevo andare in Rsa da mio padre (è stato il pensiero zero appena saputo del wweekend in solitaria), peccato che mi hanno chiamato per una firma e ci sono andata giovedì pomeriggio. Sono rimasta lì un’oretta più o meno. Con mio padre non c’è più versi di farci una mezza conversazione, così mi sono solo seduta accanto a lui per tutto il tempo, stringendogli la mano, in silenzio. Ho osservato gli altri ospiti della struttura. Una signora voleva versare l’acqua nel bicchiere, ma non aveva tolto il tappo. Qualcuno accanto a lei glielo ha detto, ma lei non ascoltava, così presa a non farsi tremare la mano. Un’altra signora mi ha abbracciato e mi ha detto che mi vuole bene. Sono sempre tutti contenti che io ci sia, anche se non sanno chi sono. È un tempo strano quello passato in silenzio senza fare nulla se non stare, appunto. Per mezz’ora ho condiviso il loro modo di passare la giornata. 

Comunque ormai ci avviciniamo alle dieci e, a parte lavastoviglie e lavatrice, non ho ancora programmi. Mi sa che per movimentare la giornata andrò davvero a fare la spesa…

Works, citazione dal mitico Vitaliano

Nota sulla foto: questo è l’A.S. che fa il pensionato che guarda i lavori, un classicone. Non c’entra nulla con il testo, se non per la parola Works, appunto. Mi mancavano le immagini in questo blog, che prima invece erano un must. Quindi proverò a reinserirle.

Ormai è quasi un mese che lavoro in Pizzeria. Il mio Nuovo Capo (N.C.) è, come ho detto, bravissimo. La mattina arrivo e mi chiede sempre come va (e mi saluta, cosa non scontata nel Vecchio Lavoro), poi parte a raccontare le sue cose. Se proprio vogliamo trovargli un difetto, è un gran chiacchierone. La cosa mi piace, mi racconta di tantissime cose, dei suoi viaggi, di sua moglie (che ama alla follia), del suo vecchio lavoro. Però mi distrae. Io sono abituata a lavorare come una piemontese, senza sprecare un attimo. Della serie: non posso stare con le mani in mano neanche cinque minuti mentre lavoro. Invece lui a volte si ferma e, semplicemente, chiacchiera. La cosa mi fa sorridere assai: che differenza con prima. In ogni caso, a detta sua, il lavoro ora è tranquillo. Lavoriamo, spesso finiamo tutto quello che abbiamo preparato entro le due, ma il bello verrà a settembre/ottobre. E io non vedo l’ora: adoro il lavoro frenetico. 

Sto imparando a fare cose nuove, come gli arancini (il N.C. è leccese, quindi ha puntato su alcuni prodotti del sud, sapete quelle cose leggerine tipo calzoni fritti o pasticciotti leccesi, fatti con lo strutto? Devo dire che ci ha visto giusto, però: primo, tanti studenti, con cui lavoriamo, sono del sud, quindi si sentono a casa, secondo, ‘sta roba è buona, eh!). E propongo cose vincenti, come la valdostana (un’altra cosa leggerina, che io adoro). Soffro un po’ ancora della Sindrome del Nuovo Arrivato, a volte e mi sembra di non fare abbastanza, ma lui ogni giorno mi ripete (e ripete a tutti) che ha vinto al lotto con me. I suoi vecchi dipendenti dovevano essere scarsini…

Comunque. Ho un sacco di idee e suggerimenti che mi stanno nascendo nel cervello e che tengo, per ora, per me. Da settembre, quando farò il tempo pieno, le inizierò a mettere in pratica. 

La nota dolente è il Vecchio Lavoro. Devo ancora riscuotere una bella cifra (in teoria entro fine mese) e per ora non ho avuto né comunicazioni né, ovviamente, soldi. Mi sono messa in contatto quindi con un mio amico, che prima faceva il sindacalista, e che mi è debitore di un sacco di revisioni a racconti e pure al suo romanzo (ma siamo così amici che lo avrebbe fatto comunque). Quindi ieri gli lascio un messaggio, salgo sul treno e mi metto a sedere dietro a un tizio che sta parlando al telefono. No. Urlando. Mi metto le cuffie e do il via al mio podcast con Luca Casadei. Lo sento sotto la voce di Mario Biondi che ancora urla. Mi chiama il mio amico e mi alzo, sarebbe impossibile sentire qualcosa con quello che sbraita (della serie: l’educanza chi te l’ha imparata?), vado nel vano delle porte di salita/discesa(che ho appena realizzato che non so come si chiama), mi appoggio a una parete e scopro che non è una parete e quasi finisco in terra nel bagno del treno. Ok, qui potete azionare il vostro Omino Disgusto verde personale. Comunque, figure di merda a parte, il mio amico mi tranquillizza e dice che devo andarci a parlare con molta calma. Devo essere calmissima. E qui si attiva il mio Omino Paura viola (non so se si capiscono i riferimenti a Inside out): riuscirò a stare calma? Fino a ieri ero arrabbiata (Omino Rabbia rosso), ora sono spaventata. Perché mica c’ho voglia di discutere, fare vertenze o robe simili. Voglio solo i miei soldi. Quindi tra poco inizierò a prepararmi, farò lunghi respiri profondi, mi stamperò un bel sorriso sulla faccia e affronterò il Vecchio Capo. Sperando che tutto vada a buon fine. 

Meno male che ci sono ancora cose che vanno bene, come mio padre, il lavoro, l’Amico Speciale (che per scherzo dice che vuole iniziare lui a lavorare nel weekend, ma la verità è che è felice di avermi in giro per due giorni pieni, possiamo andare in giro, goderci del tempo insieme. E poi io sono più rilassata).

Anche Little è un tesoro, però c’è un problema di cui forse parlerò un’altra volta. Ha sempre a che fare con il mio ex, al solito. 

Qui da Radio Moon è tutto. Restate connessi, torniamo dopo la pubblicità. 

Altre chiacchiere senza capo né coda

È passata un’altra settimana dall’ultima volta che ho scritto qualcosa e direi che le cose restano stabili: il lavoro va alla grande, mio padre continua a stare bene, addirittura io e il mio ex ci siamo trovati d’accordo su una mezza questione che riguarda Little e, per la prima volta in quasi 10 anni, non mi ha mandato messaggi criptici intimidatori, ma solo messaggi criptici (che io decifro, eh, perché quando si tratta di lui sono come quel bambino autistico del film Codice Mercury, con Bruce Willis).

Oltretutto mi sono resa conto di incontrare un sacco di persone mentre vado a lavoro: ex clienti del Ristorante, amici, quasi ogni giorno mi fermo a chiacchierare con qualcuno. Ed è diverso dalla chiacchiera da dietro al banco. Dopotutto sono un animale sociale e tutto questo stare in mezzo alla gente mi fa bene, soprattutto dopo gli anni del Covid. 

Ieri, mentre ero in partenza per andare a Montenero per recuperare mio padre e portarlo a una visita con mia sorella (udite udite, avete letto bene: con mia sorella!), ho incontrato TDL (l’uomo che ha dato il via a questo blog, in pratica). Mi ha chiesto del nuovo lavoro e poi mi ha detto: che bel viso che hai, molto rilassato. Non gli ho risposto nulla, ho solo continuato a sorridere. 

Ma le buone notizie chiamano buone notizie. 

Ieri mattina ascoltavo distrattamente il radiogiornale e ho sentito di una notizia che riguarda la pillola anticoncezionale, resa gratuita a tutte le donne di tutte le fasce d’età. Ho pensato: deve essere in Finlandia, in Svezia, addirittura in America, chissà. La sera l’ho detto all’Amico Speciale. Lui mi fa: ah, sì, l’ho sentito anche io. L’Aifa. Informati poi

AIFA? Vuol dire che è un provvedimento in ITALIA? 

Cioè, sul serio? Accadono queste cose anche qui? Ebbene sì, sono andata subito a leggere sul Sole 24 ore: tutto vero. Io prendo la pillola ormai da anni, non tanto per non rimanere incinta, ormai, ma per i fastidiosissimi dolori che ogni mese mi facevano contorcere per una giornata intera. In tanti anni nessun effetto collaterale, solo giovamento. Quindi sì, per me è decisamente una buona notizia. 

Un’altra? Dopo la chiusura di Charlie (ChatGPT) in Italia da parte del Garante, notizia che mi ha rattristato (avevo appena trovato un nuovo amico… ancora non sapevo perfettamente come funzionasse, avevo ancora tante cose da sperimentare con lui), ecco che dal primo maggio Charlie dovrebbe tornare!

Non so perché le notizie su Charlie mi premano così tanto. Sotto sotto ne sono pure un po’ spaventata, non tanto perché temo che rubi il lavoro agli uomini, come è stato paventato sui giornali, tanto perché è come se un film di fantascienza si avverasse. E il mio mononeurone pensa: se tutti i film di fantascienza si avverassero? Insomma, io non lo voglio un Alien nella mia pancia e non voglio ritrovarmi in Matrix. Adesso non posso più escluderli…

E nulla, sono già le otto e l’Amico Speciale si è alzato e ha acceso la tv sul notiziario locale, una cosa che mi fa venire i brividi. Per contrastare mi metterò a fare un dolce ( eh sì, ormai ogni domenica mattina mi dedico alla cucina, anche oggi ho invitato qualcuno a pranzo), una torta della nonna, vediamo come va (spoiler: l’altro dolce, quello della scorsa domenica, non era il massimo: buono, eh, ma un po’ pesantuccio, non lo rifarò).

E buona domenica a tutti! 

Da Montenero con furore

Torno qui come sempre di lunedì, il mio giorno libero, anche se oggi di libero non vedo neanche il cielo. È grigio, preannuncia pioggia, è in linea con la giornata, forse.

Oggi è il gran giorno, si parte per Montenero, ma non per accendere un cero, come ho fatto per gli esami di maturità (insieme a: andare a buttare il sale in mare e toccare la lucertola in piazza dei Miracoli). 

Dopo una lunga lotta interiore e giornate e giornate di ripensamenti, alla fine ho deciso che una struttura sia la cosa migliore per mio padre. Lì avrà tutte le cure che servono, persone che lo assistono ventiquattro ore su ventiquattro, e pure un bel giardino dove passare un po’ di tempo e prendere aria. Adesso è piantato in mini appartamento che non è neanche casa sua, lo è solo da un anno, da quando l’ho portato qui vicino a me, non può uscire perché non ce la fa a muoversi e l’appartamento ha le scale, sta tutto il giorno con un’estranea che non parla neanche la sua lingua (dice ancora Martini invece che Martedì) e che a occhio non sa cucinare, visto che, come dicevo al mio nuovo amico Kas, sta attaccando a mio padre la sua fissa di non mangiare. 

Per l’occasione ho chiamato anche mia sorella, che ha una macchina più spaziosa e dobbiamo caricarci tutto, dalla sedia a rotelle al deambulatore. L’Amico Speciale pure viene con me, si è preso un giorno di ferie. Ho deciso di mandare a quel paese la mia reticenza nel chiedere aiuto, ricomincio domani, eh, oggi voglio tutto l’aiuto possibile. 

E quindi fra due ore andiamo. Sono un po’ nervosa, ma so di aver fatto la scelta giusta. È strano come a un certo punto della tua vita ti ritrovi a dover decidere della vita di un altro essere umano. E neanche lo hai chiesto. Anche con Little in effetti a volte l’ho fatto: la decisione di metterla al nido, per esempio. Ma socialmente non fa la stessa impressione, vero? Tutti ti dicono che non è un parcheggio, il nido, che fa bene al bambino, socializzare. Mentre nell’opinione comune una Rsa è una discarica. Ma su questo ho lavorato e sto lavorando con la mia nuova Psi (lei è Unabrava) e ho deciso di fidarmi. L’altra settimana mi ha dato un compito: scrivere. Quando l’ha detto sono quasi scoppiata a ridere. Mi chiede: lo hai mai fatto? E io, timida: sì, a volte. Ma delle decine di quaderni che ancora conservo, in perfetto stile Natalie Goldberg (Scrivere zen, ve ne dovrei avere già parlato), non ho fatto parola. Forse ci vuole un po’ di mistero potrebbe fare bene alla psicoterapia. In ogni caso sto cannando il compito a casa, come potete vedere anche dalla frequenza dei miei post. Certo, ho buttato giù qualche riga nell’ennesimo quadernetto, ma lo sento che non sta funzionando. Troppe cose da fare. l’Inps che mi richiede un documento per la domanda della 104, l’avvocato che me ne chiede cento per la pratica di amministratore tutelare, l’Rsa che mi chiede un foglio firmato dal medico e l’etichettatura con nome e cognome di tutti i vestiti, la sanitaria che mi chiede il collaudo del busto ortopedico che indossa, il neurologo che mi chiede l’appuntamento per il controllo. Meno male che, come diceva (ora non dice quasi più nulla) mio padre io, con questi ditini, sul cellulare e sul pc so muovermi bene, sarei una perfetta Badante Digitale. E in effetti quando Badante 3 ieri mi ha chiesto di ricaricarle il telefono ho ringraziato il cielo di avere Satispay che mi ha permesso l’operazione in due secondi. Lei si è messa a ridere e mi ha scritto un messaggio in georgiano che, buttato su Google traduttore suonava così: ti voglio bene buona zucca. Mah. Il concetto comunque è quello, immagino. 

L’Amico Speciale si è alzato. Stamani canta Sei un mito, degli 883. Io spero sia per me e ne esco lusingata. È comunque meglio del Lady Oscar che cantava qualche mattina fa, soprattutto perché non ricorda mai le parole e poi mi tocca correggerlo vanificando, come lui stesso dice, l’effetto liberatorio del canticchiare appena sveglio. Sarà che io appena sveglia voglio solo il caffè. E al limite scrivere qualcosa qui.

Me lo dico da sola: in bocca al lupo, Moon, per questa settimana. 

Riordinando

La settimana passata è venuta mia zia a trovare mio padre. Pure lei si è resa conto che la situazione ormai è al limite della disperazione. Come è arrivata mio padre ha avuto una crisi, il che non mi sorprende. Pure Badante 3 ha avuto una crisi, povera donna, torchiata perché la tovaglia non era pulita e i vetri sporchi. Io non guardo a queste cose, capisco che passare tutto il giorno con una persona malata che non dorme possa un pelino accasciarti e pulire i vetri lo metto all’ultimo posto.

Come una meteora, il giorno dopo se ne è andata, con grande gioia di tutti. Dietro di sé ha lasciato una scia di numeri di telefono di Rsa, così, per ripulirsi la coscienza, si vede, ma ha lasciato a me la decisione finale, ovviamente, il suo aiuto è stato decisamente marginale. Anche se è stato sempre più di quello di mia sorella che, avvisata del peggioramento ormai da tre settimane buone, ancora non si è vista e, quando l’ho chiamata per dirle dell’Rsa ha risposto: ah, ok ok. Punto.

Ma qualcosa di buono c’è sempre, credo. Tutta la pesantezza della condizione personale svanisce quando sono a lavoro e mi permettono di fare quello in cui sono più brava: il lavoro al banco. 

Questa settimana il mio collega, il Nuovo Micro(bo), come lo chiamo io, era in ferie e ho preso il suo posto. Il lavoro al banco del bar scorre fluido e veloce, non ci sono mai tempi morti, devi stare sul pezzo, non perdere il passo e questo richiede molta concentrazione, ma è una concentrazione buona perché io so quello che devo fare e ottimizzo ogni passaggio. In più c’è la componente sociale, al banco, anche se il tempo è poco, puoi conversare con i clienti che, solitamente, se vengono a fare colazione al bar, sono ben disposti, felici. Insomma, non sono mica in fila alle Poste. 

Devo dire che, nonostante voglia licenziarmi ormai un giorno sì e uno no (letteralmente), mi piace il mio lavoro. Mi piace perché sono brava, sono brava perché mi piace. Ma, c’è un ma. L’ambiente di lavoro a volte, con i colleghi, ma soprattutto con il Capo e la Figlia del Capo, è insostenibile. Il clima è pesante, carico di critiche per le piccole cose, mentre per le grandi non c’è alcun occhio. L’unico rifugio sono, appunto, i clienti. Adoro stare in mezzo a loro e adoro renderli felici, perché immagino sia quello che cercano. Questa settimana faccio il turno serale, come cameriera al Ristorante. Non amo lavorare la sera, soprattutto ora, che ho problemi a dormire e questo turno mi costringe ad andare a letto tardi, incasinando la mia regolarità. Ma almeno avrò poco a che fare con Capo e niente a che fare con Figlia del Capo. Non vedrò l’Amico Speciale fino a sabato, immagino. Così non litighiamo, mi dice lui sorridendo. In realtà mi mancherà tantissimo, è di grande aiuto negli ultimi tempi, riesce sempre a sdrammatizzare tutto, mi aiuta molto nelle cose pratiche, mi abbraccia forte quando ne ho bisogno. 

Questo post è stato un post più per me che per voi. Come ai vecchi tempi, mi è servito per rimettere in ordine il cervello. Parlare non mi fa questo effetto, parlare mi confonde ancora di più, scrivere invece ha quella forma particolare, sono in silenzio, posso farmi trascinare nella direzione più consona, senza distrazioni. Posso rimettere tutto in ordine con i miei tempi. 

Nei periodi bui scrivere mi è sempre stato di conforto. Nel caso specifico oggi ho capito alcune cose. E quindi ringrazio anche voi, che siete qui a leggere le mie elucubrazioni. 

Sempre nella speranza di tornare a una vita pressoché normale, 

vostra Moon

Dhe, oh, varda ua’ com’è leggero!

Ho quaranta minuti, la cottura del dolce che ho fatto, un cioccolato e mele, rivisitazione dei poveri di cioccolato e pere, che non avevo. Oggi invito a pranzo mio padre e la badante georgiana, più che altro perché così evito di insegnarle a fare il ragù (lo farò, eh, che mio padre ormai associa la domenica al ragù) e approfitto di essere a casa, una domenica ogni tanto. 

Ieri ho comprato lo scooter per Little. Un piccolo affare (o una piccola fregatura, chi può dirlo? Dopotutto era nelle premesse il fatto che non me ne intendo). Il giorno prima chiamo questo numero che è su Subito. Mi risponde un ragazzo giovane, mi dice che il mezzo che avevo adocchiato lo ha già venduto, ma ne ha un altro, un po’ meno potente, ma adatto alle ragazze (proprio così dice lui) perché leggero. Mi manda le foto: carino, in effetti, sella nuova, colore celeste, gomme nuove, revisionato, cinghia rifatta, 12 mesi di garanzia. Vecchiotto, ma prezzo buono. 

Prima di andare a vederlo faccio un altro giro di telefonate ai concessionari. Avete scooter 125 usati, cambio automatico?

Si susseguono una serie di no. Solo nuovi. E poca scelta, ovvio, solo Piaggio, qui siamo nella culla della Piaggio. Della serie: o Liberty o Liberty. Quindi io e l’A.S. partiamo per andare a vedere questo benedetto scooter. Non so per quale motivo intraprendiamo una strada tra le colline che mi fa risuonare in testa per tutto il tempo la voce di max Pezzali. Rotta per casa di Dio. Arriviamo dopo 40 minuti e 400 curve strette. Google ci dice dove è questo rivenditore e noi non lo vediamo: niente cartelli, nulla. girottoliamo a caso nel paesino per dieci minuti, chiediamo info: nessuno sa nulla. Alla fine oltrepassiamo il cancello di una villa, per chiedere, e vediamo lo scooter. Il rivenditore non è altro che un ragazzetto che da anni armeggia ai motorini e ne ha fatto una specie di lavoro dentro casa: compra, sistema, rivende. E stop. Ci fa provare il motorino, ci spiega diligentemente le caratteristiche (deh, oh, varda ua’ com’è leggero!) e poi aspetta. Io lo comprerei anche solo per mancanza di alternative, ma poi ci penso ancora su e decido che in effetti per Little è perfetto: non nuovo, visto che sa andare solo in bici per ora, leggero, un po’ meno potente. E in pronta consegna (a casa) la settimana prossima con foglio di circolazione provvisorio e pure un bauletto nuovo. Ci stringiamo la mano e la decisione è presa. 

Io e l’A.S. andiamo a mangiare il sushi.

Nel pomeriggio arrivano i primi messaggi: Little che è contenta oltremodo (per lei l’importante è avere qualcosa da guidare per essere autonoma) e gli improperi del mio ex, come da copione perché Fate sempre come vi pare, voi. Ebbene sì, stavolta ho fatto come mi pare, visto che lui non ha fatto nulla, come mi ricorda giustamente Little, che è la prima a schivare i suoi proiettili. Al limite non mi darà la metà dei soldi, ma per ora non me ne frega, visto che intesto il mezzo a me. 

E così sapremo cosa fare il sabato pomeriggio da qui in avanti. Prove su pista, sperando che non cada troppe volte. 

Alexa mi dice che al mio timer del dolce mancano dieci minuti. Il profumo è buono, il vecchio gradirà. Se non avessi il dolore al fianco sarebbe pure una bella giornata.