C’ho l’ansia

Ho quasi finito questa settimana di ferie che è giunta del tutto all’improvviso. Il sabato mattina il mio Capo mi fa: Allora martedì sei in ferie fino alla fine della settimana, ok?

Ok… giusto il tempo di organizzarsi qualcosa, penso. 

Ma vabbè, godiamoci questo tempo rubato (che poi è ampliamente dovuto).

Mi faccio una lista di cose da fare: sistemare l’armadio, andare dal parrucchiere, cose così. Mercoledì ho già finito di fare tutto. a allora: cucino.

Io non amo affatto cucinare, è tra gli obblighi quotidiani in assoluto quello che più detesto, ma mi rendo conto che a volte mi serve. Metto in moto le mani, è un lavoro che distrae la mente. Così inizio: ragù, tagliatelle fresche, salsa di fegatini, una torta cioccolato e pere (vegana) per me, una per mio padre, i nuggets di pollo fatti col pollo vero, la pizza a lunga lievitazione (che non so perché ma non vuole riuscirmi come3 cristo comanda, sono una frana con i lievitati, sarà che ho poca pazienza?). Finisco ieri sera con una crostata che l’Amico Speciale spolvera in quattro bocconi. Quell’uomo è un pozzo senza fondo. 

In realtà ho cucinato tanto perché sono impallata con il romanzo. Ho iniziato venerdì il corso di scrittura della Holden (sul romanzo, appunto) e il mio compito per la prossima settimana è scriverne il soggetto. Già sapevo che sarebbe stato quello il compito, così ho iniziato a pensarci già mesi fa. 

Conclusione? 

Voglio scrivere una storia autobiografica che non lo sia troppo però, qualcosa che sento, qualcosa che conosco, ma che non mi faccia troppo male rinvangandolo. Insomma, una tragedia. Il soggetto più confuso di tutti i tempi. 

Ma non demordo. Appena finita la lezione mi metto giù di brutto a scrivere e scrivere. Butto lì tre righe, cerco la Domanda Drammaturgica Principale, ok, ce l’ho, mi dico, può funzionare. Rileggo. Di una banalità allarmante. Ok, ci metto un po’ di pepe? Vai, ce lo metto! Riscrivo. Rileggo. Deboluccia, ‘sta trama, ma l’idea di fondo c’è. Ok. Può andare. 

Iniziano ad arrivare sulla mail gli altri soggetti, quelli degli altri 25 iscritti. Li leggo. Cazzo. Praticamente uno specchio del mio. Cazzo. 

Perfetto, cambiamo tutto. Inizio la riscrittura del soggetto (la decima?). Finito. Rileggo. Ok, così ci può stare. Arriva un altro soggetto sulla mail. Cazzo, cazzo! La prima cosa che mi viene in mente è: ma siamo tutte Desperate Housewife qui?

Pare di sì. 

Ok che alla fine, come diceva Forster, le trame sono solo due (Un uomo parte per un viaggio e Uno straniero arriva in città), ma insomma…

Rileggo il mio soggetto: ci sono entrambe le trame e questo mi sa che non va bene. 

Ma non demordo. Sarà il modo in cui racconto la mia storia a cambiare tutto! Sarò super originale, ci so fare con queste cose, no? Scriverò il mio romanzo come se fossero tanti generei diversi a seconda dell’argomento che tratterò capitolo per capitolo. Per intenderci: la mia idea è quella di scrivere un capitolo come fosse un romanzo rosa, un altro come fosse un giallo eccetera, mescolando i generi. 

Rileggo la mia super idea geniale. 

Evvabbè, Moon. Tu NON SAI come si scrive un romanzo di genere. Mi sa che è un progetto un po’ ambizioso, eh? 

Però l’idea era carina. 

Cazzo!

(Scusate il turpiloquio, ma c’ho l’ansia. Credo che andrò a fare le lasagne)

Moon nude

Cose che non dovrei fare: 

  1. Fumare in camera
  2. Avere mal di stomaco da ansia
  3. Ascoltare musica triste su Spoty

Cose che dovrei fare:

  1. Fare un bagno rilassante?
  2. Finire di vedere il film Emma?
  3. Finire il maldetto libro?

Mi rispondo sempre da sola. Le cose che mi vieto sono sempre imperativi. Le cose che mi concedo sempre un interrogativo.

Presa da un impulso da sabato sera triste ho acquistato un corso on line di self help. Forse l’attrattiva principale era solo il titolo: Scrivi la tua storia. Insomma. Dai. Beh. Se non sono io quella giusta per questo corso. Tale è la disperazione che non ho neanche considerato la cifra (io che sono così tirchia) e ho detto: fanculo, tentiamola. Mi sono sentita come quel sabato mattina in cui ho lasciato il mio ex, con dentro un grido silenzioso che ripeteva: devi provare, devi provare, sennò sono cazzi. 

Non ho fatto passare nemmeno un giorno, come invece avevo inizialmente programmato. La domenica pomeriggio ero già lì che dicevo all’Amico Speciale, appena tornata dal lavoro: sì, tesoro, tu vai un’oretta a dormire, io sto qui un’oretta a vedere cosa viene fuori. Questo corso dovrebbe prevedere un minimo di dieci minuti di scrittura al giorno. Ma io lo sapevo che non mi bastava. Dopo un’ora (e molte parole) ho guardato l’orologio e mi sono fermata perché avevo detto all’A.S. che lo avrei svegliato. Sono andata in camera, mi sono spogliata e mi sono messa con lui sotto le coperte. Che dopo aver vomitato mille ricordi d’infanzia-spero-terapeutici, quello di cui hai bisogno sono solo abbracci caldi e baci. Ha funzionato anche la seconda terapia: stanotte ho dormito senza mai svegliarmi. Ho salutato l’Amico Speciale con un bacio fin troppo spinto questa mattina e mi sono girata dall’altra parte. Dopotutto era il mio day off, come direbbe Ale dal Paese dei Folletti. Ha suonato la sveglia. L’ho spenta. Ho suonato di nuovo. L’ho spenta di nuovo. Non volevo alzarmi. Forse perché sono una sensitiva e sapevo che sarebbe andato tutto a schifìo anche oggi. Ho fatto accesso al corso. Un’altra ora a scrivere. Va detto che non so, a questo punto, se scrivere così tanto, per una come me, che analizza anche le briciole cadute in terra dopo aver mangiato una pizza, sia un bene. Il tizio el corso avvisa: attenzione a non scavare troppo. Eccheccazzo! Come faccio a sapere se è troppo? Io so solo che sono sempre stata un’archeologa, scavo scavo fino a che non trovo il centro della terra. 

Comunque. Prima di mezzogiorno avevo già la mia dose di notizie di merda che non vi riferirò per timore di tediarvi. 

Ma alle dodici e quaranta ero alla scuola di Little. Lei sale in macchina e mi saluta, radiosa con la sua nuova capigliatura blu elettrico, e mi chiede: che si fa?

Sushi?

Ed eccoci al Fish nude, un altro dei mille locali sushi della Cittadina. Posto splendido, cibo ottimo, musica direttamente dallo Studio Ghibli (che amiamo entrambe), un’ora di pausa dalle rogne. 

Ma poi, anche se non volevo, il pomeriggio si è riempito della solita merda. Io volevo solo vedere Emma, il film, una bela trasposizione del romanzo della Austen. Non ci sono riuscita. Il passato che volevo dimenticare è come se avesse aperto un vaso di Pandora tutto suo. Sta tornando tutto indietro. la vita che credevo di aver passato oltre, dimenticato, superato, torna indietro con gli interessi. La cosa buffa è che non riguarda direttamente la mia vita, ma quella dei miei genitori: i loro errori mi si riversano contro come un Blob. 

Ed è quando una ragazza gentilissima di un centro Vodafone di una Città qui vicino si offre di aiutarmi che crollo. Mi metto a piangere al telefono. Lei non ha nessun vantaggio ad aiutarmi in una cosa rognosa di chiusura di un contratto di mio padre di cui non so nulla (e lui, ovvio, non si ricorda più nulla e non ha traccia cartacea). Lei non è tenuta ad aiutarmi, se neanche il call center della Vodafone lo fa. Lei ha solo un negozio Vodafone. Oltretutto lontanissimo da casa mia (ma è stato l’unico centro Vodafone che mi ha risposto). Ma mi rassicura, domattina mi farà sapere tramite mail quello che devo fare o pagare. Mi manda il modulo lei. Me lo compila lei e io devo solo inoltrarlo. Le lacrime escono a fiumi. Qualcuno che mi aiuta…

Lasciami una bella recensione, dice lei.

Mille stelle, giuro, dico io singhiozzando.

Ho ancora 28 giorni di corso. Ho ancora chissà quanti giorni di beghe da risolvere. 

Sono sempre scappata dalle cazzate che hanno fatto i miei genitori.

Ora non posso scappare più. 

Sono alla resa dei conti.

Sono Moon nude.

Primo giorno di scuola

Ore 6.30 del mattino. 

Little Boss è partita per il suo primo giorno di Liceo.

Credo di essere più nervosa di lei. 

Ho lasciato che scendesse da sola alla fermata (che comunque è sotto casa) e prendesse l’autobus fino a scuola, non l’ho accompagnata io, sebbene potessi. Volevamo entrambe abituarci fin dal primo giorno. È da ieri che fa i preparativi: zaino, outfit (che ai tempi di mia madre si chiamava abbigliamento, ai miei look). Alle prime due ore ha una materia che si chiama Pitt. e nessuno ha ancora capito cosa diavolo è, nemmeno la scuola stessa. Stamani si è svegliata alle 5.30, nemmeno un mugugno, nonostante per settimane si sia alzata alle 13, si è fatta fare il caffè, si è vestita, insomma se l’è cavata bene, anche se stava per uscire con il cartellino attaccato alla felpa, si è comportata da mini adulta quale è, diomio quanto sta crescendo veloce. 

Volevo farle una foto ricordo, il primo giorno delle superiori, come quella che ha per il primo giorno di elementari e che sto guardando proprio ora perché ce l’ho sopra la mia testa mentre scrivo: le avevo fatto due codine, ha il suo zaino rosa che le pende enorme sulla schiena, e un mezzo sorriso abbozzato. Così diversa da stamani, con i capelli lisciati dalla piastra e la mascherina chirurgica a nasconderle l’ansia. 

E il mio essere ansiosa per prima mi fa turbinare la mente di domande: si farà nuove amicizie? Come saranno? Si sentirà persa? Troverà la strada del liceo dopo che sarà scesa? E la porta giusta?(hanno entrate diversificate a seconda delle classi)Saranno difficili le materie? Si sentirà persa? 

E poi ancora: quanto durerà questa scuola? Riuscirà a evitare la didattica a distanza? La metteranno in quarantena? 

Lo so, vivere nella mia testa non è facile. Sto pensando di iniziare una dieta anti ansia, mangiando fiori di camomilla e foglie di melissa tutto il giorno come una capra. 

Ma nonostante l’ansia mi sento orgogliosa di quello che ha fatto finora e di quello che si accinge a fare. E, sebbene abbia preso da suo padre più di quanto vorrei, è una ragazzina in gamba, un po’ rigida nelle sue convinzioni, ma ha 14 anni, è un’adolescente.

Mi ha appena scritto dall’autobus che si è spaventata perché alcuni ragazzi sono scesi per prendere la coincidenza per un’altra città e lei credeva di dover scendere con loro… ecco che già si è sentita un po’ persa

Riusciremo a sopravvivere a questo giorno. E a quelli che verranno. Intanto chissà se la mia ansia mi lascerà andare a fare la spesa, stamani.