Punti Di Vista (PDV)

post 81

 

Qualche tempo fa, su Facebook, mi lanciarono una sfida: citare per cinque giorni almeno tre cose positive accadute nell’arco della giornata. Certo, social bla bla. Ma no, giuro che sfida mai arrivò nel momento più sbagliato. Era un periodo decisamente Dark Side of the Moon, non c’era nulla di positivo che riuscissi a vedere, la mattina alzarsi era una fatica, insomma, avete capito. Credo che ognuno di noi prima o poi per i motivi più diversi ci sia passato. La prima reazione fu: ma no, che cazzo scrivi per cinque giorni? Verrà fuori una roba molto triste e deprimente, tipo: 1)Piove, oggi, ma almeno non piove a vento. E via dicendo. E in effetti il risultato fu più o meno quello. Roba triste e deprimente, a rileggerla. Ma quello che invece trovo determinante è che in quei cinque giorni mi impegnai davvero a guardarmi intorno per registrare qualcosa di positivo. Fu come cambiare occhiali. E anche se subito dopo tornai a indossare quelli vecchi, sapevo di poterlo/saperlo fare. Cambiare Punto di Vista, PDV.

Tutto ciò che accade può essere ribaltabile. Tutto può essere visto, interpretato, vissuto in tanti modi. È una delle cose che amo ripetere da anni: la vita si vive in tanti modi, generico quanto basta a farne un motto, un motto che ho assimilato lentamente e che a volte dimentico, certo, ma sento che mi è entrato finalmente un po’ sottopelle, piano piano ce la faccio a farmi occhiali nuovi, a dispetto del prezzo alto che bisogna pagare. E ci sono tante cose che mi aiutano, è vero.

Siccome parlavo ora ora a un amico del divertimento, credo che ci infilerò proprio questo, il divertimento: divertirsi aiuta, ridere aiuta, liberarsi dagli schemi aiuta. Credo che ognuno sappia cosa lo fa divertire, solo che a volte bisogna prenderci confidenza, non è immediato, bisogna abituarsi di nuovo a divertirsi, perché, banalmente, da bambini ci divertivamo tutti, sapevamo cosa fare per ridere, sapevamo quale era il nostro gioco preferito e lo facevamo appena possibile. Punto. I bambini sanno divertirsi. Forse sono avvantaggiata perché ho una figlia e tante cose l’ho imparate di nuovo io da lei, o forse gliele ho insegnate, non si capiscono mai i confini, i limiti, in questa relazione che ho con lei, a volte penso che sia lei a dare più a me di quanto io possa dare a lei, ma è come se a volte ci sorreggessimo, se facessimo squadra, ma senza pretenderci, solo donandoci. Con lei è tutto così maledettamente facile… (sì, sì, vi sento: aspetta la veraadolescenza e poi ne riparliamo. Però ora è così, quindi mi posso permettere di scriverlo, ok?).

Ed ecco che arrivo a provare a dare un senso a quello che ho scritto.

Se mi chiedessero oggi di dire tre cose positive, credo che non riuscirei a fermarmi a tre. E se penso a ieri: lo stesso. E se penso al 24: idem. Forse è solo un momento fortunato, io che di fortuna ne ho sempre poca, forse mi hanno drogata mentre dormivo, forse sto solo impazzendo e questa è un raro disturbo della personalità che ancora devono studiare (e magari tra qualche annoi ci scriverò un racconto).

Forse sto davvero cambiando PDV.

Forse sto imparando a vivere.

(L’importante è che non sia che mi sto innamorando di nuovo. Ecco: questo sarebbe un vero disastro…)

 

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Scrivere di…

 

post 80

 

Come ho appena detto a un amico, spero di scantucciare il Tempo per poter scrivere di. Scrivere di cosa, ancora non lo so di preciso, diciamo che so da dove voglio partire, più o meno.

La situazione in questa piccola casa di 40 metri è abbastanza disastrosa: Little Boss sta guardando una terribile serie tv alle mie spalle con il volume da cinema e ride di gusto alle battute, la lavatrice sta centrifugando e si muove tanto che se le do un euro scende pure al bar a prendere il caffè, i vicini stanno dando un festino con l’aspirapolvere. Ma il casino non mi impedisce di essere qui. Ho imparato a estraniarmi anni fa, quando Little Boss era piccola e mi costringevadavanti alla tv per i suoi cartoni animati. Io prendevo un libro e leggevo (Peppa Pig dopo due episodi mi faceva venire voglia di spaccare lo schermo) e sebbene all’inizio sia stato difficile, con il tempo ci ho preso la mano e ho iniziato a leggere ovunque. E quando dico ovunque…

Insomma, mi sto già perdendo, cavolo.

Oggi è la viglia di Natale: tante cose da fare per preparare il pranzo del Ristorante (conta i bicchieri, tira fuori le tovaglie da festa, spolvera i centrotavola). Domani la sala sarà mia e dovrò fare una cosa che di solito non faccio: gestire tutto il personale. Quindi, presa dalla smania organizzativa, oggi devo dire che non ero molto concentrata quando è arrivato TDL. Aveva una faccia da funerale, ma la ha spesso in questi giorni. Ho dato la colpa alle sue beghe sul lavoro, di cui mi ha parlato. Sì, ok, continuo a sentirlo, non spesso, ma a volte me lo chiedo, come sta. E glielo chiedo, di conseguenza. Solo che oggi se ne è andato senza nemmeno salutare. I miei auguri glieli ho lanciati dietro con la fionda mentre infilava la porta. Non mi ha ferito, come avrebbe fatto tempo fa. Ma mi ha stupito, un po’. Così scava scava mi ha detto che è arrabbiato con me. Lui. Perché… semplice: perché sente che l’interruttore l’ho spento (rubo queste parole che mi disse il Mentore tempo fa). Ho spento quel flusso inarrestabile di follia che era il mio amore per lui, ho spento le attenzioni, i gesti (anche quelli da persona ferita), gli sguardi, le parole. Eppure ci parlo, eccome, al Ristorante molto più di prima. Ma va da sé che è un modo diverso di parlare, di guardarsi. E allora subito mi è venuta in mente l’immagine di un bambino che ha un gioco che non guarda mai, e si arrabbia tantissimo se qualcuno glielo prende per giocarci a sua volta. Ma poi no, non è esattamente questo. Io non sono più sua, e lui lo sente. Io ho altre cose per la testa, ho altre persone con cui parlare, altre cose da scoprire, potrei dire che mi sono rifatta una vitase la cosa non suonasse un pochino eccessiva per la situazione. Non suona però eccessiva per il mio cuore. Me lo sto ricostruendo, piano piano.

E quindi nulla, dopo il suo sfogo Sono arrabbiato con te, io gli ho semplicemente mandato i miei auguri. Auguri sinceri. Di cuore. Per uscire dal mio cerchio o la fai immensa o te ne vuoi andare, lo dico sempre. E lui è stato troppo vicino a me per non essere entrato nel cerchio. E nonostante mi abbia ferita tante volte e in tanti modi, penso sempre che alla fine non lo volesse. No che non lo voleva. Ma non ci usciamo da questa impasse… e allora mi scappa da ridere, giuro, se ci penso.

Forse rido perché sono felice. E davvero così mi sento, oggi, alla vigilia del Natale 2018. Mi sento felice e piena. Ho davanti uno tsunami di casini che si avvicina, ma sono felice perché so che in un modo o nell’altro, con qualche momento di scoraggiamento, certo, ce la farò. Perché ho tutto quello di cui ho bisogno. Ed è così banale che fatico a capire perché ci ho messo tanto tempo.

Sono iniziando semplicemente, finalmente, ad essere soddisfatta di me.

Non mi resta che augurare a tutti uno splendido Natale. Vittorio l’ho visto scomparire, quindi non c’è pericolo che si offenda. Per tutti gli altri: vi prego: non fate i cinici. C’è speranza sempre. C’è speranza per tutto. Anche TDL, che finora non aveva risposto ai miei auguri scrive: auguri bel sogno. Proprio di cuore

Le donne non parlano di sesso

post 79

La giornata è stata impegnativa. Lo è stata a lavoro per via di un paio di tavoli particolarmente esigenti, nonostante la mancia. Lo è stata per il pomeriggio, incastrata tra un appuntamento dall’estetista (sempre lei, sempre la mia Little Boss) e un impacchettamento regali dell’ultimo secondo sennò si perde il treno. Lo è stata perché ho pensato molto a quello che stavo per fare, la sera, ovvero uscire. Non uscire da casa e basta, ma uscire con un uomo, un appuntamento di quelli veri, una cena. E lo accettavo qui, per via di TDL. E ieri, rimanda rimanda, negati negati (per i motivi più diversi), ecco che invece ho detto sì. Le occasioni vanno prese così, in contropiede, le cose vanno provate di nuovo, i dubbi bisogna toglierseli.

Ed ecco che la serata è partita come mi aspettavo, basso profilo, nulla di che. Parliamo di lavoro, delle piccole cose, chiacchere informali che avremmo potuto fare anche al Ristorante. Poi arriviamo nel posto che ha prenotato. E lì, non lo so, è scattata la Moon che è in me. Perché non so come, ma aveva toppato alla grande il ristornatino intimo e aveva beccato un discopub dove dal finestrone riuscivamo a vedere felici coppie over sessanta che ballavano il liscio attorno ai tavoli. Lui, il Tizio Molto Carino, si è rifiutato di entrare: due punti in meno: io stavo già saltellando di gioia all’idea di una serata lì dentro. Già mi immaginavo il dolce vecchietto che, in un attimo di riposo della sua compagna, mi invitava a ballare il liscio. Gesù…sarebbe stata una serata unica, di quelle da cornice. Mi sarei divertita.

Peccato, ha deciso per un posto caldo, carino, ma molto più normale. Dove siamo stati benissimo, per carità, abbiamo chiacchierato ancora del più e del meno, come persone normali. Forse è questo che mi sta stretto: la normalità. Ottimo pesce, ottimo vino, camerieri solerti. Ma io avevo la modalità Moon e non ho resistito: a metà serata, mentre mangiavamo un dolce al punch, sono entrata nell’argomento sesso. Perché, mi dico io, fare tanti giri di parole per dirsi cose che non servono quando sappiamo entrambi che lo scopo della serata è quello? Ora, lasciate stare il fatto che io non posso farloe quindi non ho ancora capito se sono svantaggiata o avvantaggiata. Ma è anche vero che ho assistito a una telefonata con una ragazza con la quale si sta vedendo e ho sentito queste parole: sono a cena con Rossano per lavoro. Siccome eravamo ancora in macchina il naso gli si è allungato tanto che ha sfondato il vetro. Carglass, suggerisco. Quindi è ovvio l’intento, no? Che a me sta anche bene, non è affatto quello il punto. Dopotutto ho detto di sì, ho accettato il fatto che la serata fosse di un certo tipo, non è un’uscita tra amici, si va a vino, niente birrette.

Quello di cui mi sorprendo, ancora, è questo stupore da parte degli uomini per donne che parlano liberamente di sesso. Perché per molte è un tabù. Siamo nel 2018, eppure ci sono ancora donne che pensano che parlare di sesso con un uomo al secondo appuntamento (il primo è stato anni fa, ma vabbè), sia sconveniente.

Ora. Va detto che il Tizio Molto Carino mi piace, ok, ma finisce lì. Non abbiamo argomenti in comune. Secondo me capisce davvero metà delle cose che dico (non è una questione di superbia, ma di riferimenti: io ho dei riferimenti diversi dai suoi. Lui mi ha parlato del linguaggio del suo navigatore nel rally tutta la sera e io me lo sono fatto ripetere spesso per imparare, perché sono curiosa, ma dovessi dirvi qualcosa ora…boh. E io, siccome sono una citazionista, ho sparato citazioni a go-go. Che lui di certo non può aver colto. Non puoi cogliere Russel se non sai chi è Russel. Non puoi cogliere il rally se non fai rally).

Insomma, funziona così, non è solo questione di chimica, perché alla fine la chimica ci poteva anche stare, se non avessi avuto questo blocco momentaneo ci poteva stare anche altro, ma poi … di tutto resta un niente(per citare Tabucchi, appunto).

E io mi chiedo se sono strana io a parlare di sesso a un appuntamento visto che pare non ci siano altri argomenti in comune, o se siano strane le altre a non farlo. Alla fine c’è stato un bacio. Altro no. Ma la libertà con cui ne ho parlato lo ha stupito, e questo ha stupito me. L’onestà tra due persone è così sbagliata? Così fraintendibile? Dobbiamo raccontarci balle a vicenda per quanti, tre, quattro appuntamenti? Cinque?

Alla fine chissà se finirà tutto stasera. È molto probabile, visto che a me rally, palestra, caccia, pesca e tutto quello che a lui piace non mi interessa. Che poi alla fine è questo? Interessi in comune? Non sono convinta nemmeno di questo.

Forse, come ho detto a lui, siamo solo due scarpe spaiate. C’è qualcosa, ma non possiamo capirci. E rimetterci a studiare ora, a quaranta o cinquant’anni… mi sa che non si può.

 

Ma in fin dei conti… destra 3, chiude, 100 vista, più più… no, non ce la faccio a ricordare…

Sono sempre i dettagli a fare la differenza

post 78

 

Questo è il mio primo documento scritto con Word.

Che a voi non farà differenza, ma a me la fa, la fa eccome, perché ero orfana da Word da più di un anno e il fatto che lo abbia di nuovo è un miracolo dell’Amico Atipico. Qui, nel Moonverso, sono sempre i dettagli a cambiare le cose, e chissà perché i dettagli sono piccolezze che ti fanno sentire amata.

Sono stati giorni di regali non previsti. Ma no, non è il Natale, demonizzatelo voi, io ho smesso, visto che se è vero che il costume da Mamma Natale non sta alle colleghe tettone, è anche vero che ho già un piano B, che se è vero che i biscotti di Natale mi hanno stroncato la schiena, è anche vero che si sono venduti in un week end. Non è il Natale. I regali mi sono arrivati perché ho persone intorno che mi vogliono bene. Piccole cose: una bottiglia di olio, un messaggio, Come stai?, dei quaderni nuovi per Little Boss, una canzone, un bicchiere di vino a fine pasto, una giacca nuova che non entra più, un programma di videoscrittura, la foto di un Americano,  un bacio sentito davvero.

E l’ultima volta che ho visto TDL lui è stato così delicato da ricordarmi che avevo una psicologa che mi seguiva e poi Dovresti tornarci, magari. Certo, non è il primo che me lo dice. Ho sentito questa frase due anni di fila. Da tanta gente. Troppa. E io ogni volta ci ho pensato. Seriamente. Che poi è il mio modo di pensare: seriamente. Io adoro giocare, adoro fare la cretina, ma quando si tratta di pensare sono seria, molto seria. E ci sono tornata anche, dalla mia Psi, come ho imparato a chiamarla. Ci sono tornata una volta ad Agosto, in piena crisi TDL. E come sempre, non so perché penso sempre la stessa cosa, che tutto, ma proprio tutto quello che scelgo di fare, sia sempre utile, in fin dei conti. Andarci mi è servito a capire che non mi serviva più. Che, come dice lei, tengo botta. Certo, la prima volta che ci sono andata, diversi anni fa, non tenevo botta per nulla. E tutto quello che ho fatto con lei mi è servito, mi serve ancora. Ha cambiato gli occhiali con cui guardo il mondo. Cioè. Lo abbiamo fatto insieme. Fatto sta che prima sì e ora…ora sento di no. E siccome con lei ero rimasta che ci saremmo sentite a Settembre e ora siamo a Dicembre, oggi le ho scritto un lungo messaggio di addio. E devo dire che mi dispiace davvero liquidarla così dalla mia vita, per mesi è stata un’ancora, un bastone, e un’amica, anche. Ma certo, ha fatto solo il suo lavoro, questo è indubbio. Diciamo allora che lei è stata l’unica a farlo bene. E dirle addio mi ha fatto venire il classico nodo alla gola. Ma dovevo farlo. Perché ora posso camminare da sola, con le mie gambe. Basta essere Bambi sul ghiaccio.

Riconoscerlo per me è stato fonte di orgoglio in primis, ma non è solo merito mio. È anche merito delle persone che mi stanno intorno. Ed è vero che ci sono persone che mi stanno intorno è perché io glielo permetto, ora. Sono tornata a essere quello che dovevo essere. Sono tornata a me stessa abbattendo i muri e continuando a dare fiducia. E facendomene una ragione delle delusioni. Ma non provarci più (e io per anni non ci ho provato più per molti motivi) è stato snaturante. E quindi devastante.

Quindi sì, Psi, hai ragione tu, ora tengo botta, tengo botta nonostante tutti i miei conflitti, tengo botta nonostante i casini, tengo botta nonostante la confusione, tengo botta perché allo specchio mi riconosco, nonostante tutto. Tengo botta perché sono io, e anche se a volte mi sto sulle balle, è sempre bello riconoscersi.

E tengo botta perché ho capito finalmente che le persone ti amano solo se glielo permetti.

Piccole conquiste.

Sono sempre i dettagli a cambiare le cose.

 

 

 

Stasera le cose cambiano anche grazie a questa canzone, che avevo dimenticato e non voglio farlo più, allora la aggiungo qui:

Perché ci sono due cose che mi salvano sempre il Coca button: la prima è scrivere, la seconda è la musica.

Ode a Tarta

post 77

 

O Tarta dal carapace  variopinto, 

O amica di ben cinque anni; 

O di fugaci raspate artefice: 

a te dedico questa ode: 

che tu riposi in pace

Là dove ho posato il tuo corpo ormai immobile:

Dentro una busta della Coop, 

Accanto a un mandarino ammuffito.

(A Little Boss dirò però che

Ti ho sepolta sotto la grande quercia,

Sotto casa,

Che lei ha un grande culto dei morti

Nemmeno fosse un’egiziana del 2000 a.C)

Non sono stata come quella stronza di Babette,

Non ho mai fatto di te una zuppa,

Ma si vede qualcosa è andato storto lo stesso

Sarà stato il Grande Freddo? 

Forse ti ho affamata?

Non ho mai saputo nulla di te

Non eri molto loquace, va detto.

Ma mi tenevi compagnia

In quelle sere d’estate

Raspando senza soluzione di continuità 

Nella tua vaschetta azzurra.

Lasci un caro compagno, Raschio

Che certo sentirà la tua mancanza

Non potrà più salire sulla tua schiena

Come sempre faceva,

Non potrà più rubarti i gamberetti liofilizzati

Sarà un duro inverno per lui, poveretto.

Ci rivedremo, un dì

Tra le nuvole celesti

Lassù…

Ma forse è più probabile in discarica.

(Con le tartarughe ho chiuso: il prossimo animale sarà di pezza)

 

Da Moon a Grinch

post 76

Per tornare umana ho dovuto farmi una doccia bollente, talmente bollente che ho la pelle del colore dell’aragosta, ma almeno la temperatura interna è tornata sui 36 gradi…

Come un giorno può trasformarti in un Grinch e farti odiare il Natale.

Ricordate questo post? Quello in cui volteggio per casa pensando agli addobbi e Come è bello il Natale e Come tornare bambini e giocare eccetera? 

Oggi tutto si è capovolto. 

Primo: Natale:Inverno=Inverno:Freddo. È una  vera proporzione. E io il freddo lo detesto. Questo poi è pure un freddo salutista perché esci fuori per fumarti la tua agognata sigaretta della pausa e dopo solo metà la getti via e rientri basita al calduccio: ci vogliono poi minuti interi per scongelarti e capire chi sei e dove sei: pausa finita. Inutile ribadire che detesto anche i salutisti. 

Inoltre il freddo mi fa venire il raffreddore, il raffreddore mi fa consumare chili di fazzoletti e quintali di burro di cacao che ora penso dovrei mettermi anche sul naso. 

Secondo: con il Natale arrivano i biscotti natalizi della Pasticceria che vanno decorati a mano. Ora, qualcuno ha messo la parola Scrittrice dentro lo Scatolone Fabbricone di Dodò e ci ha tirato fuori anche la parola Artista e Pazienza. La frase che ne esce recita più o meno così: Tu che sei una Scrittrice sei un’Artista e quindi dotata anche di molta Pazienza:  fai e decora tu i biscotti! 

E quindi la mia mattina l’ho passata prima a cercare gli stampi dei biscotti a forma di alberello e stelle comete e pupazzi di neve e cercare qualcosa dentro al Ristorante è stato come per Indiana Jones cercare il Graal. Poi ecco lì che li ho dovuti decorare uno a uno (5 teglie) mettendo minuscoli smarties al posto delle palline sull’abete, china sul banco per due ore. Certo, una bella soddisfazione visto il risultato, il mio lato artistico ne era soddisfatto, ma il mio lato B, quello della schiena, molto meno. 

Terzo: mi sono fatta convincere a vestirmi da Mamma Natale sotto le feste. E fin qui tutto ok, fare la cretina alla fine mi diverte sempre, specie sul lavoro, sdrammatizza, no? Solo che la collega che si doveva occupare dei vestiti non se ne è occupata per tempo, quindi una volta finito il mio turno mi sono messa a cercare su Amazon quattro vestiti vagamente decenti (no, non me le metto le minigonne con le piume d’oca o i corsetti con i laccetti: divertirsi sì, soffrire no): nulla: tutti i vestiti natalizi hanno la consegna i primi di Gennaio, che mi dico, porca paletta, ma a che mi serve un vestito di Natale dopo Natale? Lo so, lo so, scusa Amazon: dovevo pensarci prima. Solo che non ero io quella che doveva pensarci! 

Vabbè, mi rassegno, e una volta montata in macchina, dopo nove ore di lavoro ininterrotto, con le labbra talmente ruvide che potrei limarmici le unghie e le occhiaie del raffreddore che mi scendono fino al mento, mi pare proprio un’idea geniale andare a farmi il giro dei negozi trash della zona, in cerca del suddetto vestito. Che trovo, certo. Quando mi metto in testa una cosa… solo che se è vero che a me sta a pennello, per le mie colleghe tettone  ci sarà da farci qualche modifica. 

Ma ok. Prendo tutto, rimonto in macchina e torno al Ristorante per farlo provare alle colleghe. Ormai manco da casa da più di 12 ore e inizio a sentirne la mancanza. Ma tengo duro: Natale è Natale, no? Appena arrivo lì ecco però che sono costretta a gestire ben tre telefonate di prenotazione per il pranzo di… sì, esatto: Natale! 

Io sarei vegetariana, dice una. 

Signora, il nostro è menù terra mare, lo ha letto? 

Sì, ma io mi accontento anche di un piatto di fagioli in bianco.

Un altro mi fa: Ma possiamo prendere quattro menù in sei? Non siamo persone che mangiano molto…

L’ultima è la migliore: Ho letto il menù: ma dentro ai tortelloni di baccalà cosa c’è? 

Cala il sole. E si fa più freddo. E io sono  ancora al Ristorante con in una mano un vestito 100% poliestere rosso, nell’altra carta e penna, il telefono incastrato nella spalla che discuto con un tizio di ottant’anni sull’orario in cui inizierà il pranzo: vorrebbe mangiare alle 11.30!

Rientrata a casa sono costretta ad accendere anche il forno dal gelo che c’è. E allora in questa momentanea trasformazione da Moon a Grinch mi sembra che questa sia la colonna sonora migliore:

Che poi, vi dirò… io adoro i My Chemical Romance…

C’è tutta una vita che mi aspetta

 

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Non so perché mi viene in mente una frase che mi ronza in testa da giorni C’è tutta una vita che mi aspetta da sempre e mia figlia invece saltella dalla gioia perché è riuscita a mettere come suoneria la sigla iniziale di Una serie di sfortunati eventi ed è lì che mi chiede di chiamarla una due tre volte e poi alla fine la chiama una sua compagna di scuola Che libri porti domani? e lei parla e parla ma non si capiscono perché Little Boss ha già in bocca l’apparecchio ed è lì che si scusa ma non attacca e non si toglie nemmeno l’apparecchio tanta è la voglia di parlare di comunicare di dire e poi Buonas noche mamma e Ti voglio bene tesoro tra poco la notte ci cadrà sulle spalle senza far rumore come ogni notte sempre e ognuna nel proprio letto penseremo alle cose da fare domani agli incontri che ci saranno alle conversazioni che terremo e ne inventeremo anche mille di conversazioni prima di chiudere gli occhi perché siamo fatte così io e lei siamo di una pasta simile ma non uguale siamo meditative verrebbe da dire ma in realtà forse siamo solo due persone abituate a farsi le seghe mentali perché la vita questo ci ha insegnato e pensare troppo ci distruggerà mi dico ma pensare è l’unica cosa che mi fa sentire viva e forse è così anche per lei forse anche lei a volte è disturbata dal rumore che ci circonda e lo stesso lo ricerca questo rumore perché così è più difficile pensare e se pensare è difficile sarà anche più divertente e il divertimento è alla base della vita dopotutto perché se non ci divertiamo almeno un po’ che senso ha dirsi 10, 100, 1000 volte al giorno che c’è tutta quella vita che mi aspetta se poi alla fine tutto si riduce ad aspettare e basta se tutto si riduce a credere solo che le cose miglioreranno senza fare nulla per migliorale oggi e poi arrivi a quarant’anni e ti rendi conto che il tempo stringe e molte cose che pensavi di poter fare non potrai farle più perché non ci saranno più occasioni e allora devi rivedere il concetto di Felicità e quello di Apprezzamento e forse anche quello di Realizzazione facendo bene i conti le parole cambiano e si riempiono a seconda degli anni che hai perché il futuro si riduce e il tuo corpo cambia e tutte le Aspettative che avevi per te a vent’anni devi per forza mangiartele a colazione insieme al caffellatte altrimenti rischi di guardarti allo specchio e non riconoscerti e rischi di odiarti anche se in realtà hai capito che ad odiarti sono più bravi gli altri perché hanno dei super poteri di odio che non pensavi possibili e gli altri riescono ad odiarti anche per cose che non hai fatto e nel frattempo pensi a tua figlia che è lì tranquilla che legge un libro sotto le coperte mentre tu ancora sei qui che scrivi perché scrivere è l’unica cosa che ancora riesce farti guardare allo specchio senza spaccarlo con un pugno l’unica cosa in cui ti riconosci davvero e speri che anche lei un giorno abbia qualcosa con cui riconoscersi sempre e comunque e qualunque cosa accada perché riconoscersi è più importante che aspettare una vita migliore perché riconoscersi è oggi e non domani e oggi è sempre prioritario anche se tendiamo ad affidarci a domani.

È oggi che conta. 

E ora sì, potete prendere fiato. 

Ho scritto così, senza punteggiatura, perché l’ho letto da qualche parte qui su Word press e ho raccolto la sfida, ma siccome la mia memoria è acquaccia di palude, quando evapora lascia sola la melma, ovvio è che non mi ricordo più dove l’ho letto. In realtà, risultati a parte, mi è stato molto utile. Specie stasera. Che su quella frase iniziale avrei potuto fare troppi giri non voluti. 

Ora posso andare a dormire.

Somme e sottrazioni

Post 74Quando accendo il pc mi viene d’istinto di aprire la cartella Moon e il Censore sul mio desktop. Anche quando so perfettamente che dovrei fare altro. 

È stato così anche stasera, sono venuta prima qui, ho scritto una mezza pagina di incoraggiamento e poi ho aperto il racconto sul narcisista. Ed ecco che la distanza dalla meta l’ho accorciata di un migliaio di parole. 

Poi quella mezza pagina l’ho buttata. Aveva assolto al suo compito.

Quindi oggi faccio la somma delle azioni e ne esce una cifra positiva. Anche se devo dire che sono sfinita. E raffreddata. Di nuovo. Qui si gela, non so da voi. 

Il mio premio non in denaro per tutte le azioni che ho compiuto oggi (appuntamento per Little Boss dall’estetista – non commento più questa cosa-, revisione della macchina, voltura del contratto dell’acqua, bucato, racconto, una vera cena per la piccola iena) è un po’ di musica e, più tardi, un bicchiere di vino. Che quando dico che mi accontento di poco è vero. 

Tutto il resto sta andando dove deve andare, come il percorso di un fiume, ogni tanto la vita mi lancia ai piedi qualche Sorpresa che io raccolgo felice per riempirci questa parola, Sorpresa, una parola che anni fa avevo svuotato del tutto. E quindi ci mettiamo l’Amico Atipico che si sorbisce la mia lagna per un racconto rifiutato da una rivista; ci mettiamo aver parlato con qualcuno che pensavi fosse in modo, scoprendo che in realtà è proprio così (ogni tanto il naso mi funziona ancora, anche se è raffreddato); ci mettiamo l’operaio del comune che mi porta a casa due bottiglie di vino come regalo di Natale; ci mettiamo un biglietto criptico lasciato nella tasca della mia giacca dalla mia collega zen, La Verità è il cammino, il Bene l’azione e il Bello il sentimento (Meishu-Sama), che ancora devo capire cosa cavolo significa, sul serio, ma lei è una che fa Sekai e qualcosa, non so che diavolo di disciplina sia, fatto sta che oggi ha visto mia madre (che è passata a trovarmi) e quando se ne è andata ha detto: come si vede che andare d’accordo. E io penso: come si vede che questa disciplina ti fa usare droghe pesanti. Ma non lo dico. 

Ci voglio mettere anche, nella parola Sorpresa, le mie nuove reazioni nei confronti di TDL, che mi manda messaggi per chiedermi quale vino si abbina con il tartufo. Già che penso che il tartufo sia sprecato per uno che lo vuole tagliare a tocchi con il coltello… e poi non ama il Chianti. Mi chiedo allora quale vino ci berrà, il Tavernello? Ma la Sorpresa, dicevo, è nelle mie reazioni. Stanno sparendo. Quelle fisiche, dico: battito accelerato, voce squillante, gambe che cedono… Lo vedo e nulla. Mi manda messaggi e non corro a leggerli. Non lo sto più evitando. Anzi, spesso lo cerco. E le nuove reazioni mi sorprendono (piacevolmente). Forse c’è stato un chiodo scaccia chiodo un po’ sui generis. O forse è arrivato il momento che tanto aspettavo dall’inizio. Ogni giorno che passa sento che c’è qualcosa di meno.  Le emozioni a sottrazione: che cosa buffa in realtà. 

Oggi ho aggiunto, quindi, fatto somme, sottratto.

Arrivata a fine giornata mi sento un calcolatore.

Forse ha ragione Barbara: dico dico, ma poi da un certo orecchio non ci sento mai…

Sunshine blogger award 2018

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Rispondo alle domande di Romolo perché… ah, no: questo lo devo dire alla fine. Quindi inizio e festa.

  1. Il libro che porteresti in un’isola deserta

Scelta molto difficile. Un solo libro sarebbe devastante per me. Istintivamente mi verrebbe Robinson Crusoe, per una sorta di affinità di condizione, ma l’ho trovato palloso la prima volta, figuriamoci rileggerlo a oltranza…

Quindi scelto un autore che amo e un libro che non ho (ancora letto) e che, vista la mole, mi darà filo da torcere per molto tempo. Cosa che avrò di sicuro su un’isola deserta, giusto? 

Infinite jest, di David F. Wallace. 

2.La canzone che porteresti in un’isola deserta

Più facile della domanda uno. Visto che immagino l’isola in questione come quella di Lost (serie che sto finendo con Little Boss), avrò di sicuro una bella spiaggia immacolata e una giungla oscura alle mie spalle, piena di pericoli e orsi polari. Ci vuole musica allegra, capace di farmi sentire positiva qualsiasi cosa accada. E che mi faccia leggere Infinite Jest senza disperarmi. Quindi ne scelgo una che mi fa stare bene ultimamente. 

Santeria, dei Sublime

3.Se non avessi un blog dove scriveresti?

Ovunque, ovvio. Come ho fatto prima del blog. Quaderni, carta igienica, tovagliette del bar, muri… 

4.Come ti vedi tra 10 anni

Mi vedo esattamente come ora, solo con una vera crema antirughe in bagno. 

5.Saresti soddisfatto del tuo blog se

Io sono super soddisfatta del mio blog. È esattamente quello di cui ho bisogno in questo momento, e lo faccio esattamente come voglio farlo, preciso preciso. Quindi tolgo i se in questione e correggo il condizionale. stop.

6.Perché hai aperto il blog

Su questo ci ho scritto un articolo all’inizio. Qui riassumo: per uccidere il Censore. Il bastardo con le cesoie. E ci sto riuscendo, me ne accorgo con il racconto che sto scrivendo sul Narcisista covert. 

7.Il tuo ricordo più bello

Già sorrido solo a ricordarlo.

Dunque, quando sono rimasta incinta, alla prima ecografia, il ginecologo ha stabilito che era un bel maschietto. Ma il maschietto era pigro, se ne stava seduto nella mia pancia, invece di girarsi sottosopra: forse a quel mezzo fagotto sembrava una posizione innaturale, forse pensava alla forza di gravità, al fatto che una volta uscito sarebbe stato tutto al contrario, testa in alto e piedi in basso, così ha deciso di metterci subito, in quella posizione, così da semplificarsi la vita una volta uscito. E complicando però un po’ il parto… quindi nulla, il bel maschietto se ne è rimasto seduto fino al parto. E tutte le ecografie che ho fatto in quei mesi ci servivano più che altro per vedere se si sarebbe girato, prima o poi. Verso il settimo mese chiedo ancora del sesso. Non so perché, ma io ho invece una sensazione diversa, fatta dei miei famosi Segni. Il ginecologo punta il dito sullo schermo, sono palline queste, le vedi? È un maschio. Io faccio sì con la testa, ma non ho mai visto nulla. E quindi arriva il giorno del parto, la sera prima mi ricoverano per il cesareo , sono tutta circondata da tutine blu, a casa la cameretta è celeste che più celeste non si può, e l’infermiera scherzando mi dice: ti rendi conto se invece è una femmina? Non ho avuto modo di capire perché lo avesse detto. Segni, mi dico. E il giorno dopo, alle 8.15 (più o meno) la stessa infermiera mi dice: è una bambina! È stata la prima volta che ho pianto di gioia. Lacrime vere, una cosa che non mi è successa più. Un’emozione che vorrei regalare a Natale a chi amo di più. 

8.Il tuo più grande rammarico

Così su due piedi non mi viene in mente nulla: non sono una donna dai grandi rammarichi. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto perché non avevo scelta migliore. E credo davvero nel detto: se mio nonno avesse avuto le ruote sarebbe stato un carretto (ok, qui si dice: Se il mi’ nonno avea la rote era un carretto, ma è sgrammaticato).

9.Ti regalano 10 mila euro, ma devi spenderle entro 24 ore

Compro regali utili a tutti quelli che amo. 

10.Con una bacchetta magica ti danno la possibilità di cambiare un evento della storia

Credo che farei finire in modo migliore la Rivoluzione Francese. Dimostrando che l’uomo può cambiare le cose anche senza sangue. Sarebbe stata un esempio per il futuro. Oh, ma beh…. Siamo nel campo delle utopie, certo. Ma a me le utopie piacciono.

11.Ora mi spieghi cosa ti ha spinto a rispondere a queste domande

Ed eccoci in fondo. Perché mi piace giocare. Soprattutto se posso farlo scrivendo. 

E qui io non so cosa devo fare. 

Quindi farò la gnorri e non farò nulla. 

Grazie per avermi fatto giocare Romolo 🙂 mi sono divertita.

Anche l’amore è una forma di egoismo

post 72

 

Accanto al mio albero di Natale, ascoltando una compilation rock di Natale (con delle perle uniche, tipo i blink con I won’t be Home for Christhmas, una delle mie preferite. E, naturalmente, Feliciano, sempre lui, again… potrebbe essere il mio personale incubo di Natale per tutti gli anni a venire), scrivendo dalla parte sbagliata del foglio, come sempre, pensando alla conversazione che ho avuto con TDL giusto stamani.

Tutto questo genundiare prefatorio sta a simboleggiare che tutte queste azioni sono ancora da finire, e da definire anche.

Il fatto di non scrivere più di TDL qui ha paradossalmente segnato una nuova fase in cui ci sentiamo e ci parliamo di più. Certo, non come prima, sia nella quantità che, sopratutto, nel modo. E credo che questo sia un bene. Sentirci, dico. Mi aiuta a farlo scendere da quel piedistallo sopra al quale lo avevo infilato qui, in questo blog. Lo rende più vero, e quindi più sopportabilmente dimenticabile. Sopratutto in questi giorni mi sono resa conto che più ci parlo e più trovo lontane le nostre visioni del mondo. Mi sta cadendo quel prosciuttino sugli occhi che l’innamoramento mi aveva regalato. Questo non significa che non mi piaccia più, TDL, ma ora è umano. È solo un uomo. Non c’è più quel concetto ineluttabile di Destino che mi faceva disperare la notte, piangere il giorno, soffrire sempre. Sto guarendo e lo sto facendo nel modo giusto. Il Tempo ci ha messo il suo zampino. E sono certa che non passerà ancora molto prima di riuscirgli ad essere amica e basta. Dopotutto l’ho scelto perché è una persona interessante, e questo è, questo non cambia. 

Per il resto ho passato un weekend bipolare: da un lato il lavoro che mi ha spento come se fossi stata una candela, dall’altra l’Amico Atipico è venuto a trovarmi, smaronandosi con un viaggio lungo e complicato e ricevendo in cambio una mezza Moon (ma anche una burrata, un albero di Natale da fare insieme a Little Boss, un’ emergenza luci dell’ultimo minuto e una notte in un piumone che fa ottomila gradi… sì, ok, non sono tutte cose positive, ma almeno non si è annoiato, no?). il risultato è che stamani mi sento bene, equilibrata ( e per me è una sensazione assai rara), positiva, nonostante un mal di testa che mi fa sorgere il dubbio di dover partorire la Minerva del nuovo millennio. 

E quindi posso riflettere con calma sulla conversazione con TDL. Mi rimprovera sempre di non pensare a me stessa, di mettermi sempre in secondo piano. Non ha torto. E io infatti gli do ragione. Solo che non ci trovo nulla di male. Nella vita ti devi dare delle priorità. E io ho Little Boss come priorità. Che poi io sono capace di amare così: o tutto o niente. Ed è probabile che sia precisamente questo il mio problema, con gli uomini (faccio così, amo mettendo me in secondo piano e poi lì resto, e quando me ne accorgo e faccio il passo avanti scoppia il casino), ma sono sicura che non lo è con Little Boss. Sarà lei a costringermi a mettermi in primo piano tra poco, perché non avrà più così bisogno di me, farà la sua vita e io potrò solo essere lì a guardare. Ma ora, ora, ha bisogno di me. Del mio aiuto, del mio sostegno. Non posso pensare prima a me, alle mie necessità, perché sono una madre. Non ci trovo nulla di sbagliato. Forse è perché in fin dei conti sono stata cresciuta così. O forse perché lo sento e basta. E aggiungo sul piatto che comunque amare mi fa bene. Anche amare è una forma di egoismo. Forse la più grande. 

Potrei chiudere il discorso dicendo : ma TDL è un uomo, non può capire. In realtà non è una questione di genere. Ma di situazione. Forse sarei stata diversa come madre se avessi avuto un padre vero per lei. Forse avremmo trovato il modo di metterci entrambi sullo stesso piano, e saremmo rimasti lì insieme, a darci la mano. Le cose fatte da sola sono sempre più faticose e ti portano a fare rinunce. Forse lo avevo, il padre vero, e l’ho trasformato io in questo mostro, come lui mi accusa. Ma c’è qualcosa che non mi convince in questo suo discorso. È vero che le croci si fanno con due legni. Ma sono appunto due, i legni. 

Quello che resta è una bambina che non posso lasciare a se stessa. 

Qualunque errore io faccia, in ogni caso, sono certa che, come sempre, lo sconterò. 

E ora sono pronta anche a questo. 

Ma almeno mi sto movendo: non posso più accusarmi di subirla, la vita. 

Ora devo dare risposta a qualche domanda…

Poi magari mi accorgerò che tutto quello che ho scritto oggi ha un controsenso interno. Ma potrò dare la colpa a Minerva che vuole uscire dalla mia testa…