LG, Lavora e Godo

Prima o poi questo momento arriva per tutti. 

È difficile, doloroso, faticoso, ma inevitabile. 

Arriva il giorno in cui sei costretto a cambiare la lavatrice.

Non che quella di prima non funzionasse, intendiamoci. Oltretutto neanche mia, era, ma della mia proprietaria di casa (stavo per scrivere padrona di casa, ma poi mi suonava un po’ Via col vento e mi sono chiesta che razza di educazione mi hanno dato i miei se mi viene padrona come prima parola), una Beko di chissà che anno e che fin dal primo giorno ho creduto impossessata dal demonio. Forse da qualche parte l’ho scritto anche qui, su questo blog, che mi faceva paura quando faceva la centrifuga (tutta una vibrazione e un rumore assordante). Comunque è stata con me per quasi due anni, ha lavato, mi ha spaventato e alla fine mi ci ero pure abituata, a lei. Solo che poi ha iniziato a perdere acqua dalla vaschetta. Chiamo il tecnico (detta così sembra pure una cosa seria, in realtà il tecnico è un ometto in pensione che sta qui vicino e sostituisce le cinghie delle lavatrici per 5 euro)e lui mi dice di provare a rialzarla sul davanti, che forse è in pendenza. Ci provo, ma il risultato è scarso. Torna e dice che il calcare forse ha ostruito i buchetti dai quali arriva l’acqua nella vaschetta (avranno anche un nome tecnico, ma a me piace dire i buchetti) e che andrebbe smontata. Mi fa capire chiaramente che non ne avrebbe tanta voglia (eccicredo, lavora più ora con lavatrici e phon che prima, credo non sia capace di dire di no). Abbozzo e rifletto: la lavatrice è obbligatoriamente posta accanto al divano che è davanti alla televisione, ergo non è possibile guardare la televisione se lei va; inoltre è impossibile andare a letto e dormire, se lei va; infine, se la metto in moto la mattina presto, prima di uscire, Baffo, il tizio che sta sopra di me, potrebbe accogliermi a casa con il fucile. Restano pochi momenti della giornata in cui posso metterla in moto. E devo ricordarmi di metterci uno straccio sotto, sennò sparge acqua ovunque. Potrei farla sistemare (magari sono i cuscinetti da cambiare e i buchetti da pulire), ma dovrei chiamare un vero tecnico (costo chiamata almeno 40 euro, più i ricambi) oppure portarla a un centro assistenza (rottura di palle di stare senza lavatrice eccetera più il costo della riparazione). Tutto per un oggetto che neanche è mio. Io e l’Amico Speciale ci guardiamo, io dico che a fine mese mi rientrano dei soldi e che quindi posso pure permettermi una lavatrice con un display, il motore inveter, l’auto pulizia del cestello e il programma vapore che uccide i batteri al 99,9% (intanto ho fatto delle ricerche, sì). Lui si alza dal divano e dice: andiamo a comprarla ora. Perché a lui il solo pensiero di avere un nuovo giocattolino per casa lo risveglia da ogni torpore. Chiamo la proprietaria, le comunico il mio nuovo acquisto e scendiamo a valle per arrivare al negozio. Entro e alla commessa chiedo tutte le caratteristiche che ho studiato. Faccio presto a scegliere la mia nuova collaboratrice domestica, due secondi dopo usciamo con una nuovissima LG caricata a forza su Winny. Sono le sei di sera e provo a preporre all’Amico Speciale di installarla il giorno dopo… figuriamoci! Chiama al volo il suo amico, che ormai è la terza lavatrice che installa per me in un anno (prima da mio padre, poi da mia madre e ora da me), tanto che ormai il suo nuovo soprannome è Candy. Tolgono la vecchia, mettono la nuova e la proviamo subito. Come due bambini. Quando fa la centrifuga sono così commossa che le faccio un video. È talmente silenziosa che mi sorge il dubbio che lavi davvero. 

E ora come la chiamiamo?, dice l’Amico Speciale. 

Semplice, Lavora e Godo! Lei lavora, io godo.

È il primo acronimo al contrario di questo blog. 

A tuttora mi chiedo perché non lo abbia fatto prima, a volte migliorare la propria vita è un attimo ( e 500 euro, ok, ma sono soldi ben spesi quando non ti devi rompere le palle ogni santo giorno).

E ora, se volete scusarmi, vado a fare la lavatrice, beandomi dei suoi suonetti deliziosi in accensione e spegnimento. 

Il mistero del bonus luce e gas

Beh, in questi mesi sono successe molte cose, non solo a me, ovvio, ma al mondo. Una guerra, una crisi energetica, un nuovo governo. 

Per la crisi energetica ci aveva pensato già il vecchio, di governo, alzando il tetto Isee per il bonus sociale luce e gas. Io sono stata fortunata, questo sarebbe stato il primo anno, altrimenti, in cui non ci sarei rientrata. Tutto automatico in bolletta. A inizio anno ho una compagnia un po’ di nicchia, localissima, che avevo scelto perché uno degli agenti era mio amico e potevo chiamare direttamente lui per ogni cosa. Ma lui poi ha mollato il lavoro, non hanno un’app per monitorare le bollette e le scadenze, il sito è legnoso, insomma, decido di cambiare e passare a Enel. Di nuovo. A giugno c’è il passaggio e vedo che la vecchia compagnia mi deve dei soldi. Ho pagato troppo? Boh, ci sta… vado a controllare e beh… facendo un conto sommario mi vengono delle bollette in linea rispetto alla media di questo appartamento. Considerando però che non siamo più in due in questa casa, ma in tre, i consumi avrebbero dovuto aumentare, anche senza aumenti. Ma vabbè, mi dico: effetto degli aiuti del governo. Ottima cosa, non mi lamento. Lascio perdere, richiedo il rimorso tramite mail e quelli me lo accreditano dopo poco.  

Quando arriva la prima bolletta della luce da parte di Enel il bonus sociale non c’è. È una bolletta cicciotta, ma, di nuovo, in linea con i consumi reali. Insomma, c’è una crisi, è aumentato il costo dell’energia, una volta ho fatto il pieno alla mia utilitaria e ho speso 90 euro, questo aumento mi pare dovuto, visto quanto se ne parla. Comunque chiamo Enel per sapere perché non c’è il bonus. Una signorina gentile mi dice che per aggiornare i sistemi ci vuole un po’ di tempo. Ok, rispondo. Se nella prossima bolletta ancora non c’è ci richiamiVa bene, e riattacco. 

Anche nella bolletta successiva il bonus non c’è. Più o meno lo stesso importo della precedente, tutto in linea, quindi. Richiamo, come mi ha detto la signorina gentile. Ma al telefono c’è un’altra signorina, la signorina scortese che mi aggredisce dicendo che è inutile chiamare, il sistema si aggiorna da solo e poi il bonus verrà inserito in bolletta. Ok, rispondo, ho fatto solo quello che mi ha detto la sua collega. Lei bofonchia e mette giù. Mi sa che aveva avuto una serata poco felice…

Comunque attendo ancora e il bonus si materializza sulla bolletta del gas, che va a zero. Beh, insomma, è una bolletta di luglio e agosto, del gas. Direi che ci sta, se mi hanno riconosciuto il bonus che mancava. 

Ora, a Novembre, arriva la bolletta nuova sia luce che gas. 

I bonus ci sono. 

Pure troppo. 

Secondo i loro calcoli io da giugno ho speso facciamo 300 euro di luce (senza bonus) e loro me ne rimborsano 270… qualcosa non quadra… quella del gas è ancora meglio: da giugno ho pagato una sola bolletta di 70 euro (l’altra era a zero) e me ne rendono… 197!

Allora mi chiedo: cos’è che non ho capito? 

A me un aiuto va bene, ma qui mi si rende i soldi che non ho neanche speso!

E nulla, chiedendo in giro a chi usufruisce del bonus pare che sia l’unica con queste cifre folli.

E ora ho paura di una stangata…

Il potere della musica

Qualche tempo fa è stato il compleanno di Little Boss. Ho voluto regalarle un musical. 

Intendiamoci: io non sono un’appassionata di musical. Sì, ok, Greese in tv, al limite Sette spose per sette fratelli quando ero piccola, ma il musical non mi ha mai tirato. Lei, invece, è impazzita per il film Mamma mia! Ogni tanto se lo riguarda e canta insieme a Meryl Streep in camera sua. Così cerco e lo trovo a Firenze. Ottimo! 

È una domenica pomeriggio di novembre, non un giorno perfetto per me e il mio lavoro al Ristorante, ma per Little scalerei una montagna con le infradito. Chiedo all’Amico Speciale se vuole venire con noi. Lui mi guarda come se fossi impazzita mentre sgranocchia pistacchi sul divano. Poi si ricompone e dice: no, godetevela da sole questa giornatachissà quante occasioni avrete ancora per stare insieme, lei sta crescendo eccetera. Un gran paraculo, vero? ma ha ragione, la mia Little sta crescendo e mai come questo anno sento l’adolescenza che bussa alla sua porta: sta sempre fuori con gli amici (nuovi amici, ragazzi un po’ diversi da quella che era stata lei finora), studia poco, ha iniziato a fumare. La sua ultima richiesta è il patentino per il 125. La sento sempre più lontana e, come tutte le mamme paranoiche, sono preoccupata. Quindi sì, ok Amico Speciale, sebbene tu ti sia salvato dall’ennesimo evento tedioso che piace a me, stavolta te la passo perché ho voglia di una giornata da sola con lei. 

Chiedo il permesso di un’ora a lavoro per poter partire in tempo. Spettacolo alle 16.45. Dal mio Paesello a Firenze c’è un’ora e mezzo di macchina, ma il teatro è in centro e allora optiamo per il treno. Non guiderò in quel casino, sono abituata alle stradine di campagna deserte e sto invecchiando. La scelta del treno si rivela sublime: entrambe lo amiamo e entrambe adoriamo camminare in centro a Firenze. Arriviamo a teatro in tempo perfetto, abbiamo due posti invidiabili nel primo settore (mi sono costati un rene, ma cavolo se ho fatto bene!) e le luci si spengono.

Primo messaggio: niente riprese con i telefonini. Giusto. Questo spettacolo ve lo dovete godere dall’inizio alla fine, dovete farvi travolgere dall’energia. Di nuovo giusto.

Ed è così: appena Sophie inizia a cantare mi scendono le lacrime per l’emozione. È tutto stupendo, energico sul serio. Incredibili gli attori: Sabrina Marciano di sicuro la più brava, ma anche Ward, Muniz e Norcross (tra tutti quello che mi ha convinto meno), insomma risate e divertimento a valanghe. E durante la scena tra Sophie e Donna sento Little che mi stringe la mano. Mi volto e sta piangendo, commossa. Lacrima chiama lacrima… 

Il finale è incredibile: un grande karaoke a ritmo Abba, con tutte le cariatidi che avevano assistito in prima fila che ballavano e cantavano. Scroscio di applausi. Fine.

Restiamo basite sulle nostre poltroncine di velluto rosso. Poi il desiderio di andare in bagno ci fa muovere, per evitare la fila…

Riattraversiamo Firenze verso la stazione estasiate e canticchianti, scambiandoci commenti. Torniamo a casa tardi e sfinite, ma felici. In macchina, ovvio, ascoltiamo solo gli Abba. 

Beh, devo dire che lo facciamo ancora, di ascoltare gli Abba in macchina. E pensare che quando avevo l’età di Little e, come tappa del sabato pomeriggio, andavo al negozio di dischi per comprare un cd e guardavo tutti quei dischi alla lettera A, mi stupivo di quanti fossero e del fatto che no, non conoscevo le loro canzoni. Ma insomma, chi erano questi Abba? Per me è stato un po’ come per i Credence water revival: mai sentiti nominare fino a poco tempo fa, eppure chi non conosce Fortunate son o Have you ever seen the rain? 

E vi lascio con la canzone che non mi vuole uscire più dalla testa: l’Amico Speciale la chiama Ciupa Ciupa.

Super Truoper.

Moon, again

E così è passato un altro anno, quasi, e io ho messo di nuovo in pausa questo blog…

L’ho proprio sospeso, cancellando pure l’app dal telefono e tutto il resto.

Ho provato a dargli un. Articolo finale, il Gran Finale di un tempo che fu, della Moon blogger, ma non ci sono riuscita. Sapevo che prima o poi sarei tornata. 

Mi sono regalata un corso di scrittura alla Holden che mi ha fatto molto bene: ho imparato tante cose, ma soprattutto ho raddoppiato la mia autostima come scrittrice, il che è un bene no? Sì. E poi ho scritto il romanzo. L’ho scritto. L’ho finito. Un manoscritto per l’esattezza, 7 quaderni aspirale monocromo A5. Qualche pagina buona, qualche pagina pessima, altre da risistemare. Come primo romanzo dovrei esserne soddisfatta. Ora devo solo riscriverlo. Capire cosa non va e metterlo giù sul pc. 

Sì, sono stata brava, alla faccia di chi si loda si imbroda. E poi.

E poi la vita mi ha travolta di nuovo. Come il fiume in piena sulla passerella che ho sotto casa, mi ha investita, buttata giù nell’acqua e mi sono persa. Continuo a fare progetti su progetti (il mio ultimo? Studiare per un concorso in comune) e poi mi perdo. Non sui progetti, intendiamoci, ma perdo me stessa, chi sono. Perdo la mia identità. Mai come ora non so dirmi chi sono. 

Ed ecco che torna la scrittura. Torna perché mi deve aiutare, deve dirmi chi è Moon e non cosa vuole fare. 

E può farlo solo raccontando della vita. Mi piace questo blog. Mi piace pensarmi qui. Mi piace scrivere. Casuale. Con questa terribile mania paratattica che mi ritrovo. 

E quindi riparto. 

Senza censura.