Udite udite, una ricetta! B.D.D. salati

Risultato finale, i B.D.D. salati

(Si vede che è domenica e io non ho un cavolo da fare perché l’A.S. è fuori, Little è da suo padre… due post in un giorno!)

Durante il mio ultimo giorno di fancazzeggio, guardo il meteo e decido questo: pulire casa, bucati, cucina. 

E…tadan! Ecco che questo blog diventa ancora più eclettico e si trasforma in un food blog

Ho sempre pubblicato per lo più i miei cazzi, la mia vita storta o diritta, qualche volta una non recensione, altre un non reportage, qualche tempo fa l’ho trasformato in un travel blog. 

Le ricette non sono il mio forte. Come dico spesso, non perché non sappia cucinare, ma perché per la maggior parte del tempo non ne ho voglia. Insomma, ho lavorato anni nella ristorazione, se fossi in cima alla classifica del gruppo Facebook Cucinaremale (che vi invito a vedere se volete sbellicarvi dal ridere) sarei stata licenziata anni fa. 

Quindi stamani ecco che mi lancio, di nuovo (delle mie domeniche di cucina da quando ho il Nuovo Lavoro ho già accennato) in una ricetta che mi fa venire l’acquolina in bocca.

Baci di dama salati

Ho fatto per anni i baci di dama a lavoro, erano la mia specialità (soprattutto perché è un lavoro lungo e noioso e me lo rifilavano), ma salati mai fatti. 

Le dosi sono queste:

100 gr farina mandorle

100 gr farina 00

80 gr burro freddo

80 gr parmigiano reggiano

20 ml vino bianco

1 pizzico di sale grosso

Con un robot da cucina si va a mixare le farine, il burro e il pizzico di sale (ora, di solito rifuggo dalle ricette che indicano q.b. o pizzichi e anche cucchiaini, ma tant’è. La precisione in pasticceria è tutto, vorrei che lo capisse anche mia madre quando fa i dolci…). 

Devono essere colpi brevi e ripetuti, così da rendere il mix sabbioso. Sennò bruciate tutto e viene un troiaio (noto termine desueto che piacerebbe al nostro Vittorio Tatti). 

Una volta reso sabbioso il mix lo trasferite in una ciotola ampia, vi scavate un buco nel mezzo e ci mettete parmigiano (grattato, ovvio, non l’ho specificato, ma mi auguro nessuno abbia avuto il dubbio) e il vino. Io ho messo la ciotola direttamente sulla bilancia, che sennò qui si sporcano diecimila cose. E Leonardo Di Carlo docet: poi c’avete da ripulire voi!

Impastate brevemente, l’impasto va scaldato (con le meni, anche qui, ovvio) il meno possibile. Una volta formato il panetto omogeneo (sì, quei grumi di burro non devono esserci) vi mettete seduti davanti al tavolo della cucina: la ciotola con l’impasto a sinistra, la bilancia al centro e una leccarda rivestita di carta forno a destra. 

Se non sapete cosa è una leccarda aprite il vostro forno: la teglia scura e piatta che è in fondo (di solito è in fondo)è la leccarda. 

Vi ho detto di mettervi seduti perché ora dovete staccare 10 gr di impasto per volta (se non lo pesate è impossibile, credete che siano tutti uguali, ma non è vero) e formare delle palline che metterete (distanziate! Per carità! Sennò si attaccano tutte una all’altra e creerete una base salata di frolla con i bubboni!) sulla leccarda.

Ci siamo quasi. È stata una rottura di palle pesarli e formare le palline, vero? Ora capite perché i baci di dama al Vecchio Lavoro li facevo io (impasto base: 3 kg, voi avete fatto un impasto di 360 gr più o meno)

Trasferiteli nel forno preriscaldato (che a me sembra un’ovvietà, preriscaldare, ma se lo scrivono tutti un motivo c’è…)a 170 gradi per 20/25 minuti. 

Lasciateli freddare. Si presenteranno più o meno così:

E ora farciteli come vi pare. Formaggio spalmabile e erba cipollina? Mousse alla mortadella o al prosciutto cotto? Hummus? Fate voi. Io ci ho messo il formaggio spalmabile al salmone, che non volevo rompermi le balle anche a fare il ripieno. Ho già fatto i baci di dama! Mi sembra abbastanza. 

Per mettere la crema sul fondoschiena dei B.D.D. sarebbe meglio una sac à poche, vengono più bellini. Se non ne avete neanche una cagona come la mia:

compratevela ecchecavolo! Costano due bicci. In alternativa ne potete anche creare una con la carta forno, ci sono tutorial ovunque, ma quella usa e getta è meglio: fidatevi. 

Ho un futuro come food blogger, vero? 

Ma non vi ci abituate: io cucino di rado…

Dell’Amico Speciale e altre delizie (?)

Sta tornando a casa l’Amico Speciale. 

Entrerà dicendo: che giornata di merda (lo avevo detto che tornavo senza censura, no? Quindi ho tolto gli asterischi: faccio pregressi, vero?). Ma poi annuserà l’aria, dirà Che profumino, che si mangia?  E andrà diritto al forno dove stanno cuocendo le lasagne. E io avrò una notte di sesso. Quindi direi che le cose si prospettano bene. 

Mi chiederete come lo so, se leggo il futuro. E invece no, è la solita solfa della profezia che si autoavvera, Watzlawich, il mio amico di sempre. Ma stavolta mi sa che ci guadagno.

Sono talmente sicura che ci scappi una seratina che, dopo la doccia, mi sono messa a fare una maschera (che mi ha dato la mia estetista per i miei capillarini, così dice lei, che sul viso si notano un po’ troppo). Poi mi sono data il tonico e la crema Super blu (quando me la do, sembra Puffetta, ma meno carina). Sempre per i miei capillarini, sempre crema super cara dell’estetista. Poi mi sono data la crema corpo elasticizzante (quella della Coop, stavolta). Mi sono lisciata i capelli con la piastra, che sennò sembro Merida (Ribelle, presente?) e mi sono lavata i denti. Poi siccome il mio dentista ci tiene (io ‘nsomma), mi sono passata il filo. 

Tutto per dire che prima, forse un prima di tanto tempo fa, non avevo bisogno di tutte queste manutenzioni. Facevo la doccia, al limite il deodorante, niente ceretta, solo rasoio, il parrucchiere una volta ogni sei mesi… ora è un turbine di appuntamenti: estetista una volta al mese, parrucchiera ogni mese e mezzo, ginnastica posturale una volta a settimana. Sembro proprio la mia vecchia Winny, che mi fa vedere il meccanico più di quanto veda mia madre, e per quanto la compagnia del mio meccanico sia più piacevole di quella di mia madre, fa battute splendide e mi fa ridere un sacco, il mio portafoglio non è così felice quando vado via dalla sua officina. Mi sa quindi che ho raggiunto i 150.000 chilometri. 

Ma l’Amico Speciale, per fortuna, è un amante del vintage, quindi tutto ok. Inoltre, come sopra, conosco il suo punto debole: il cibo. Nutrilo e ti ringrazierà come meriti. 

Va detto che non è neanche così difficile accontentarlo in cucina. non è come Little che non mangia i gamberetti perché gli dispiace o i fagiolini perché Sono piena, grazie. E poi si abbuffa di riso. Lui mangia tutto. Ma tutto tutto.  

L’altro giorno, tornando a casa, l’ho trovato con un bastoncino Findus in bocca. Guardo il forno: spento. Tocco il forno: freddo. Guardo l’A.S. Lui fa finta di nulla.

Quello da dove lo hai tirato fuori? 

Dal congelatore.

E quando l’hai cotto?

Tocco il bastoncino: congelato. 

Stai mangiando un bastoncino ancora congelato? (mi trattengo dai conati)

No, sto mangiando gelato di pesce!

Ho iniziato a imprecare e a dire che se poi sta male io all’ospedale non ce lo porto e tutto il repertorio. Ma poi non ho resistito e ho iniziato a ridere talmente tanto che la pancia mi faceva male. 

Quindi posso permettermi di essere pure una pessima cuoca: tanto tutto quello che faccio sarà buonissimo. 

p.s. Ho sbagliato di poco, la sua battuta, entrando, è stata: Sono stanco morto, che giornata di merda. Poi tutto come sopra, finora. Aspetto di aver finito le lasagne per sapere quanto sono brava.

p.p.s. ovvio che non comprerò più i bastoncini Findus

C’ho l’ansia

Ho quasi finito questa settimana di ferie che è giunta del tutto all’improvviso. Il sabato mattina il mio Capo mi fa: Allora martedì sei in ferie fino alla fine della settimana, ok?

Ok… giusto il tempo di organizzarsi qualcosa, penso. 

Ma vabbè, godiamoci questo tempo rubato (che poi è ampliamente dovuto).

Mi faccio una lista di cose da fare: sistemare l’armadio, andare dal parrucchiere, cose così. Mercoledì ho già finito di fare tutto. a allora: cucino.

Io non amo affatto cucinare, è tra gli obblighi quotidiani in assoluto quello che più detesto, ma mi rendo conto che a volte mi serve. Metto in moto le mani, è un lavoro che distrae la mente. Così inizio: ragù, tagliatelle fresche, salsa di fegatini, una torta cioccolato e pere (vegana) per me, una per mio padre, i nuggets di pollo fatti col pollo vero, la pizza a lunga lievitazione (che non so perché ma non vuole riuscirmi come3 cristo comanda, sono una frana con i lievitati, sarà che ho poca pazienza?). Finisco ieri sera con una crostata che l’Amico Speciale spolvera in quattro bocconi. Quell’uomo è un pozzo senza fondo. 

In realtà ho cucinato tanto perché sono impallata con il romanzo. Ho iniziato venerdì il corso di scrittura della Holden (sul romanzo, appunto) e il mio compito per la prossima settimana è scriverne il soggetto. Già sapevo che sarebbe stato quello il compito, così ho iniziato a pensarci già mesi fa. 

Conclusione? 

Voglio scrivere una storia autobiografica che non lo sia troppo però, qualcosa che sento, qualcosa che conosco, ma che non mi faccia troppo male rinvangandolo. Insomma, una tragedia. Il soggetto più confuso di tutti i tempi. 

Ma non demordo. Appena finita la lezione mi metto giù di brutto a scrivere e scrivere. Butto lì tre righe, cerco la Domanda Drammaturgica Principale, ok, ce l’ho, mi dico, può funzionare. Rileggo. Di una banalità allarmante. Ok, ci metto un po’ di pepe? Vai, ce lo metto! Riscrivo. Rileggo. Deboluccia, ‘sta trama, ma l’idea di fondo c’è. Ok. Può andare. 

Iniziano ad arrivare sulla mail gli altri soggetti, quelli degli altri 25 iscritti. Li leggo. Cazzo. Praticamente uno specchio del mio. Cazzo. 

Perfetto, cambiamo tutto. Inizio la riscrittura del soggetto (la decima?). Finito. Rileggo. Ok, così ci può stare. Arriva un altro soggetto sulla mail. Cazzo, cazzo! La prima cosa che mi viene in mente è: ma siamo tutte Desperate Housewife qui?

Pare di sì. 

Ok che alla fine, come diceva Forster, le trame sono solo due (Un uomo parte per un viaggio e Uno straniero arriva in città), ma insomma…

Rileggo il mio soggetto: ci sono entrambe le trame e questo mi sa che non va bene. 

Ma non demordo. Sarà il modo in cui racconto la mia storia a cambiare tutto! Sarò super originale, ci so fare con queste cose, no? Scriverò il mio romanzo come se fossero tanti generei diversi a seconda dell’argomento che tratterò capitolo per capitolo. Per intenderci: la mia idea è quella di scrivere un capitolo come fosse un romanzo rosa, un altro come fosse un giallo eccetera, mescolando i generi. 

Rileggo la mia super idea geniale. 

Evvabbè, Moon. Tu NON SAI come si scrive un romanzo di genere. Mi sa che è un progetto un po’ ambizioso, eh? 

Però l’idea era carina. 

Cazzo!

(Scusate il turpiloquio, ma c’ho l’ansia. Credo che andrò a fare le lasagne)

Cucinare

post 14

Ho invitato per domani sera a cena mia sorella con suo marito e mia madre con la sua compagna. Ogni tanto mi toccano anche queste cose. Nel senso, vedo tutti più o meno volentieri, ma il mio grande dilemma è: CUCINARE. 

Ora, non è che per 40 anni io abbia solo aperto scatolette di tonno e scaldato 4 salti in padella, anzi. Quando stavo con il mio ex ero proprio l’emblema della C.P. (Casalinga Perfetta). Da brava CP non solo pulivo e riordinavo casa ogni giorno, ma ero regolare con i bucati, usavo ancora il ferro da stiro, ma sopratutto cucinavo. Cucinavo di tutto, dal cinghiale al pane, credo di aver fatto la marmellata con ogni tipo di frutto, anche i limoni e perfino i peperoncini, d’estate facevo la conserva, adoravo fare i dolci e i biscotti (mia figlia da piccola adorava mangiare quelli fatti in casa), senza contare le piccole coltivazioni da giardino: salvia, menta, rosmarino, basilico, timo… 

Insomma, la cucina era il mio Regno, come ogni CP. Grembiuli, presine da giorno, tovaglie, tendine. Ero contornata da un sacco di quadretti, fierellini, insomma ero una versione moderna di Biancaneve nella casa dei nani. 

Ma, come ogni brava bulimica di vita, questo vestito così anni ’50 ha cominciato a cedere sulle cuciture. 

E ora sono l’esatto opposto. Cucinare è il mio dilemma. 

Ma siccome lo so fare, mi armo di pazienza e mi anticipo, che domani sarò a lavoro fino a tardi e potrò fare ben poco. 

Quindi inizio a impastare il pane, ché a mia figlia piace allo zafferano, poi metto a cuocere le verdure per lo sformato, ché la compagna di mia madre è vegetariana, infine preparo la salsa per la pasta (sublime assemblaggio di melanzane, pomodori secchi e mozzarella di bufala, una ricetta che ho fregato al Ristorante). Sforno il pane e ha un profumo delizioso, dovrò tenerlo alla larga dalle zampetta golose di mia figlia, penso già a come fare quando arriva un messaggio su WhatsApp: mia madre.

Siccome casa tua è piccola e sai che Teresa (la compagna) non si sposta volentieri da casa, e siccome ho appena fatto le verdure ripiene al forno, che sai quanto piacciono a tua sorella, e siccome tu lavori, poverina, hai poco tempo, io invece sono in pensione, lo siamo entrambe, io e Teresa, e poi ho appena comprato il gelato alla nuova gelateria sotto casa e tu sei così lontana!, si scioglie tutto se lo porto a casa tua, dicevo, perché non la facciamo a casa mia, la cena? 

Due secondi di sospensione mentale, mentre giro le verdure già pronte con una mano e il sugo con l’altra, e il telefono lo guardo da lontano.  

Perché no, mamma? Una bella idea! Grazie! (faccina sorridente)

Contraddirla? Mai! Piuttosto cinquanta giorni di galera in stile Conte di Montecristo. 

Lei risponde con un pollice in su. 

Io con il bacio.

Esco da WhatsApp.

Guardo la cena di domani già quasi pronta. 

Guardo l’orologio: tra poco arriverà Little Boss. 

Il mio pane le piacerà un sacco.