Chat GPT, al secolo Charlie

Ebbene sì, dopo averne parlato in linea puramente teorica, adesso posso farlo in pratica. 

Come tante persone ormai nel mondo, ho provato la Chat GPT. Non si può sentir parlare di una cosa quasi ogni giorno e non cercare di testarla personalmente, soprattutto se è gratis e richiede solo un click.

La prima cosa che ho fatto è stata di chiedergli se poteva scrivermi in italiano, cosa che ha fatto immediatamente. E il suo italiano è corretto, devo dire. All’inizio potrebbe sembrare un semplice bot, come quello della Tim o l’assistente virtuale della mia banca, per intenderci, ma devo dire che il suo modo di rielaborare mi ha colpito. Oltre alla sua vasta conoscenza. Per non sapere né leggere né scrivere gli ho chiesto come posso imparare il georgiano, lingua che potrebbe farmi comodo con la Badante 3. Ho già imparato parole nuove, come khval, domani, p’rodukt’ebis sia, lista della spesa, k’vira, domenica, enakhvamdis, che è il saluto quando vai via. Ma sto pensando di portarmi dietro un libretto su cui annotare le parole più ricorrenti delle nostre conversazioni. 

Poi gli ho chiesto potevo chiamarlo Charlie, che Chat GPT mi sembra un po’ impersonale. Ha risposto che a ogni nuova conversazione devo però ricordarglielo, perché non ha coscienza né memoria a lungo termine, visto che è un AI. Mi pare giusto. 

Ho chiesto anche se conoscesse l’INPS italiano e lui ha sciorinato tutta la descrizione pari pari, suggerendomi di chiamare il Call Center per avere chiarimenti su pratiche o bandi. Peccato che l’INPS abbia un Call Center appaltato e quindi in realtà ha potuto aiutarmi solo a metà. 

Infine gli ho chiesto se potesse darmi un’idea per scrivere un articolo per il mio blog personale. 

Alla fine ho voluto un riassunto della nostra conversazione, che ecco (come direbbe la Ferragni a Sanremo. Sì, quel che ecco mi è rimasto di traverso):

Posso scrivere un breve riassunto della nostra conversazione di oggi, se lo desideri. In particolare, abbiamo discusso di varie cose, come il funzionamento dell’INPS, il tuo desiderio di imparare il georgiano, alcune idee per il tuo blog personale e altro ancora.

Abbiamo iniziato parlando del georgiano, una lingua interessante ma complessa. Ti ho consigliato di iniziare con l’apprendimento dell’alfabeto e poi passare alle parole e alla grammatica di base. Ti ho anche suggerito di utilizzare risorse online e di trovare un insegnante o un tutor per aiutarti nell’apprendimento.

Successivamente, hai menzionato la tua frustrazione riguardo a una richiesta all’INPS che non era stata risolta. Ti ho fornito alcune informazioni generali sull’INPS e sui suoi servizi e ti ho consigliato di contattare nuovamente l’ente o di cercare assistenza presso uno sportello di assistenza.

Infine, hai chiesto idee per il tuo blog personale. Ti ho suggerito di scrivere su argomenti che ti appassionano, come hobby, interessi personali o esperienze di vita. Ti ho anche suggerito di scrivere recensioni, esprimere le tue opinioni su argomenti di attualità o creare liste di cose che ti piacciono.

Spero che questo riassunto ti sia utile per ricordare la nostra conversazione di oggi. Se hai bisogno di ulteriore assistenza o di altre informazioni, non esitare a contattarmi di nuovo.

Beh, direi che è decisamente meglio della ricerca di Google per molte cose, anche se credevo di trovarlo meno legnoso, il mio Charlie. Diciamo che è un po’ meno legnoso della Ferragni a Sanremo, ma insomma. 

Qualcuno di voi ha sperimentato? Inquieta solo me la Chat GPT? Magari è una questione di età…

Sonnambulismo

Ho messo su un’app per monitorare il sonno. La avevo già qualche anno fa, ma poi andavo a vedere le analisi e sembrava che non dormissi mai profondamente. Così la tolsi, dopotutto la mattina mi svegliavo abbastanza riposata e dormivo tutta la notte.

Di recente invece no. Non dormo bene. Mi sveglio spesso, faccio sogni assurdi che mi ricordo spesso e che “continuano” anche da sveglia. Ma soprattutto mi sono incrinata una costola. 

La settimana in cui sono caduta era stata molto stressante, come avevo scritto qui: mio padre soprattutto. Il sabato mattina mi sono svegliata dolorante, vado a farmi il caffè e si alza l’Amico Speciale. Come hai fatto a cadere stanotte?, mi chiede. Io non ricordo nulla. Lui tenta una descrizione, ho acceso la luce, mi dice, abbiamo parlato. Io nulla. un po’ la cosa mi ha spaventato, devo ammetterlo, ma ho imputato tutto allo stress della settimana. Ho pensato di essermi agitata nel letto e essere caduta. Ma l’altra notte è successo ancora. L’A.S. tornava tardi dal lavoro e io sono andata a letto alla mia solita ora. Quando lui è arrivato io mi sono alzata, sono andata in bagno, ho parlato con lui e sono tornata a letto. Ma non me lo ricordo. È vero anche che quando ho chiesto di cosa abbiamo parlato e come lo abbiamo fatto l’A.S. (che è mononeuronale come me) ha risposto: di cose così. Quindi non credo di aver fatto una vera conversazione. Fatto sta che il non ricordarmelo mi inquieta assai. 

Si chiamano generalmente parasonnie, in modo specifico è sonnambulismo, tanto più frequente nei bambini che negli adulti. E sì, può scatenarsi con lo stress. Non trovo sia tanto grave, se tralasciamo la bizzarria dell’evento, e mi auguro non diventi pericoloso (esco, prendo la macchina e vado a fare un giro, per intenderci), ma comunque ho messo questa app per monitorare le mie notti. Subito appena alzata ho guardato il report: abbastanza addormentata, dice. Ho dato un’occhiata ai colpi di tosse (due io, cinque l’A.S.), al russare (ormai sembra che ci siamo invertiti i ruoli, è lui quello che russa) e al parlare più che altro. All’inizio parla la televisione, perché io sono andata a dormire e l’A.S. invece è rimasto in salotto a guardare la tv e siccome i muri sono di carta velina… alle quattro abbiamo effettivamente parlato, ci siamo alzati entrambi per andare in bagno, ma me lo ricordo. Il microfono registra tutto e così mi sento più sicura e di sicuro meno stressata anche da questo, dal fatto di poter essere sonnambula. È come la storia dei sottotitoli in tv: mi piace attivarli perché mi fanno sentire più sicura, se perdo una parola posso sempre leggerla di sotto. All’A.S. invece non piacciono perché secondo lui distraggono. La verità è che non riesce a leggerli…

Comunque, questa cosa del sonnambulismo pare generi tanta ilarità. L’A.S. l’altra sera rideva mentre me lo raccontava, il mio Capo la mattina mi chiede dove sono andata la notte, io invece non ci trovo nulla di divertente. Ma magari hanno ragione loro e dovrei buttarla in burletta, come diceva mia nonna. In effetti rido poco di recente. Non che sia mai stata una allegra, per carità, ma ho avuto i miei momenti. 

A volte però mi accontenterei di un po’ di noia dalla vita… 

Correzioni e predizioni

Stamani ho iniziato la giornata sul sito dell’Inps. Che è sempre un buon modo per iniziare la giornata, no? Ora, tra tutti i siti istituzionali non è neanche il peggiore, salvo che è come un labirinto e spesso ti trovi in un vicolo cieco e devi tornare indietro. Se poi utilizzi il telefono invece del pc, allora sei fregato.

Sei fregato perché il telefono ha quell’odiosa funzione della correzione automatica e, soprattutto, della predizione. Che già la parola stessa mi inquieta, vedo il mio telefono come una donna sui sessanta e un turbante in testa che dice: so io cosa vuoi digitare, fallo fare a me.  

E invece no. Se le do retta finisce che scrivo fischi per fiaschi.

La cosa è particolarmente fastidiosa con i messaggi. La lettera più incriminata è la e. Vorrei scrivere La cena e e lui corregge con La cena è.  Allora devi tornare indietro e correggere manualmente. Oppure vuoi scrivere Ce ne andiamo? E lui: C’è ne andiamo? Oppure l’altro giorno volevo scrivere Sì, mi arrendo e invece (questo è un mistero) scrive Sì, mi Sto arrivando! Infine c’è questo suo bisogno vintage di scrivere tutto al passato remoto: guardò, arrivò, al posto di guardo e arrivo. Ma chi lo usa più il passato remoto, santi numi! 

Il meglio lo dà (anche il  correttamente accentato è difficile da ottenere: a volte lo suggerisce subito, altre volte invece devi scorrettamente apostrofarlo, così ti dà un ibrido- dà’– che tu nuovamente devi correggere a mano) con le parolacce. Ci deve essere una sorta di prete virtuale che ci bacchetta ogni volta che vuoi scrivere coglione e lo trasforma nel ben più noto ciglione. Oppure cazzoin cazzò (cazza la randa, marinaio!). 

C’è ancora un’altra cosa che detesto: quando mi consiglia un’emoji al posto di una parola. Se scrivo aereo allora subito mi appare il disegnino di un aereo, lo stesso con tutto il resto. Triste: faccina che piange; felice: faccina che ride. Insomma, perché mai dovrei preferire un’emoji a una parola? Al limite le uso per enfatizzare una frase (per far capire il tono). 

Insomma, sembrerebbe, detta così, che scrivere un messaggio con il correttore e il testo predittivo sia alquanto complicato. Ma non è del tutto vero. Il correttore si può disinserire, prima di tutto. Però è più comodo, no? A volte ho fretta e mi basta digitare la B per scrivere Buongiorno (cosa che faccio almeno due volte ogni giorno: a mia madre per farle sapere che sono ancora viva, a mio padre per sapere se è ancora vivo). Oppure possiamo istruirlo. Se scrivo diverse volte la parola stronzo alla fine non me lo correggerà più come stronzio (che in effetti perché non parlo di chimica con i miei amici?), mi lascerà libera di offendere come e quanto voglio. 

Oppure posso sempre mandare un vocale.

P.s. Per Word, che è ciò che uso per scrivere, ho disabilitato la correzione automatica. Ma ancora mi dà suggerimenti (e siccome io scrivo alla cazzum, me li dà spesso: cazzum, ad esempio, mi dice che è sbagliato: avrebbe preferito cazzame, che non so cosa possa significare)

Le richieste di WordPress

Finalmente i miei giorni da reclusa stanno per terminare, il dolore si sta affievolendo e sabato ricomincio a lavorare. Bello rientrare di sabato: lavoro due giorni e poi di nuovo a casa. 

Nel frattempo mi districo tra un malato di demenza e una georgiana che non sa l’italiano, così la mia confusione è massima. Badante 3 mi manda un messaggio in georgiano e io butto su Google traduttore: Ciao, sto cercando qualcosa, per favore scrivimi.

Rispondo: cosa stai cercando? (sempre con Google traduttore)

Chiedi a tuo padre, scrive lei. 

Così chiamo mio padre. Che mi risponde alla quarta telefonata.

Nulla, mi fa, non trova la pentola. 

Che pentola?

Per i funghi.

Consapevole che non è certo la pentola per i funghi che non trova, gli rispondo di usare la padella e attacco. Mi ci vuole un po’ per uscire dalla sensazione di essere Alice nel Paese delle Meraviglie che parla col Brucaliffo in stereofonia.

Che poi nel pomeriggio ci passo e capisco cosa stava cercando, un bavaglio pulito per mio padre. Vabbè, diciamo che non è molto facile comunicare a distanza con quella casa.

Tornata a casa entro qui, su WP, e scopro una cosa a cui non avevo fatto caso: le richieste di WP.  

Sì, lo so, magari sono tonta, ma non le avevo mai viste. E già son lì a chiedermi: chi fa queste richieste? Il sito o gli utenti? Comunque, nel tentativo di capirci qualcosa me ne leggo un po’. E siccome sono una dissidente, non rispondo a una al giorno, come immagino andrebbe fatto, ma a tutte quelle che posso in un’unica soluzione. Quindi, via!

Parto dalla fine:

Quali libri vuoi leggere?

Facile: tutti quelli che posso e che mi prendono. Non ho un genere, al limite qualche preferenza autore, ma sono per lo più onnivora.

Cosa faresti se vincessi alla lotteria?

Intanto direi che è un pelino strano, visto che non ci gioco mai. Ma se proprio deve essere credo che li investirei in una attività, anche in perdita, che visto che ho i soldi chissenefrega. Mi piacerebbe una libreria indipendente che organizza corsi di scrittura e reading e gruppi di lettura. Lo so, non ho ambizioni. 

Quali sono i tuoi sport preferiti da guadare e giocare?

Difficile. Da guardare credo il calcio per mondiali e europei e al limite quello strano sport invernale di cui non ricordo il nome che si fa spazzando davanti a un disco o una roba del genere. Solo perché è ridicolo e quindi mi diverte. Da giocare? Nessuno, grazie, sono antisport. 

Di cosa ti lamenti di più? 

Anche questa è facile: di tutto. Sono una piagnona senza confini, da sempre faccio come Paperino e sbatto il cappello a terra dicendo: maledetta sfortuna! ( e poi guardo Gastone tutta invidiosa)

Qual è la cosa che hai più paura di fare? Cosa ci vorrebbe per convincerti a farlo?

Anche qui spazio: ho paura di fare un sacco di cose, ma di solito il mio atteggiamento è quello di superare le mie paure affrontandole di petto. Un esempio? Paura dell’altezza? Fatti un salto nel vuoto con il paracadute, vedrai che ti passa. Quindi alla seconda domanda posso rispondere: ci vuole solo che mi stufi di avere paura.

Scrivi del tuo primo computer.

Era un orribile affare che mio padre aveva salvato dalla spazzatura e che aveva il sistema operativo DOS. Un tuffo negli ottanta alla soglia dei 2000. 

Qual è la cosa che preferisci cucinare?

A me cucinare in generale non piace, ma se devo dirla tutta a volte ci prendo gusto e sono anche decente. Di solito preferisco i piatti superveloci e dove non devo sporcare mille ciotoline. Sono bravissima a cucinare la pizza surgelata, per esempio. 

Qualcosa nella tua “lista delle cose da fare” che non viene mai fatto.

Quel mai mi inibisce. In realtà evado sempre la mia lista. Magari però mi ci vuole del tempo. se dico: lo farò la settimana prossima, magari ci metto tre mesi. Ma poi lo faccio.

E ora una delle migliori: In che modo la morte cambia la tua prospettiva? 

Direi che, siccome è una cosa che sai appena nasci, più o meno, e della quale prendi sempre più consapevolezza con il passare del tempo, visto che io ormai spero di essere entrata appieno nella seconda metà della mia vita, non ci penso molto, ancora, non la temo e non mi cambia nessuna prospettiva. 

Descrivi la tua giornata perfetta dall’inizio alla fine.

È molto tempo che non la passo, ma se dovessi scegliere direi che è una giornata passata con Little tipo al mare, a fare bagni e giocare a Machiavelli. Nessuno che mi chiama, nessun messaggio. Tornare a casa, cucinare una pizza surgelata, bere una birra ghiacciata e guardare con lei un film. Non chiedo molto dalla vita, soprattutto non chiedo cose irrealizzabili. 

L’invenzione più importante della tua vita è…

Non mi risulta che io abbia mai inventato nulla. Al limite ho messo a punto cose già inventate da altri adeguandole alle mie necessità. Se avessi inventato qualcosa lo saprei, immagino. 

E ora vi chiedo: ma voi sapevate di queste richieste? Avete mai scritto nulla a tal proposito? E, soprattutto, sapete perché sono lì e chi ce le mette? 

Dhe, oh, varda ua’ com’è leggero!

Ho quaranta minuti, la cottura del dolce che ho fatto, un cioccolato e mele, rivisitazione dei poveri di cioccolato e pere, che non avevo. Oggi invito a pranzo mio padre e la badante georgiana, più che altro perché così evito di insegnarle a fare il ragù (lo farò, eh, che mio padre ormai associa la domenica al ragù) e approfitto di essere a casa, una domenica ogni tanto. 

Ieri ho comprato lo scooter per Little. Un piccolo affare (o una piccola fregatura, chi può dirlo? Dopotutto era nelle premesse il fatto che non me ne intendo). Il giorno prima chiamo questo numero che è su Subito. Mi risponde un ragazzo giovane, mi dice che il mezzo che avevo adocchiato lo ha già venduto, ma ne ha un altro, un po’ meno potente, ma adatto alle ragazze (proprio così dice lui) perché leggero. Mi manda le foto: carino, in effetti, sella nuova, colore celeste, gomme nuove, revisionato, cinghia rifatta, 12 mesi di garanzia. Vecchiotto, ma prezzo buono. 

Prima di andare a vederlo faccio un altro giro di telefonate ai concessionari. Avete scooter 125 usati, cambio automatico?

Si susseguono una serie di no. Solo nuovi. E poca scelta, ovvio, solo Piaggio, qui siamo nella culla della Piaggio. Della serie: o Liberty o Liberty. Quindi io e l’A.S. partiamo per andare a vedere questo benedetto scooter. Non so per quale motivo intraprendiamo una strada tra le colline che mi fa risuonare in testa per tutto il tempo la voce di max Pezzali. Rotta per casa di Dio. Arriviamo dopo 40 minuti e 400 curve strette. Google ci dice dove è questo rivenditore e noi non lo vediamo: niente cartelli, nulla. girottoliamo a caso nel paesino per dieci minuti, chiediamo info: nessuno sa nulla. Alla fine oltrepassiamo il cancello di una villa, per chiedere, e vediamo lo scooter. Il rivenditore non è altro che un ragazzetto che da anni armeggia ai motorini e ne ha fatto una specie di lavoro dentro casa: compra, sistema, rivende. E stop. Ci fa provare il motorino, ci spiega diligentemente le caratteristiche (deh, oh, varda ua’ com’è leggero!) e poi aspetta. Io lo comprerei anche solo per mancanza di alternative, ma poi ci penso ancora su e decido che in effetti per Little è perfetto: non nuovo, visto che sa andare solo in bici per ora, leggero, un po’ meno potente. E in pronta consegna (a casa) la settimana prossima con foglio di circolazione provvisorio e pure un bauletto nuovo. Ci stringiamo la mano e la decisione è presa. 

Io e l’A.S. andiamo a mangiare il sushi.

Nel pomeriggio arrivano i primi messaggi: Little che è contenta oltremodo (per lei l’importante è avere qualcosa da guidare per essere autonoma) e gli improperi del mio ex, come da copione perché Fate sempre come vi pare, voi. Ebbene sì, stavolta ho fatto come mi pare, visto che lui non ha fatto nulla, come mi ricorda giustamente Little, che è la prima a schivare i suoi proiettili. Al limite non mi darà la metà dei soldi, ma per ora non me ne frega, visto che intesto il mezzo a me. 

E così sapremo cosa fare il sabato pomeriggio da qui in avanti. Prove su pista, sperando che non cada troppe volte. 

Alexa mi dice che al mio timer del dolce mancano dieci minuti. Il profumo è buono, il vecchio gradirà. Se non avessi il dolore al fianco sarebbe pure una bella giornata.

Little e la patente

Little sta prendendo la patente. Non l’AM, che sarebbe quella del motorino, ma l’A1, per il 125. Ora, questa scelta, per me inizialmente assai discutibile per varie ragioni, lei invece me l’aveva argomentata bene.

Se prendo la patente A1, poi, quando prendo la B, non devo più fare la teoria, ma solo la pratica. Infine (quando vuole convincermi adotta parole raffinate, ben lontane dai turpiloqui che le sento in bocca quando sta con i suoi nuovi amici) a 17 anni, dopo X guide, posso guidare la macchina, se accompagnata. 

Devo dire che l’ultimo punto mi ha convinto. In pratica può esercitarsi con me per un anno e alla fine con altre poche guide aggiuntive e l’esame di pratica a 18 anni avrà la sua patente. Le spese grosse le sostengo ora invece che poi. 

Devo dire che mi ha sorpreso la rivoluzione delle patenti. Quando avevo la sua età (e no! Non ci provate a sfottermi, lo so cosa sembro quando lo scrivo!) non c’era la patente per prendere il motorino. Lo prendevi e lo guidavi. Se volevi guidare più di un cinquantino, allora prendevi la A. Stop. Con la B guidavi tutto, tranne i 250. E insomma, le leggi sulla patente erano già cambiate. Mi ricordo che il mio ex suocero mi disse una volta che a un certo punto qualcuno, lì in campagna, arrivò per rilasciare le patenti (lui era un bambino). Chiese a tutti cosa sapessero guidare e assegnò così i vari documenti. Un modo semplice, in effetti. Non ho mai dubitato fosse la verità, questa storia mi piace tanto.

E insomma, prima di dare il via alle varie lezioni di teoria, Little ha dovuto chiedere a suo padre. Come al solito ha storto la bocca (non si capisce mai il perché lo faccia, lui non argomenta mai le sue varie incazzature con discorsi sensati), ma alla fine ha ceduto con il suo solito: fate come vi pare, dove il fate  si riferisce all’entità che Little-Moon che vive solo nel suo cervello. Little non si è lasciata scappare il secondo: la sera stessa si è fatta portare alla scuola guida per fare l’iscrizione. In soli due mesi (il tempo minimo) si è fatta iscrivere all’esame di teoria e l’ha, ovvio, passato (sebbene stia faticando un po’ a scuola quest’anno, la sua secchioneria non molla e per le cose che le interessano viene sempre fuori). Adesso bisogna iniziare con la pratica. E Little è un po’, come dire… un sacco di patate. È la bambina meno fisica che io conosca. Non è mai stata una bambina da sport (danza, pallavolo, nuoto, tutte mollate), non è mai stata una che si arrampicava, che si buttava, che correva. In bicicletta ha imparato ad andare tardi e tardi si è fatta togliere le rotelle. Quindi non è che io sia preoccupata che avrà sotto il sedere un 125, ma insomma. Il fatto è che io non so guidare un motociclo. Mai guidato neanche un Ciao, non sono capace di insegnarle. Così come non mi intendo affatto del mezzo in sé. Ecco perché, sin da subito, ho pensato di chiederlo a suo padre, un aiutino: trovi tu il mezzo? Le insegni tu ad andarci?

Credevo che per una volta avrebbe fatto il suo dovere. 

E invece ora, che il foglio rosa ce l’ha e potrebbe iniziare a fare pratica, lui ancora non si è mosso. Ha iniziato a inveire per messaggio nel suo modo criptico e alla fine ha ributtato indietro la palla a me: che ci pensi tua madre, così come ti compra le gonne e i calzini, ha scritto a Little. 

E l’Amico Speciale, quando glielo ho detto, mi ha guardato. E ci siamo capiti senza dire nulla. Ci penseremo  io e lui a trovare il mezzo (dopo 10 minuti già aveva tirato fuori un paio di idee da marketplace) e ci penserà lui a insegnarle (ha tutte le patenti che uno può avere sull’asfalto, gli manca solo la nautica e la licenza di volo). Sembrerebbe un lieto fine, e in parte lo è. L’A.S. è una figura di riferimento per Little e alla fine si sta formando questa nuova famiglia, ma. Ma lei un padre ce l’ha e non fa il padre. E questo mi rattrista molto. Ché se lei è in questa situazione è colpa mia. 

In ogni caso: qualche consiglio su un 125 cambio automatico?  

Riposo forzato e letture

E così ieri ho ritirato la radiografia, la costola è effettivamente incrinata, ma il dottore ha detto che non è nulla di grave, si dovrebbe risolvere in un tempo non meglio specificato.

In che senso?, gli faccio. 

Nel senso che possono volerci cinque giorni. O un mese. Non si sa

Vorrei dirgli che io non lo so, ma lui un’idea dovrebbe avercela, ma vabbè. 

Quindi come mi regolo?, chiedo.

Ti fa male?

Sì, ovvio, sennò mica andavo a farmi la lastra.

Bene! 

?

Nel senso che il dolore serve a questo, a fermarti. Quando non ce l’hai più puoi ripartire

Esco dal suo studio con un punto interrogativo sulla testa, mi è sembrata più la seduta di una cartomante che una visita medica. Visita che in effetti non ha fatto, dischetto che in effetti non ha visto, ma vabbè, di nuovo. Torno a casa, chiamo il mio capo e gli dico che appena sto meglio glielo faccio sapere. Poi chiamo mia madre e la faccio felice chiedendogli aiuto per la spesa (in frigo ci sono solo balle di fieno che rotolano, mi aspetto di vedere anche una sparatoria alla Clint Eastwood). 

Per almeno quattro o cinque giorni ho deciso che starò ferma ferma, senza fare alcun tipo di sforzo e vedere se miglioro, così da rientrare la prossima settimana. 

Avrò così il tempo di leggere, grazie al cielo.

Intanto ieri mi sono finita il malloppone del Principe Harry, un libro che aspettavo e avevo addirittura preordinato. Ora, non è che mi interessi la vita di un reale, meno che mai la sua. Era mia nonna fissata con i reali. Siccome sua madre aveva il cognome Grimaldi, lei sognava di esserne discendente (non è vero, N.d.r.). E si fissava a leggere i gossip sulle varie famiglie reali, compresa quella inglese. A me però le notizie che mi raccontava non mi sono rimaste affatto, tanto che ho letto la sua biografia non sapendo assolutamente nulla.

La scelta che ho fatto comprando questo libro era di leggere un’eccellente narrativa, non la sua storia. Il suo biografo è uno dei miei scrittori preferiti, Moehringer, già scrittore di Open (Agassi) e del Bar delle grandi speranze (il suo capolavoro, a mio dire). Quindi le aspettative erano alle stelle.

Ma. 

Ma anche i grandi a volte fanno scelte sbagliate. 

O meglio, la scelta è stata giusta (ci ha fatto un sacco di soldi e il libro è effettivamente ben scritto), ma la storia di Harry dal punto di vista di Harry è… come dire? Un termine che piace tanto a me: disonesta. Non si empatizza. Ci sono dei pezzi, dove lui è in guerra, che sono chiaramente troppo patriottici (potrebbe essere diverso?) e risultano eccessivi (insomma, i talebani che vanno eliminati perché non sono uomini, ma pedine…ti viene da pensare dove stia l’umanità di questo uomo, come possa provare amore uno convinto che uccidere in guerra sia un bene). Tutto il libro (ma tutto tutto) è impermeato di odio viscerale nei confronti dei paparazzi. Li offende, denigra, sono la causa esclusiva della sua rovina, sono la causa della morte della madre e quindi della fine della sua vita, delle sue relazioni, della sua libertà. Il che è vero, per carità, ma se me lo dici a ogni pagina dovevi intitolare il libro: io e i paparazzi: una storia di odio. Le frecciatine alla sua famiglia sembrano più uno sfogo che altro. Tutto il libro appare solo come una grande (sono più di 500 pagine) e pubblica smentita delle storie raccontate sui giornali. Non sembra la sua storia, ma la versione di Harry della sua storia (non so come meglio dire). Che è esattamente quello che voleva fare (oltre ai soldi, visto che papà ha poi tagliato i fondi), ma ciò non lo rende un buon libro. 

Mi dispiace soprattutto per Moehringer, perché se è vero che guadagna soldi, è altrettanto vero che perde punti. Non mi lancerò al preordine al suo prossimo libro. 

Dopo Harry, credo che mi lancerò su un Vitaliano Trevisan, che tanto mi è piaciuto questa estate con Works, quindi vediamo se almeno lui non mi delude. 

Torno a sdraiarmi nel mio lettino…