Guida a un cervello sotto stress

Avevo bisogno di un’ora per me. Ecco perché sono qui.

Il mio momento zen, il mio bagno con bomba Lush, la mia Yankee Candle, la mia coperta di lana merinos, il mio prato fiorito, la mia cioccolata calda…

Avete capito, no?

le mie settimane si stanno ingolfando (tutto prevedibile e previsto) dal trasloco di mio padre dalla Città di mare al mio piccolo paese in mezzo ai lupi (attenzione: i lupi ci sono davvero, lo ha detto il comune limitrofo con un messaggio WhatsApp a tutti i cittadini. Perché qui, sì, si può fare di un intero comune un gruppo WhatsApp, tanto sono pochi i residenti).

Il trasloco è stato carino. Un inferno Dantesco nella versione Disney (non so se avete presente: Paperino/Dante e Paperoga/Virgilio). La ditta che avevo chiamato ha fatto un ottimo lavoro, i ragazzi erano solerti e simpatici, nonostante la tragicomicità della cosa (un anziano un po’ rinco che deve traslocare in fretta e furia e nemmeno riesce a decidere cosa portare e cosa lasciare), alla fine mi sono fatta anche qualche risata e due foto buffe con i traslocatori. 

La padrona di casa di mio padre è decisamente più rinco di mio padre stesso, nonostante abbia 20 anni meno. E quindi ha rischiato (da parte mia) il linciaggio per cose tipo questa:

GIORNO PRIMA DEL TRASLOCO- ORE 11.00. CONVERSAZIONE WHATSAPP.

IO: Scusa, E., ma la caldaia non funziona. Ma l’avevi provata?

LEI: Non funziona? Oh, ok. chiamo il tecnico.

IO: sì, ma domani c’è il trasloco, sono 2 settimane che lo sai. Potevi provarla… e poi dov’è il termostato?

LEI: oh, ok. quello non c’è.

IO: …

LEI: ma domani si fa tutto, tranquilla.

La gente affitta senza sapere cosa cazzo sta affittando. 

Alla fine della fiera (locuzione credo interamente locale) la mattina del trasloco c’era tecnico della caldaia che faceva la revisione e l’idraulico che installava il termostato. Mettici i due ragazzi del trasloco, io, la padrona di casa e mio padre…beh, quell’appartamento non vedrà mai più tutta quella gente in una botta sola. 

Comunque mia sorella è stata di grande aiuto, alla fine. Le ho chiesto di fare solo una cosa, ovvero staccare il televisore e porgerlo ai ragazzi. Lei lo ha fatto. Dimenticando di staccare anche il cavo dell’alimentazione e non prendendo il telecomando. 

Sono felice che sia passata già una settimana. Sennò avrei continuato questo articolo inveendo per tutto il resto dello spazio virtuale contro di lei. Ma io sono fatta così: mi incazzo, mi incazzo, ma alla fine mi passa sempre. Solo che faccio delle tacche. Non è che dimenticherò, niente affatto. 

Mio padre si sta ambientando alla riduzione delle sue possibilità. Tutto è più piccolo, intimo e silenzioso, qui. 

Da parte mia sto disperatamente cercando un sistema per non dovermene occupare day by day come se fosse un terzo figlio (prima figlia: Little, secondo: l’Amico Speciale). Quindi ci passo, almeno un’ora, tutti i giorni (suona contradditorio? La frase non torna? Marzullianate, gente, Marzullianate).

Quello che trovo devastante è la mia incapacità di difendermi dalla mia mente. Nonostante il triste tentativo Mindfullness non ho imparato un cavolo. E mi ritrovo sveglia alle una di notte a pensare a milioni di liste di cose da fare, possibili soluzioni da trovare. Per cosa? Per tutto: dalle cose pratiche che riguardano mio padre alle cose morali che riguardano me e la mia Little Family con Little Boss, dall’Amico Speciale al lavoro, dagli amici che non sto più chiamando a mia zia, che quando chiama ci vogliono 3 ore di tempo…

Staccare la spina mi risulta sempre più difficile, pena (secondo la mia mente contorta) l’inefficienza che tanto viene vantata di questi tempi quasi da tutti (questa ragazza è un treno!, Ma tu sai tutto! Ma sei bravissima!). Poi, ovvio, ci sono i detrattori, come mia sorella: ma che credi, che ti faranno santa se ti prendi cura di lui? (mio padre, ndr).

Quindi, nel cuore della notte, mi attanaglia anche questo quesito: 

per chi sto facendo tutto questo? Per me stessa? Per non avere rimpianti o rimorsi? O per lui, che sembra un bambino di 150 chili? Lo faccio per dimostrare agli altri qualcosa? O perché so che moralmente è giusto farlo?

Vi ricordo che mio padre non è mai stato uno dei migliori, di padri. Me ne ha combinate tante, mi ha incasinato la vita da quando avevo meno di 20 anni. 

Ma dopotutto, come dico sempre, è sempre mio padre…

Anche io ho sbagliato e sbaglierò come madre. E vorrei che Little Boss fosse un po’ come me, una di quelle che si arrabbia, si arrabbia, ma alla fine passa tutto. 

Allora lo faccio anche per questo? Per mandare un messaggio a Little? 

Sì.

Forse sono un po’ stressata…

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13 pensieri riguardo “Guida a un cervello sotto stress

  1. Sarebbe da preoccuparsi se tu non lo fossi! Non posso rispondere ai tuoi quesiti perchè ti ho appena conosciuta ( è stata simpatia a prima vista! ) ma penso che fra qualche giorno quando ti sarai ripresa dal reasloco e sarai più riposata, tutto ti apparirà più chiaro. Un sincero augurio per tutto!

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