Shoot the moon

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Urlare, mi hanno detto, fa bene. Ti trovi in macchina, da sola, ed è pure notte. Perché non provarci? Alla fine non ho forse provato di tutto per alleviare il dolore? Questo al limite mi darà un po’ di tosse in più, qualcosa a cui i miei addominali si stanno abituando, qualcosa a cui le notti stanno donando un pezzo di sé, che male può fare, urlare?

Così urlo, urlo alla luna, come un lupo, chissà con chi sono arrabbiata, ma io lo so, lo so…

Mi dà un po’ di sollievo, in effetti, ma non come speravo.

Deve essere per questo che sono ancora qui, che lo dicevo oggi al mio Amico Scrittore, che l’unica cosa che mi fa bene è questo spazio di totale menzogna, cerco di raccontarle a me raccontandole a voi, cerco di raccontarmi migliore o peggiore di come sono, ma il fatto è che non mi vedo, non mi vedo davvero, chi riesce a farlo? Dico di riconoscermi allo specchio, ma quale me? Quale me voglio vedere?

E come posso pretendere che siano gli altri a vedere ciò che io stessa non vedo?

Ecco, credo che sia questo il mio punto nevralgico di recente, la mia ossessione da sempre, l’essere vista davvero, quando nemmeno io riesco a farlo, quando nemmeno riesco a mettermi fuori da ciò che scrivo, quando vedo che l’unica cosa che mi fa bene è mettermi dentro, l’onestà (parola che ormai quasi maledico) è contro di me.

Mi sento a un punto morto con me stessa. Mi sento disonesta.

Forse è per questo che ascolto Norah Jones, e credo che sia giusto sparare alla luna.

 

 

 

 

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19 pensieri riguardo “Shoot the moon

  1. Io l’ho fatto qualche volta tempo addietro, ma dura un attimo. Poi ho capito che gridare significa parlare, non tenersi dentro niente, gridare significa tagliare i rami secchi e bruciarli, gridare significa andare oltre senza voltarsi indietro. L’ho capito tardi, ma ora finalmente sto bene.

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  2. Urlare ha qualcosa di atavico, un istinto liberatorio che soffochiamo troppo spesso. Detto ciò penso che una donna, che indossi del trucco o meno, sia sempre la stessa donna, solo in due diverse forme.

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  3. Qualche anno fa, in auto, ogni tanto incitavo mia figlia ad urlare, a liberarsi, lo facevo con lei per farle sentire che era possibile farlo. Anche se non serviva a un gran che, quel frastuono ci regalava la sensazione che avremmo potuto riempire uno spazio enorme, non so se fino alla luna ma, di sicuro, uno spazio molto più grande della nostra auto.
    Detto questo, non so, forse ascolterei Bon Iver e non sparerei alla luna, accetterei che possiamo essere visti di fronte, di lato, di dietro e di tre quarti. Alla fine, anche se queste viste sono totalmente diverse le une dalle altre, non ce n’è una che non sia vera.
    Ti abbraccio

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