Come ho appena detto all’Amico Atipico mi serve questa pagina per rilassarmi. Sono tesa come una corda di violino. O di chitarra elettrica, che mi suona meglio.
Come si fa a passare da un’estrema gioia, una gioia quasi folle, una gioia capace di impollinare (UDPP dixit) a tutta questa tensione e confusione?
Semplice. Basta essere me.
Non è che la felicità sia tutta sparita, eh, ci sono buoni momenti che mi rallegrano la giornata, sempre, ma diciamo che sto pensando ad alcuni miei capisaldi che si stanno lentamente sbriciolando.
Una delle prime teste a saltare è stata il Se vuoi, puoi. Eppure ne ero così convinta, da sempre, era anzi la mia frase motivazionale preferita, come ho fatto a crederci finora lo sa solo il cielo, forse a 20 anni ancora ancora, ma insomma, a 40 proprio me le raccontavo, eh. Far morire questa frase mi ha fatto capire il significato di impotenza. E mi ha fatto sentire così.
Un altro punto fermo era il dialogo. Credevo che dialogare nel modo corretto servisse, ma soprattutto credevo di essere capace di dialogare in modo corretto. Che se gli altri non capivano erano limiti loro. Cribbio, che stupida arroganza! Credevo che esprimere quello che si ha nel cuore fosse semplice, ma no, non lo è. E, più di tutto, credevo che scriverlo per me fosse semplice, che la scrittura fosse il mio mezzo, ma no, ci sono cose che ho scoperto indicibili. Per me, senza dubbio.
Ma certo, mica sono tesa per la strage che sto facendo nel mio Dentro. Una strage che prima o poi andava fatta, realismo bella mia, mica sempre poesia, no? Al realismo ti ci porta la realtà. È quando scendi dalle nuvole dove credevi di aver preso residenza, ecco, è in quel momento che la pressione cambia e ti senti un po’ fuori posto ovunque. Un po’ confusa. Forse sono questo, confusa. Perché quando le cose iniziano a girare bene, beh, ti aspetti che tutto giri bene, no? Che tutto si risolva, che basta la tua positività per tutto.
Ed ecco che crolla un altro caposaldo: se io sto bene tutto andrà bene.
(Piccola pausa dove io rido come una matta fino alle lacrime per l’ingenuità di questo pensiero).
Diciamo che ci sono cose che potrebbero andare peggio se io già parto da una base non-felice. Ma la merda accade, viene, gli importa davvero poco che io stia saltellando per la strada come Bertha. Non è che se sei felice non ti capita un incidente mortale in bicicletta (questa l’ho fregata al finale iper drammatico di City of angels, che ho sempre considerato un finale alla Spaarks, dramma ingiustificato). Comunque è vero.
Deve essere una sorta di visione distorta di quando ti senti pieno d’amore e credi che davvero questa pienezza possa risolvere tutto, come in un film. E la visione è distorta perché sei dannatamente lontano dalla realtà, lassù su quella nuvoletta, a godertela…
Oppure ho un Ego gigantesco, cari miei, e credo che se giro bene io girano anche gli altri nello stesso verso. E qui la domanda nasce spontanea: se ho questo grande Ego perché non sono una scrittrice famosa? Era il concetto alla base di un altro dei miei capisaldi, a questo gli ho sparato con un fucile a canne mozze.
Muoiono come mosche…
La mia piccola piangeva ieri sera. Era triste per una cosa che io non posso risolvere (posso alleviare, ma non risolvere). Quanta impotenza che sento in questi giorni. E mi sento così piccola che potrei sparire tra le fessure del mio parquet. E non posso, ovvio che non posso, questo è il momento di essere giganti, ma l’unica cosa che posso fare è gonfiare gli aculei come un istrice per far paura, non è che mi senta proprio una tigre. E gli istrici sono davvero brutti, cavolo, la prima volta che ne ho visto uno, di notte mi sono spaventata perché credevo fosse un mostro, io, che credevo che gli istrici fossero grandi come i porcospini…
Quindi sono un mostro piccino che fa il grosso ma trema come una foglia. Spero solo che nessuno se ne accorga.
La strada è giusta, come ho detto alla mia Ale. Ma devo ricordarmi di guardare per terra mentre cammino, che per una come me, che ama scalare montagne con le infradito, è facile cadere. E farsi male.
P.s. per chi si stesse chiedendoMa dove è finito TDL?: fa la sua vita, cerca di farmi qualche battuta ogni tanto (tasta il terreno) e mi chiede di non sputargli sul controfiletto. Cosa che io non gli garantisco mai. Poi se non lo faccio è solo perché amo il mio lavoro, sia chiaro.