Insonnia

Sto facendo una cosa mentre ne faccio un’altra, e mi ero ripromessa di smetterla, di piantare in asso questa storia di ottimizzare i tempi. La notte non dormo. Una cosa dura per me da mandare giù, io che Toglietemi tutto, ma non il mio sonno. Sono settimane che mi sveglio in piena notte (di solito le tre, l’ora del diavolo, dicono, o sbaglio?) e poi eccomi lì inchiodata nel letto con gli occhi a fanale. Mi giro e mi rigiro e nel frattempo il cervello gira sulla ruota come un criceto. Domani devo fare, Sarà meglio che chiami, Quanti biscotti avevano ordinato?, Compilare il modulo, assolutamente!

Insomma, rumore, rumore, rumore. Riprendo una parvenza di sonno tre minuti prima che suoni la sveglia. 

Al Ristorante L’Amico Speciale trangugia la zuppetta di mare che gli ho appena portato e mi dice: 

Tutto normale, cara, forse se tu non avessi il pensiero di un uomo di 150 chili che ti cade dalle scale rischiando di rompersi l’osso del collo ogni due giorni forse dormiresti meglio.

Di poco aiuto. Ma ha ragione. E la scena di mio padre incastrato in fondo alle scale è una di quelle che mi tormentano la notte. La fortuna? Che non si è rotto nulla (un miracolo, direi) e che c’ero io. La sfortuna? Che c’ero io e l’ho visto. 

Poi lui mi dice che due giorni prima è caduto anche in camera. 

Quest’uomo cade di continuo, penso. 

Il medico che gli ho trovato qui è decisamente migliore di quello che aveva laggiù, ma i miracoli non sono tra le sue specializzazioni. 

Sono specializzato in pediatria, dice il Doc a mio padre quando lo vede per la prima volta.

Perfetto per me!, risponde lui ridendo. Dopotutto è un malato pacioso e ogni tanto sfodera il suo senso dell’umorismo. 

Che poi non ha nemmeno tutti i torti. È come un bambino extra large. 

La mancanza di sonno, in ogni caso, si ripercuote su tutto, come è ovvio, ma principalmente sull’umore. Arrivo a lavoro a testa bassa, sorrido impacciata e cerco di ritirarmi in laboratorio il prima possibile, per non scambiare parola con nessuno. Converso invece con le mie amate sacher o con gli ovis mollis. Ma sono talmente rigida che ogni messaggio che mi arriva sul telefono scatto manco fossi un giocattolo per bambini. 

Ogni tanto chiamo mia zia, la sorella di mio padre, che vive a Milano, per aggiornarla. Mia zia è una brava donna, per carità, ma una di quelle persone che tendono più a parlare che a fare, avete presente? Tante parole spese in questi mesi, ma fatti zero. Lei mi ripete che non devo essere io a occuparmi di lui, che devo trovare un aiuto. L’unico che ho trovato viene quattro ore a settimana (per ora di meglio non sono riuscita a trovare). Ma in ogni caso il pensiero c’è. Ed è quello che mi tiene sveglia. 

Vorrei poter prendere una vacanza dalla mia vita, concedermi più spazi per scrivere e leggere (neanche l’ultimo di King riesce a farmi evadere abbastanza, e sì che è una lettura leggerina, adatta a momenti come questo), concedermi un giorno di vera vacanza… intanto mi accontento di questo: scampoli di tempo rubato alla cena per sfogarmi un po’.

Speriamo che stanotte vada meglio.

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L’Irrisolto

post 147

 

 

Non riesco a dormire.

Un fatto che per molti è una cosa normale. Molte sono le cose normali che per me sono invece straordinarie, come per esempio soffrire il caldo. Di solito io sto al caldo come un pesce sta all’acqua. Invece mi sono trovata in difficoltà di recente.

Lo stesso è per il sonno. Insomma, da quando sono bambina mi sono fatta mancare un sacco di cose, ma mai le ore di sonno. L’Amico Speciale mi ha sempre preso in giro per questo,Basta che tocchi il letto, tu.  E si vede che invece non lo tocco, il letto, quando mi ci sdraio, e passo molto tempo a rotolarmici senza risultati.

Little Boss mi dice che se vado a letto tardi mi gioco il Sonno di bellezza. Beh, io vorrei tanto essere bella, ma giuro che non lo faccio apposta.

Stasera, dopo aver inutilmente tentato di leggere il Manuale più stupido della storia dei manuali psicologici, sono venuta qui per continuare a fare quello che ho fatto per buona parte del pomeriggio: l’ennesima revisione a un romanzo di un amico. Mi ero detta che non lo avrei più fatto, ma non c’è nulla da fare, è una cosa che mi piace, una cosa che stuzzica un lato di me che oltretutto nemmeno apprezzo particolarmente, ma tant’è. Così, invece di continuare il mio romanzo, leggo quelli degli altri e ancora tento di piazzare i miei ultimi racconti sulle benedette riviste on line. Una, ieri, mi ha risposto di no a tempo record: tutto in un solo pomeriggio.

Contando che ne ho piazzati dieci, ormai, in questi anni, e che me restano nella cartella (che ho nominato proprio così: Racconti da piazzare) solo tre, direi che almeno su quel lato non sono stata poi così male. Ostinata, come sempre. Vorrei buttare la mia ostinazione anche nella cartella con scritto Romanzo.

Sulle scuse fantasiose che invento ogni volta per evitare il confronto con quel foglio vuoto di word la più carina di sicuro è, appunto, che fa troppo caldo per scrivere. Ma c’è anche Sono in un periodo di confusione (mi chiedo, da quando ho compiuto 20 anni,  se ho mai avuto un periodo di non confusione, per una storia o un’altra), Ho troppo lavoro al Ristorante, Non sono abbastanza brava, Il romanzo non è la misura per me( e allora perché non scrivi un racconto, diamine?).

Ebbene sì, credo che stasera sia questo pensiero a non farmi dormire. Tanti anni fa risposi alla fatidica domanda da Primo giorno di corso di scrittura: perché scrivi? E avevo una valanga di Perché. Anche oggi sono validi, ma credo di avere paura, semplicemente. Scrivere fa paura. Fa paura perché tira fuori della roba che invece per far filare tutto liscio tendi a tenere nel cassetto. Chiuso a chiave. E con la combinazione.

Mettermi alla prova pochi mesi fa con un racconto nuovo mi ha fatto capire che ci sono conflitti che ancora non ho risolto. Banalmente sempre gli stessi. Eh, beh, ok, sono una recidiva. Ci sono tante cose in cui tento di migliorare, giorno dopo giorno (e, a proposito, secondo il Grande Psicologoche ha scritto il Manuale più stupido della storia dei manuali psicologici, pare che questa sia una dote del tutto femminile, venusiana, per dirlo in termini suoi), ma c’è uno boccone duro che non mi va mai né su né giù, che da oggi chiamerò l’Irrisolto. Cosa, esattamente, non abbia risolto, beh, non lo so.

La logica vorrebbe che invece di averne paura io lo affronti. O almeno, è così che io faccio quando ho paura di qualcosa.

Ma la mia voglia di normalità, in questo momento, è talmente forte che sto facendo resistenza.

Ma siccome questa cosa mi è entrata in circolo, soprattutto scrivendoci ora, stasera, mi sa che qualche passetto in quella direzione dovrò farlo. Un piccolo passo. Alla fine è proprio questo blog che mi insegna che sono lenta, sì, ma se voglio una cosa…