Lunedì, il mio Armadio, ciliegie

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Sono giorni che il sole non dà tregua, picchia duro manco fosse Mohamed Ali, giusto per ricordare la favolosa canzone di Mengoni che Little Boss mi fa sentire un giorno sì e uno sì. Oggi, che è l’ultimo giorno di scuola (grazie al cielo!) e che ho prenotato in un bel ristorante con piscina per una mini fuga mia e di Little Boss dalla vita, immaginando di mangiare frittura e sbiaccarmi( ovvero fare il biacco)al sole su un comodo lettino, leggendo la Nothomb fino all’ultima pagina, ovviamente è nuvoloso con probabilità di precipitazioni, dice il Meteo del mio telefono. 

Si chiama in realtà Legge del Menga. O di Murphy, fate voi.

Ma non desisto. Vado lo stesso. Al limite starò sotto le nuvole sul lettino, leggendo comunque il mio libro e ascoltando Spoty a diritto, visto che mi sono fatta una nuova scheda telefonica con XX giga di internet e ho con me il Super batterione, come lo chiamiamo io e Little Boss, un regalo del mio Amico Atipico. 

Sabato era il compleanno dell’Amico Speciale. Non ha voluto regali, siamo andati a cena fuori. Abbiamo parlato in modo serio, io con un po’ di tremarella in stile pulcino bagnato, lui con la faccia da Vorrei prendermi cura di te anche se so che sei una donna forte e non ne hai bisogno: una faccia davvero impegnativa, non trovate? Fa tante facce diverse, di recente, l’Amico Speciale. Ha la faccia da Ti amo ma posso spiegarti, in stile Catalano, quella da Vorrei darti tempo, ma io ho appena compiuto 46 anni, anche quella da Per me sei la donna giusta. Poi ci sono le facce interrogative: Io sono per te l’uomo giusto? , e quella, terrificante, Sei sicura che non vuoi sposarti? Eh. Dopo questa faccia ho solo detto: Andiamo a prenderci un aperitivo, che dici? 

Da brava maniavantista (un lavoro del tutto inutile che dovrei smettere di fare) gli ho ricordato che essere nella mia vita non è una passeggiata: sono un pacchetto pesante, io. Che un conto è ascoltarla, la mia vita, come fanno tutti, e un conto è esserci, con tutti i piedi nella merda. Non ho mica paura, lo so perfettamente, ha detto la sua faccia. 

E io voglio crederci. Non ho poi molte alternative. 

E quindi abbiamo detto di provarci. Sul serio. Fare questo tentativo. 

Ne ho già parlato alla piccola Boss, che come sempre mi dice: voglio solo che tu sia felice, e mi fa sciogliere in una pozza ai piedi che profuma di amore. 

Mi fa un po’ strano decidere a tavolino di iniziare una relazione, specialmente con chi per anni ha vissuto la mia vita come un porto di mare, restando e andando, seguendo il flusso dell’onda. Non so decidermi sulla sensazione che mi dà questa nuova cosa. Da una parte è una zona confort (se così si può chiamare per mille motivi), dall’altra invece è sentirsi finalmente liberi. 

In ogni caso sta vincendo Armadio, nella famosa lotta. Un Armadio come quello dell’Ikea che abbiamo montato insieme io e lui una mattina di due anni fa e che ora è in camera mia. Piccolo, incasinato, ma confortevole. 

Una nuova Moon con nuove regole, un Moonverso che si sposta un pelino.

E vediamo come va, ho detto L’amico Speciale, che ormai di amico ha ben poco. Devo firmare qualcosa?, ha concluso ridendo. 

E a firmare tra poco dovrò essere io, invece, per la causa di affido di Little Boss. O per una denuncia, chi lo sa. Stamani, mentre provavo a richiamare per la sesta volta il mio avvocato, ho incrociato TDL. Mi ha mandato un messaggio, Le vuoi due ciliegie? Per la bimba, ha aggiunto. Mi sono fermata, Bella maglietta, ti vedo stanca. Lo sono. Non riesce mai a regolarsi con il cibo, pare che abbia passato il dopoguerra, penso mentre mi dà il sacchetto di ciliegie. 

Mangiale, che ti fanno meglio delle schifezze che ti piacciono. E poi smettila di dimagrire. 

Va beh. Intanto provo a vedere se recupero un paio di chili con una bella frittura di pesce al ristorante…

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La mia eredità

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E finalmente ecco il sole.

Caldo sulla pelle che non chiede altro che esporsi.

Solo che devo ricordarmi di aggiustare il condizionatore in macchina, che sono tre anni che perde gas. E se devo farmi un viaggio per andare dal mio avvocato mi serve.

Parcheggio in un posto incredibilmente vicino e dove non si paga dopo le due del pomeriggio, in pratica un culo che mai avrei pensato di avere in Città, e lascio che la signora del bar dove prendo il caffè (e una bevanda che è una sòla indecente) mi dica quanto vorrebbe prendersi una casetta dove vivo io, mentre io vorrei prendere una casetta dove vive lei. Quasi quasi sto per proporle uno scambio (equo e solidale: un monolocale nel buco del culo del mondo VS un appartamento in città) quando mi suona il telefono. Sono in anticipo per il mio appuntamento, posso passeggiare lungo le mura, chiacchierare del più e del meno con l’Amico Speciale che lo so che vuole solo distrarmi un po’, allentare la tensione prima che io metta i puntini sulle I. che poi è quello che sono venuta a fare, qui, a 50 chilometri di distanza da casa, in una giornata che era meglio se ero (finalmente) al mare, al limite in piscina.

Il mio avvocato profuma di lavanderia, mi dice : Sei biondissima, come stai bene, mi fa accomodare, mi guarda fisso negli occhi e dice: io però sono stufa, questo uomo (il mio ex, Ndr) è davvero pesante. Io rido. Tu sei stanca? Che sei in questo pastrocchio solo da sei mesi? Io ci sono da quasi quattro anni.

Ci mettiamo di buona lena a mettere i famosi puntini sulle I, scriviamo una bella lettera, ci consultiamo con l’altro mio avvocato per telefono, che ha appena partorito, ma nonostante la fatica di una bambina di due mesi è davvero cazzuta quando dice la sua. Sì, ho due avvocati, nemmeno fossi Riina.

E sebbene fossi arrivata con il sole e il caldo e la tensione, esco alleggerita, positiva, so di aver fatto la cosa migliore che potessi fare per la mia Little Boss, lo so perché lo sento, e io ormai a quello che sento do un gran peso. E la sera, quando ritorno a casa con la piccola in macchina, lei me lo conferma. Mi chiede cosa ho fatto nel pomeriggio, le spiego le cose a grandi linee, ma senza trascurare nulla. È nel suo sguardo che trovo conferma. Come se mi stesse dicendo:prenditi cura di me, non lasciare che debba fare le cose da sola.

E no, piccola, che poi piccola non sei più. Tu da sola non ci sei. Il mio avvocato ha voluto vederti e le ho mostrato un video dove cantiamo Tanti auguri a Ale, lei ha detto: come è dolce, e tu lo sei davvero, piccola. Sei la migliore. Sei forte, energica, intelligente, piena di vita. E io quello voglio conservare, quella fiammella che accende la tua vita, e per farlo donerò ogni goccia delle mie energie.

Vorrei essere solo un esempio migliore, ma non sono più una fan della perfezione. Ho una piccola vita, fatta di piccole cose: un caffè che profuma di zenzero, lo smalto blu sulle unghie, l’ultimo pezzetto di cioccolata all’Irish Coffe di Ale, la piastra per i capelli abbandonata in terra nel bagno, il ricordo di un bacio, lettere, nero su bianco.

Alla fine sono fatta per tre quarti di inchiostro.

Spero di lasciarti almeno questo.

 

La follia che viene dalle ninfe (cit.)

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Ecco come ha funzionato ieri.

Dopo avermi dato della kriptonite e aver cancellato il mio numero, l’Amico Speciale si presenta al Ristorante. Tranquillissimo, scherza e ride come sempre. Fa le sue battute, mi prende un po’ in giro, mi chiama per cognome (non lo fa nessuno) e mi offre anche una sigaretta. Poi mi fa: hai da fare, oggi?

E io sì, ho da fare, ho un appuntamento con l’avvocato per la definizione delle linee guida d’attacco.

Vengo con te, mi dice. Ti devo parlare, così parliamo durante il tragitto.

Ok, rispondo. Penso che ci siamo già detti tutto, ma magari ha cambiato idea su qualcosa? In ogni caso non ho tanto tempo per pensarci, la sala è pienissima (la legge del Menga vuole che se io ho un appuntamento nel pomeriggio e devo scappare subito dopo il turno, la sala si riempie come se fuori ci fosse scritto Oggi si mangia gratis) e io devo cercare di non lasciare troppo del mio lavoro a Micro(bo). Alle tre in punto scatto come una lepre e mi precipito fuori. Lui è già lì che mi aspetta, monta in macchina, parto a tutto gas, chè devo fare anche benzina e intanto il silenzio è carico, mi deve dire delle cose, ma non parte, allora chiedo e lui dice: c’è anche il ritorno, no? Chè magari sennò mi lasci a piedi laggiù. E ride. Vabbè. Aspetto e guido.

Poi si toglie gli occhiali alla Chips e mi chiede: ma per esempio che succede se ti bacio?

Beh, che succede, mica implode l’universo, ma bisogna anche definire, no?

E allora che sono, io?

Sei quello che sei sempre stato, un Amico Speciale. A cui voglio bene, non si mette in dubbio. Con cui non ho avuto coraggio di fare un passo avanti per mille motivi e con cui iniziavo a stare male, in una mezza storia.

E io però non glielo chiedo cosa sono io. Perché non so se ho voglia di sentire la sua risposta ora. Perché questa domanda gliela ho già fatta, in passato, molte volte, e non c’è mai stata una risposta, così io mi sono fatta la mia idea, certo, forse ci è mancata un po’ di comunicazione.

Stiamo arrivando a destinazione e non è che siamo detti nulla di nuovo. Ma lo vedo che si sta incazzando. Gliela sento la rabbia che sale, come se gli uscisse fuori dal naso.

Mi dice che si è beccato tre anni di merda.

E io lo so, sono stata io a dirglielo.

Dice che con me ha chiuso con le donne.

Ah.

Dice che non doveva venire con me a mangiare il sushi, quella sera.

Ah. Ah.

Io ci provo a non piangere, ma mi fa male. Mi becco tutto la sua rabbia in silenzio.

Appena parcheggio lui vuole andarsene, Prendo un treno.

Resta, per favore. Non abbiamo finito, mento. Mento perché non voglio che finisca così. Io che lo lascio a piedi e lui che si smazza per tornare a casa.

E allora resta.

E io continuo a frignare fino a che non arrivo davanti alla porta dell’avvocato, ma poi basta. Poi stop. Poi mi sforzo di farmi crescere le palle, di stare concentrata. E mi becco il culo pure dall’avvocato, perché non ho mai fatto nulla finora, nulla di legale, dico: niente diffide, niente denunce. Ho un sacco di merda che mi sono subita (e, a questo punto, ho fatto subire all’Amico Speciale) che non ho mai pensato di mettere all’evidenza di avvocati o forze dell’ordine. E lo so, ma io l’ho fatto per lei, per Little Boss. Gli hai reso la vita facile, al tuo ex, dice l’avvocato.

Lo so.

E ora sono cazzi per te, insiste.

Lo so.

Dovrai avere testimoni, prove

Lo so.

Sarà difficile.

Lo so.

Ma ci proviamo, ok?

Ok.

Esco bastonata. Ma le bastonate non sono finite, ovvio.

L’Amico Speciale non chiede nulla quando risalgo in auto. Parto ed è un silenzio assordante. È così fino quasi all’arrivo. Fino a che non esplode. E si incazza di brutto e allora anche io mi incazzo e finisce che litighiamo. Ed è la prima volta che alziamo i toni in tre anni e allora scende sbattendo lo sportello, Buona vita, dobbiamo stare lontani.

Lo so.

Ok.

Pare che oggi non abbia altre risposte nel sacchetto delle risposte.

Serata in cui di nuovo penso che dovrei smettere di relazionarmi con le persone se il risultato è sempre questo. Insomma, routine.

E poi ecco che oggi l’Amico Speciale si presenta di nuovo. Tranquillo. Sorridente. Mi mima qualcosa da lontano, ma io non capisco e faccio il gesto del dito rivolto all’orecchio. Solo che ho in mano un coltello e mi va di lusso. E no. Non ho capito cosa mi ha detto. Sorrideva quando è andato via.

E va beh.

Se me lo chiedete, no.

Io nella vita e con le persone, nonostante il vivo interesse, ancora non c’ho capito nulla…