Benvenuto(?) 2023- In diretta

Sono sopravvissuta anche a Capodanno, sono le otto e mezza del primo gennaio e io sono in coma perché non ho dormito quasi. Non perché io abbia fatto cenoni e fuochi, anzi. Il mio programma per ieri sera era il SSN, che non è il Servizio Sanitario Nazionale, ma Sushi, Sesso e Nanna (il piano di riserva era RSA, Risveglio, Sesso e Allegria, ma stamani sento che all’RSA potrei andarci io). Comunque, idea: nanna presto. Che ho fatto, tra parentesi. Alle dieci e quaranta ero già sotto le coperte e mi sono detta: speriamo di svegliarsi già nel 2023. E così è stato, solo che non ho specificato l’ora, e quindi a mezzanotte e un minuto mi ha chiamato mio padre, per farmi gli auguri. Ho deciso di non rispondere, capirà, mi dico. E no, l’ultima telefonata è stata a mezzanotte e quarantaquattro.

Ho un sonno leggerissimo in questi ultimi tempi, se mi sveglio poi non mi riaddormento più, e così è stato stanotte, ovviamente, compreso il russare dell’Amico Speciale, che ha il raffreddore, per carità, ma fa tremare i muri, domani gli compro un camion di Vicks Sinex. 

Abbiamo deciso di fare il cenone in ritardo di un giorno, cioè stasera, perché come ho già detto in tempi non sospetti, ho amici che lavorano nella ristorazione e non erano disponibili per il 31. Festeggeremo stasera, a mezzanotte faremo i finti tonti e stapperemo una bottiglia di prosecco. Per fare questa cena ho speso quasi uno stipendio. Non solo ho svuotato i mari dai suoi pesci, ma ho avuto la malsana idea di fare una vellutata di ceci come primo. E non ho voluto accontentarmi dei ceci già cotti, come avrei fatto normalmente, ma ho fatto la sborona, ho preso i ceci bio e ho letto la ricetta: 600 grammi di ceci, rosmarino, carota… guardo la mia busta e leggo 400 grammi. Metto a bagno due buste, 800 grammi. Poi capisco la cazzata che ho fatto. I 600 grammi si riferivano ai ceci cotti, non secchi. Mi armo di pazienza, metto a bollire i ceci in due pentole. E qui arriva la telefonata di Putin che mi ringrazia: cinque ore per cuocere ‘sti ceci. E poi, siccome ne ho cotti un esercito, sono dovuta andare a comprare dei vasetti per metterli in sottovuoto, ma al ferramenta hanno sbagliato a darmi i tappi (che io avevo già aperto e lavato), quindi torna a comprarne di nuovi, falli bollire di nuovo, insomma, questa vellutata mi è costata più del pesce. Non la farò mai più. 

In compenso mio padre mi ha già chiamata. 

Buongiorno e buon anno!, mi fa. I vecchi non dormono mai… nessun commento al fatto che non ho risposto stanotte, per fortuna.

Hai fatto colazione?, chiedo (gli argomenti di conversazione tra noi si sono ridotti a domanda e risposta quando va bene e di solito io chiedo (hai mangiato? Hai preso le medicine?) e lui monosillaba.

No, non ce l’ho la colazione.

Sì, babbo, è nel frigo.

Non c’è. Risposta secca, ostinata.

Guarda bene. 

Non c’è!, risponde piccato.

Sospiro e aspetto. Gli do direttive per trovarla (è davanti ai tuoi occhi, babbo, guarda bene, l’ho vista ieri sera), poi aspetto che mi risponda che sì, avevo ragione, è nel frigo. 

A volte la mia pazienza vacilla… 

Comunque direi che l’anno è iniziato nel migliore dei modi, no? Devo solo fare in modo di arrivare a fine giornata senza sbroccare ed è fatta. 

Vado a finire la vellutata di ceci. Sì, deve ancora cuocere. Di questo passo tanto vale che mi trasferisca in Russia direttamente. Chissà se a Putin piace la vellutata…

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