Black Parade

Ci sono volte che scoprire qualcosa su se stessi lascia interdetti. 

Il mio, come sapete, cari 4 cats, è un blog non divulgativo, una scrittura intimista, direbbe un editore, qualcosa che forse è già passato di moda anni fa e io che continuo a ripetere non solo per il vostro sfinimento, ma per una sorta di mio sollievo nel mettere in fila le cose, nel darmi una definizione scritta, come se sul vocabolario, alla fine dovesse saltare fuori la parola Moon. Non oserei legger oltre per paura di ciò che c’è scritto. Da me stessa, per giunta. 

Come vedete il corso di auto aiuto psicologico, Scrivi la tua storia, procede bene, meglio della mia lavatrice, di cui ancora non conosco bene il carico, si vede,  e si blocca senza fare la centrifuga. 

PAUSA PROBLEM SOLVING TERMINATA. La lavatrice ha ripreso a fare il suo lavoro.

Dicevo che più scrivo per questo corso e più mi sembra che vengano fuori cose negative del mio essere. Tanti punti in meno al mio Ego… il pelatozzo del video dice di scrivere in modo non giudicante e gentile, ma io mi sa che sono una persona giudicante, specie con me stessa, perché le cose positive del mio essere devo proprio cercarle con il lanternino.

Addirittura riesco a inventarmi ricordi più negativi della realtà. Un esempio? Mi sono appuntata un ricordo di quando avevo, boh, otto anni? Ho scritto così: quando ho rubato un timbro al negozio dietro casa. Un pomeriggio terribile per me, latore di pensieri funesti, sensi di colpa alti come Statue della libertà che aleggiavano sopra la mia testa in quella giornata grigiastra di Novembre del 19…non ricordo quando. E poi scrivi scrivi ecco che invece non l’ho rubato, quel timbro. L’avevo solo comprato. Ma poi mio sono pentita dell’inutilissimo acquisto e sono tornata indietro a restituirlo facendomi rendere i soldi, tipo 5 mila lire. Il senso di colpa era nei confronti del nostro limitato budget casalingo, dove le spese inutili erano bandite. E sì, quel timbro era non solo inutile, ma non mi piaceva nemmeno. Le domande che quindi mi faccio sono queste: perché comprare una cosa inutile? E poi, perché ricordarsi di un furto, invece che della verità?

Alla prima domanda forse c’è una risposta genetica. Oggi ho scoperto che mio padre continuava a pagare senza battere ciglio una fornitura di linea fissa Vodafone che non solo ormai non ha più, ma che pure da mesi non funzionava correttamente. Più di 70 euro al mese. Eh, ma direte voi, è la malattia (ancora ignota, ndr). Sì, ma non perché, qualcosa in una parte recondita del mio cervello mi dice che non è l’unica spiegazione. Ovvio, non so quale sia, la suddetta spiegazione, non lo razionalizzo manco io, ma è una sensazione che…

Comunque mio padre non sta meglio, ma almeno è paciocco. Lo fai ridere con nulla, nonostante la drammaticità della sua situazione. Oggi sono riuscita a farlo ridere mentre andavo a caccia di mosche con la mitica paletta analogica (quella rossa, per intenderci). 

Sei una sterminatrice, mi fa lui, mezzo affogando nella tosse. Brava!

Io invece penso che se mi rilasso uccidendo, forse dovrei preoccuparmi. 

Ti preoccupi sempre troppo, dice al telefono l’Amico Speciale, che intanto è a Milano e non torna neanche stasera. Sembra un disco rotto. 

Dovrei rispondere al vetriolo, ma invece gli dico che lo amo. Ha quel suo modo di prendermi che alla fine si è sempre rivelato vincente, nonostante le mie reticenze. 

E poi, cazzo, ha pure ragione. Mi preoccupo sempre troppo. La vita va come deve andare, anche senza il mio stretto controllo, no? 

No. 

Non è vero. 

Se perdo il passo una volta sono fottuta. 

Stai al passo, Moon, prima o poi the Black Parade finirà…

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10 pensieri riguardo “Black Parade

  1. 1. Come 70 euro al mese?! Io pago meno della metà con fisso+cellulare+internet!
    2. Ricordavi il furto perché quei soldi erano rubati al bilancio famigliare: perfettamente logico.
    3. Uccidere mosche (zanzare cimici scarafaggi…) è rilassante perché sai che dopo si vivrà meglio.
    4. Tutte le degenerazioni – da patologia, da alcol o altro – non fanno comparire manie o difetti nuovi, ma semplicemente esasperano quelli esistenti.
    5. Trovi cose negative perché evidentemente è il momento giusto per farle venire fuori, così come era il momento giusto per fare questa cosa, che prima non ti era mai venuta in mente: vuol dire che adesso sei pronta per affrontarle, e poi liberartene per sempre.
    6. Se perdi il passo ti siedi, aspetti che faccia il giro completo e ti reinserisci al prossimo passaggio. Nel frattempo ti riposi, guardi il cielo azzurro, ascolti il canto degli uccelli, annusi i profumi dell’aria, e sorridi alla vita che fra un momento tornerai ad afferrare. (Se qualcuno mi fosse venuto a fare di questi predicozzi quando avevo la tua età, l’avrei preso a randellate sulle gengive, quindi se ti viene da mandarmi affanculo non fare complimenti: capirò).

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    1. Niente mandare nessuno da nessuna parte. Tu sei pazza, Barbara, ma adoro la tua pazzia. Sul serio. Me la ritrovo addosso in certi momenti. Sul punto 1. Concordo: c’è chi è più pazzo di noi. Punto 2. Esatto: soldi rubati alla povertà. Punto 3. Spero che tu abbia ragione e non sia solo un istinto umano represso. Punto 4. Concordo, di nuovo. Punto 5. Il più doloroso. Il più difficile. Riuscirò davvero a liberarmi di roba? Roba, proprio. Pesi. Affrontare? Non è che non ci abbia provato prima. L’ho fatto. Spero davvero di fare come Locatelli: le cose perbene . Punto 6. Perdere il passo… un grande dilemma della mia vita. Secondo alcuni, tipo mia sorella, la grande stronza che però a volte colpisce (non si sa ancora se colpisce nel segno o colpisce per fare male casuale) io di passi ne ho persi tanti; perché sono una sentimentale, una che segue le emozioni . Ma giuro, giuro, che al prossimo passo perso proverò con tutta me stessa a guardare il cielo, ascoltare il canto degli uccelli, ad annusare il profumo dell’aria . Non è un predicozzo il tuo , ma un gran bel commento. Ne hai fatti molti qui, negli anni. E ti ringrazio di aver perso tempo con la mia stupida vita. E ora basta sennò divento troppo sentimentale

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      1. E’ che ho quasi trent’anni più di te, e a qualcosa, il viverli, è servito. Ho scritto migliaia di pagine di autoanalisi, a volte senza neppure accorgermi che era autoanalisi, e tutte le cose che sono venute fuori, sono uscite esattamente nel momento in cui sono stata in grado di affrontarle. Quando arriva quel momento basta un niente, la lettura di un libro, la visione di un film, l’ascolto di una canzone a fare sciogliere un grosso nodo e di colpo tutto un riquadro del mosaico ti appare chiarissimo davanti agli occhi e dici ecco cos’era! Ecco perché! Non proprio tutto tutto, no. Ci sono cose che proprio no, non si possono affrontare e guardare negli occhi, che non si possono rievocare perché non sono compatibili con la sopravvivenza. Quelle devi lasciarle ben chiuse a chiave nel loro scrigno, però sai che ci sono, sai cosa sono anche se non ti puoi permettere di soffermartici col pensiero. Poi, certo, ogni tanto capita che qualcuno si metta a scartavetrarti il nervo più scoperto, e poi ancora e ancora e ancora, e più dici basta e più insiste – è successo recentemente da me nel blog – e allora potresti tranquillamente uccidere. Senza la minima ombra di rimorso.

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        1. Io mi sfogo con le mosche. Per il resto ok, lo so, concordo. Non è la prima volta che le cose arrivano … la prima volta mi hanno lasciato basita, non avevo armi per affrontarle, ho rischiato brutto. Ma poi eccomi qui. Altre cose so che ci sono, come dici tu. Il mio mantra era: mi psicanalizzerò più tardi. E poi il momento arriva. Arriva sempre…
          Felice di averti qui, anche oggi

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