Ci sono cose di cui non ci stanca mai.
Tarantino, per esempio. Ho passato il weekend riguardando tutti (o quasi) i suoi film insieme all’Amico Speciale.
La musica in generale. Rientra nella categoria.
Il caffè. Se non lo bevo come fosse acqua è solo per salvarmi da un futuro fatto da un braccio sinistro dolorante prima di cadere al suolo. Morta.
Poi ci sono cose che stancano, dopo un po’. La pasta al pomodoro, per esempio, che Little non mangerebbe altro per pranzo. La tv solo per guardarla. Anche stare a letto oltre una certa ora (ok, questo forse vale solo dopo i 30 anni). La quarantena.
Dopo due mesi ero davvero stanca di non essere stanca. Di andare a letto alla stessa ora (improponibilmente presto, ma sono abituata così) e di rigirarmi nel letto senza sosta, di alzarmi dal divano solo per fare pipì, di passare buona parte della giornata a cucinare (provate a dire un piatto: l’ho fatto senza dubbio, a meno che la materia prima non fosse troppo cara).
Il weekend appena trascorso con L’Amico Speciale è stato una serie di interventi chirurgici alla mia abitazione mentre io sfornavo cose: cheesecake, Piadine Romagnole alla Toscana (PRT, in gergo, è una cosina inventata sul momento), risotto ai porcini… insomma, l’ho già scritto, credo che il suo intestino sia stato lieto di aver lasciato questa abitazione. L’Amico Speciale forse no, giusto ieri sera mi diceva che il weekend è volato. E poi ci va messo che ho fatto la parte della geisha (anche se l’ho avvisato: goditela ora, bello, non ricapiterà fino alla prossima pandemia). Sono stata felice di fare qualcosa per lui. O forse solo di fare qualcosa. Avere uno scopo nella giornata è una cosa sottovalutata.
E poi oggi ecco che arriva il lunedì. Per me il giorno di festa per eccellenza, anche se questa pandemia ha confuso un po’ le acque. Settimana nuova? Regole nuove.
E no, non sono tornata a lavorare, ci vorrà ancora un mese, ma mentre sono lì che mi martorio il cervello per vedere di non chiedere prestiti in banca (sì, dai, Moon, puoi farcela, basta che fai economia…prima o poi arriverà la maledetta cassa integrazione in deroga!), che anche se la mia banca è a chilometro zero e mi piace tanto come il direttore e tutti i cassieri mi trattano, come una di famiglia, diciamocelo: una banca è sempre una banca e quindi sarebbe come pensare che i Vigili giurati li assumano per la loro intelligenza (qui lo so, forse offendo qualcuno e di sicuro sono di parte, visti i miei trascorsi con la categoria, ma il Censore non è arrivato), insomma, perché costringersi a patire più del dovuto?
Quello che mi ci voleva era solo fare una passeggiata.
Uff, che palle Moon, quante cazzo di parole per dire che ti sei fatta due passi!
Eh, lo so, ma faccio così sempre. Parto da un punto A per arrivare a un punto B e passo da lettere di un alfabeto perduto. Quando poi il punto B non è che sia poi così interessante…
Beh, però va detto che siccome il mio corpo era quasi immobile da due mesi non mi sono accontentata di fare un giretto. Mi sono percorsa tutto l’anello che gira intorno al mio paesello passando dallo sterrato e godendo della vista bellissima di questi posti a cui, devo dirlo di nuovo, non mi abituerò mai. Solo guardare mi ha fatto bene al cuore. Vorrei potervi prestare gli occhi per farvi vedere (no, le foto non rendono, fidatevi).
Da moto zero, quindi, a 8 chilometri in un’ora e mezza (salite e discese comprese nel prezzo). Tornata a casa avevo l’aria di chi è stato schiacciato da un elefante in corsa (e secondo me un elefante ha davvero camminato sul mio petto per farmi espellere tutta la nicotina pigramente accumulata), le braccia tremanti (l’ultimo chilometro è stato duro) e una gamba che ancora adesso mi dà dei problemi.
Sfinita.
Ma felice.
Mi sono convinta di aver solo bisogno di allenamento.
Magari è davvero così.
Ma stanotte vedrai che dormo.
p.s. la foto l’ho modificata per non far vedere il nome del mio paesello… lo so che ho fatto un troiaio (ma il mia coulisse di fragole per il cheesecake era buonissima: a ciascuno il suo!)
Beh, del resto importa più il viaggio della destinazione… quindi importano più le tue divagazioni dell’argomento in sé!
Felice che tu abbia passato un buon weekend!
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Grazie 😊
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Figurati, è vero!
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ah, caffeina no e nicotina sii??!
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🤣 giusta osservazione. La caffeina mi dà fastidi più immediati. La nicotina la sento solo se cammino in salita e a passo svelto… sono un’ignobile masochista
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Dopo quello di Tarantino ho voluto vedere il Django originale. Credevo fosse western-spazzatura. No. Un capolavoro. Bravo Corbucci, bravo Franco Nero, applausi a Quentin.
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Cacchio! Mi manca… dovrò spippolare!
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ma quando “fai la gheisha” perché è solo lui che “goditela bello” ? se te fa schifo, perché farlo?
xò questa quarantena aveva proprio rotto: un po’ di piacevoli attività ci stanno
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Non sono convinta di aver capito la prima parte del tuo commento… ma tenterò di rispondere(correggimi se sbaglio): il mio fare la geisha è un modo (forse sbagliato, indubbiamente mio) di dire che sono servizievole. L’essere servizievole mi è proprio, è nel dna. Lo sono di istinto. E mi piace, fare le cose per gli altri, non credere, con Little , con l’AS… il problema è che non va bene. Prendi Little, mia figlia: se io non le faccio fare mai nulla, neanche apparecchiare o sparecchiare, non le faccio una cortesia, ma le insegno che tutto le è dovuto e lei se la caverà peggio nella vita. Per quanto riguarda l’AS è forse peggio. Sono stata sposata per 15 anni. Credevo che essere sposata significasse fare la geisha(più o meno) e così ho fatto. Quando ho avuto difficoltà , però, e ho smesso di mettere i piedi in quelli zoccoletti scomodi, lui ha preso male la cosa. Era diventato un obbligo, non più un piacere reciproco. Ora, all’età di 42 anni, ritengo che il mio essere geisha faccia più danni che altro. E ci sto attenta. Perché non diventi un obbligo, ma resti, appunto, un piacere reciproco. Questo commento avrebbe bisogno di più spazio ancora, ma mi fermo qui. Se poi avevo interpretato l’essere geisha in un altro modo… beh, no. Il sesso non c’entra
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