Questo articolo ha bisogno di una prefazione postfazionata: nel senso che è una follia prefatoria, in puro stile pasoliniano, ma scritta dopo aver finito. Che poi, se ci penso, ogni prefazione è scritta dopo aver terminato la stesura, quindi è una prefazione che va bene. No?
In ogni caso ciò che tento di esprimere saltando di palo in frasca, come spesso mi accade, facendo impazzire il povero Wal, è che non lo dico spesso (ma qualche volta sì), un buon 50 per cento della motivazione che mi spinge a scrivere qui è per la mia Ale. È lei il mio lettore ideale di questo blog. È per lei che cerco di tenerlo aggiornato tanto da non farla preoccupare (anche se sa che meno scrivo più sto bene), è per lei che racconto le piccole cazzate della mia giornata. È il mio modo, spesso, di rispondere alle sue mail, alle sue bellissime mail che mi strappano lacrime, che mi tengono incollata al telefono leggendo e rileggendo. Ale, tesoro, sa solo il cielo quanto mi manchi…
La mia follia prefatoria ha bisogno di un’altra precisazione: questo articolo ha più gusto, a mio avviso, se si legge contestualmente alla canzone in appendice. Billie… quante cavolo di canzoni hai scritto e cantato che mi hanno toccato il cuore?
Più o meno mi trovo sempre qui: a una certa ora della sera o del mattino, con un sottofondo musicale bassissimo, giusto volto a contrastare le canzoni di Coez di Little Boss e le notifiche dei messaggi del mio ex, che si stanno intensificando in modo direttamente proporzionale alla vicinanza dell’udienza per la causa di affido. Lui urla e sbraita con la piccola, sbatte porte, le manda messaggi al limite della tollerabilità, minaccia me e lei, fa il famoso diavolo a 4, ma siccome è lui, lo fa anche a 6, ‘sto diavolo. È il classico uomo che se solo avesse le palle mi avrebbe già buttato una boccetta di acido sul viso. Meno male non ha le palle…
Ma insomma, come ho detto spesso, questi sono solo i soliti cazzi. I soliti cazzi da 5 anni, dal giorno in cui ho detto basta. E, come ho detto ieri al mio avvocato, alla fine ci sto facendo l’abitudine (come è buffo fare l’abitudine alla violenza, non è vero?) e sono comunque stranamente felice, ho tutto quello che mi serve. Ho una figlia bellissima, simpatica e intelligente, un lavoro che mi affatica sì, a volte, ma mi dà soddisfazioni e tanti sorrisi, ho un bel po’ di amici importanti, roba che non si trova facilmente, devo dire, molti di questi a volte non li nomino neanche qui, ma questo non perché non siano importanti, tutt’altro. Sono la mia rete. Ho l’Amico Speciale, ora, bello avere qualcuno che ti fa stare bene senza assecondarti, che sa come prenderti per farti sorridere anche nelle difficoltà, che poi mi chiedo come fa, lui, con una come me che manderebbe sempre tutto in tragedia, manco fossi un Eschilo o Sofocle, ma sa come pigiare i pulsanti giusti.
Insomma, povera, incasinata, ma felice.
E da oggi anche allenata. Alla fine il primo giorno di palestra è arrivato. Devo dire che un pelino di ansia lo avevo, il terrore di non riuscire a muovermi il giorno successivo aleggiava nella mia testa, già immaginavo il dolore ogni volta che alzavo un piatto o per ogni pizza infornata. Ma il ragazzo, Michele (che tra l’altro, come metà delle persone che ho visto lì, è un mio cliente; tranne una che invece è una mia collega. Quindi come stare al Ristorante… ma con più attrezzi) è stato clemente. Avevo dato un’occhiata alla mia app per sapere quanti chilometri avevo fatto a lavoro e già ero a 7 e mezzo. Ho chiesto venia, quindi, e posso quasi affermare con quasi sicurezza (quasi) che domani non avrò ripercussioni. Vabbè, domani ve lo dico.
Io e Little Boss siamo una bella squadra. Alla fine lei si è impegnata tanto e abbiamo riso tanto ed è stata una bella idea, devo dire.
È la prima volta che facciamo qualcosa insieme, mi ha detto.
Certo che potevamo iniziare con yoga, ho ribattuto.
Ma eravamo entrambe entusiaste del pomeriggio.
Forse lei avrà qualche doloretto, domani, visto che abbiamo alzato gli stessi pesi.
E poi va detto che in effetti sono uscita da lì bella rilassata.
Vediamo come va.
Una frase che dico spesso di recente, che non è nel mio stile, ma che inizia a piacermi. Quel che di imprevedibilità, quel cosa che mi fa scivolare i problemi sulle spalle, quel quando che mi dice Adesso, non domani.
Mi godo i piccoli piaceri quando posso, quando il mio carattere impossibile mi consente: una cena con Little Boss in cui ridiamo di tutto, un bacio rubato all’Amico Speciale tra un caffè e l’altro, una telefonata a un amico lontano, una foto stupida, un abbraccio inaspettato, un messaggio che mi dice Quanto sei bella, un libro di King che non avevo ancora letto, un bicchiere del mio vino preferito, una canzone dei Green day che avevo dimenticato.
Come questa:
Carpe diem, come si dice, no?
Pesante la situazione con l’ex. Spero si risolva nel modo migliore.
Un abbraccio.
(prima quando ho scritto carpe diem il telefono me lo ha corretto in carpe due… Ignorante…)
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Perché due carpe is megl che one
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Speriamo che non legga, non si sa mai…..
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Chi? Il mio ex? Figurati …
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I Green day riescono spesso a dare il giusto sottofondo alla giornata!
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Verissimo!
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A parte il discorso violenza (dal quale spero tu ti sia affrancata, per quanto possibile) mi piace molto questo post, soprattutto per lo spirito!
BRAVA!
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Grazie 😊 anche a me piace
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io non ho capito in quale momento la palestra della bambina è diventata la palestra tua: ho letto e cercato nella pagina ma non ho trovato
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Oh, forse ho dimenticato di precisare che era un’attività da fare insieme? Può essere… a volte mi capita che le cose restino intrappolate nel mio cervello e non arrivino alla mano… Wal ne sa qualcosa. Diciamo così: lei voleva fare palestra, ma non voleva farla da sola, le piaceva l’idea di farla con me. E io l’ho accontentata. Dopotutto non fa male neanche ai miei muscoli. Per ora
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