La follia che viene dalle ninfe (cit.)

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Ecco come ha funzionato ieri.

Dopo avermi dato della kriptonite e aver cancellato il mio numero, l’Amico Speciale si presenta al Ristorante. Tranquillissimo, scherza e ride come sempre. Fa le sue battute, mi prende un po’ in giro, mi chiama per cognome (non lo fa nessuno) e mi offre anche una sigaretta. Poi mi fa: hai da fare, oggi?

E io sì, ho da fare, ho un appuntamento con l’avvocato per la definizione delle linee guida d’attacco.

Vengo con te, mi dice. Ti devo parlare, così parliamo durante il tragitto.

Ok, rispondo. Penso che ci siamo già detti tutto, ma magari ha cambiato idea su qualcosa? In ogni caso non ho tanto tempo per pensarci, la sala è pienissima (la legge del Menga vuole che se io ho un appuntamento nel pomeriggio e devo scappare subito dopo il turno, la sala si riempie come se fuori ci fosse scritto Oggi si mangia gratis) e io devo cercare di non lasciare troppo del mio lavoro a Micro(bo). Alle tre in punto scatto come una lepre e mi precipito fuori. Lui è già lì che mi aspetta, monta in macchina, parto a tutto gas, chè devo fare anche benzina e intanto il silenzio è carico, mi deve dire delle cose, ma non parte, allora chiedo e lui dice: c’è anche il ritorno, no? Chè magari sennò mi lasci a piedi laggiù. E ride. Vabbè. Aspetto e guido.

Poi si toglie gli occhiali alla Chips e mi chiede: ma per esempio che succede se ti bacio?

Beh, che succede, mica implode l’universo, ma bisogna anche definire, no?

E allora che sono, io?

Sei quello che sei sempre stato, un Amico Speciale. A cui voglio bene, non si mette in dubbio. Con cui non ho avuto coraggio di fare un passo avanti per mille motivi e con cui iniziavo a stare male, in una mezza storia.

E io però non glielo chiedo cosa sono io. Perché non so se ho voglia di sentire la sua risposta ora. Perché questa domanda gliela ho già fatta, in passato, molte volte, e non c’è mai stata una risposta, così io mi sono fatta la mia idea, certo, forse ci è mancata un po’ di comunicazione.

Stiamo arrivando a destinazione e non è che siamo detti nulla di nuovo. Ma lo vedo che si sta incazzando. Gliela sento la rabbia che sale, come se gli uscisse fuori dal naso.

Mi dice che si è beccato tre anni di merda.

E io lo so, sono stata io a dirglielo.

Dice che con me ha chiuso con le donne.

Ah.

Dice che non doveva venire con me a mangiare il sushi, quella sera.

Ah. Ah.

Io ci provo a non piangere, ma mi fa male. Mi becco tutto la sua rabbia in silenzio.

Appena parcheggio lui vuole andarsene, Prendo un treno.

Resta, per favore. Non abbiamo finito, mento. Mento perché non voglio che finisca così. Io che lo lascio a piedi e lui che si smazza per tornare a casa.

E allora resta.

E io continuo a frignare fino a che non arrivo davanti alla porta dell’avvocato, ma poi basta. Poi stop. Poi mi sforzo di farmi crescere le palle, di stare concentrata. E mi becco il culo pure dall’avvocato, perché non ho mai fatto nulla finora, nulla di legale, dico: niente diffide, niente denunce. Ho un sacco di merda che mi sono subita (e, a questo punto, ho fatto subire all’Amico Speciale) che non ho mai pensato di mettere all’evidenza di avvocati o forze dell’ordine. E lo so, ma io l’ho fatto per lei, per Little Boss. Gli hai reso la vita facile, al tuo ex, dice l’avvocato.

Lo so.

E ora sono cazzi per te, insiste.

Lo so.

Dovrai avere testimoni, prove

Lo so.

Sarà difficile.

Lo so.

Ma ci proviamo, ok?

Ok.

Esco bastonata. Ma le bastonate non sono finite, ovvio.

L’Amico Speciale non chiede nulla quando risalgo in auto. Parto ed è un silenzio assordante. È così fino quasi all’arrivo. Fino a che non esplode. E si incazza di brutto e allora anche io mi incazzo e finisce che litighiamo. Ed è la prima volta che alziamo i toni in tre anni e allora scende sbattendo lo sportello, Buona vita, dobbiamo stare lontani.

Lo so.

Ok.

Pare che oggi non abbia altre risposte nel sacchetto delle risposte.

Serata in cui di nuovo penso che dovrei smettere di relazionarmi con le persone se il risultato è sempre questo. Insomma, routine.

E poi ecco che oggi l’Amico Speciale si presenta di nuovo. Tranquillo. Sorridente. Mi mima qualcosa da lontano, ma io non capisco e faccio il gesto del dito rivolto all’orecchio. Solo che ho in mano un coltello e mi va di lusso. E no. Non ho capito cosa mi ha detto. Sorrideva quando è andato via.

E va beh.

Se me lo chiedete, no.

Io nella vita e con le persone, nonostante il vivo interesse, ancora non c’ho capito nulla…

 

 

26 pensieri riguardo “La follia che viene dalle ninfe (cit.)

          1. Ok… la mia vita è come quella di tutti gli altri… la differenza è una sola: io la spiattello qui e non davanti al the delle 5 con le amiche. O alla birra delle 19 con le amiche. Insomma . Hai capito

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